CULTURA

La Città proibita a Palazzo della Ragione

Inizia il 16 febbraio l’anno del Cane: animale positivo e compagno fedele per eccellenza, sarà festeggiato come segno di buon auspicio in Cina e non solo. In tutto il mondo infatti le comunità cinesi vivono la ricorrenza del capodanno lunare come un momento per celebrare e riscoprire le radici della propria cultura: anche nelle città occidentali infatti si vedono ormai da anni le tradizionali danze del dragone – personaggio benigno della cosmologia e delle leggende cinesi –, spesso accompagnate dalla danza dei leoni, utilizzate per scacciare gli spiriti maligni. Anche a Padova, dove l'Istituto Confucio, nel decimo anno della sua fondazione, oltre ai festeggiamenti organizza con il Comune la mostra “La Cina Segreta. La Città Proibita e 4000 anni di Storia”.

Dal 17 febbraio al 18 marzo 2018 Palazzo della Ragione si trasformerà in un piccola Città proibita: pezzo forte dell’esposizione è infatti il grande modello in legno di tiglio dell’immensa reggia nel centro di Pechino, realizzata in scala 1:400 da 12 tra i migliori ebanisti cinesi, che hanno lavorato per due anni sotto la supervisione di tre architetti. Un’opera grande 40 metri quadri, minuziosa nella cura delle proporzioni e nella realizzazione maniacale dei dettagli, che serve a dare un’idea della grandiosità del soggetto.

“Secondo la visione tradizionale cinese la città proibita è il centro del mondo – spiega il curatore della mostra, il celebre sinologo Adriano Màdaro – e con le sue mura rosse simboleggia la ‘stella del rosso mirto’ (Zi Wei Xing), ovvero la stella polare”. E come nella stella celeste risiedeva l’imperatore del cielo (Shang Di, Bene Supremo, o più semplicemente Tian, il cielo inteso come divinità), così nella stella polare terrestre viveva l’imperatore figlio del cielo, attorniato dalle sue concubine e da un esercito di 10.000 eunuchi, gli unici adulti maschi a cui era permesso soggiornare nei sacri edifici. Con un’accortezza: mentre il palazzo dell’imperatore del cielo aveva secondo la tradizione 10.000 stanze, quello del suo figlio terreno ne contava appena “9.999 e mezzo”, in segno di ossequioso rispetto.

Ad accompagnare il modello ci sono 21 disegni originali, disegnati e acquerellati dal noto artista Liu Yonghua, considerato il maggior esperto di storia del costume cinese. Le tavole, per la prima volta esposte al pubblico, tracciano alcuni degli episodi essenziali di oltre 4.000 anni di storia cinese e sono realizzate sulla base di un attentissimo lavoro di ricostruzione dei costumi e degli oggetti dell’epoca.

Chiude l’esposizione la riproduzione museale del famoso rotolo Qing Ming Shang He, che raffigura la festa degli antenati, che si tiene ogni anno il 5 aprile. L’originale di epoca Song Settentrionali (XII secolo) misura cinque metri e mezzo di lunghezza ed è custodito in un caveau, stante l’impossibilità di esporlo a causa della fragilità del manufatto: è universalmente considerato il capolavoro della pittura cinese, ai livelli di quello che la Gioconda rappresenta per l’arte occidentale. Quella mostrata a Padova è la copia normalmente esposta nella città proibita, eseguita a mano su seta dopo una lunga ricerca sui materiali e i pigmenti.

“La Cina ha una storia di oltre 4.000 anni che si sviluppa su un territorio grande 33 volte l’Italia – dice Adriano Màdaro – ma secondo la filosofia cinese basta un frammento per raccontare un’opera d’arte, e in questa mostra abbiamo provato a individuarne tre, sperando di dare almeno un’idea della ricchezza e della complessità della cultura cinese”.  Alla presentazione dell’esposizione hanno portato il loro saluto anche il vicesindaco Arturo Lorenzoni, la professoressa Lucia Regolin, advisor per le relazioni internazionali dell’università di Padova, e Yang Haibin, docente universitario e dallo scorso novembre a Padova come nuovo direttore cinese dell’Istituto Confucio cittadino, nato nel 2008 dalla collaborazione tra l’ateneo padovano e quello di Guangzhou. “La mostra rappresenta un’occasione importante, non solo per tutta la città di Padova, dato il carattere internazionale dell’evento”, sottolinea il Giorgio Picci, docente presso il Dipartimento di Ingegneria dell’informazione dell’università di Padova (Dei) e direttore italiano del Confucio. “Un evento che rientra pienamente nella missione dell’Istituto Confucio, che è proprio quella di aprire alla collaborazione culturale il mondo cinese e quello occidentale, dopo secoli di incomprensioni e di cattive politiche – conclude Picci –. Del resto proprio il presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping ha parlato di riapertura della ‘via della seta’ intesa come strada che si percorre nei due sensi, in cui non passano solo merci ma anche la cultura”.

La mostra viene inaugurata venerdì 16 febbraio, con una conferenza di Antonio Màdaro alle ore 17 a Palazzo Moroni in sala Paladin, seguita da una visita all’esposizione. Orario: tutti i giorni 9-19, lunedì escluso; ingresso intero 6 euro, ridotto 4.

Daniele Mont D’Arpizio Foto: Massimo Pistore

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