SOCIETÀ

Così poveri da non fare la spesa

Con la recente crisi economica, in Italia sono peggiorate le condizioni economiche e di vita delle famiglie. Tra il 2005 e il 2013, la soglia di povertà assoluta, cioè la spesa mensile minima necessaria per acquisire il paniere di beni e servizi considerati essenziali a conseguire uno standard di vita “minimamente accettabile”, è aumentata. Nello stesso periodo, anche il reddito netto familiare è cresciuto. Ciononostante, è aumentata la povertà delle famiglie. Queste hanno percepito nettamente il peggioramento delle proprie condizioni economiche: nel tempo è cresciuta la percentuale di famiglie che dichiara di aver avuto difficoltà regolari anche grandi ad arrivare alla fine del mese (da 19,3% a 22,2%; nel caso specifico di “grandi difficoltà”: da 14,7% a 17,8%). Nel contempo, è diminuita la percentuale di famiglie che dichiara di aver avuto soltanto qualche difficoltà (da 59% a 55,5%) o di non averne avute affatto (da 7% a 4,4%). Nei casi più gravi, le famiglie hanno avuto difficoltà a trovare soldi per fare la spesa e la quota dei nuclei con questo problema è cresciuta nel tempo. Il cibo è la voce di spesa per la quale è aumentata di più (in termini percentuali) la quota di famiglie disagiate (da 5,8% a 8,5%). In molti casi, le famiglie hanno dovuto modificare la ripartizione della spesa alimentare tra i diversi prodotti, adeguandola alle risorse familiari più che al fabbisogno nutrizionale. In particolare, è cresciuta la percentuale di nuclei familiari che non possono permettersi di mangiare carne o pesce ogni due giorni (da 6,8% a 14,5%). Questi fatti hanno inevitabilmente cambiato le abitudini alimentari degli individui, con possibili ripercussioni anche sul piano della salute. Utilizzando i dati provenienti dalle indagini Istat sui Consumi delle famiglie e sul Reddito e condizioni di vita delle famiglie, sono stati individuati alcuni contesti urbani dove è stato più grave il peggioramento delle condizioni economiche familiari ed è aumentato maggiormente il fenomeno della “povertà alimentare”. Le situazioni più critiche hanno riguardato i grandi comuni e le zone periferiche delle aree metropolitane. 

Le famiglie residenti nei grandi comuni hanno dovuto far fronte a livelli di soglia di povertà assoluta più alti rispetto alle famiglie dei piccoli comuni (in media, per i grandi comuni: 721 euro al Nord, 689 euro al Centro e 542 euro al Mezzogiorno; per i piccoli comuni: 680 euro al Nord, 645 euro al Centro e 508 euro al Meridione). Nel contempo, le famiglie dei grandi comuni hanno presentato livelli di reddito netto familiare più bassi rispetto alle famiglie dei piccoli comuni (in media nel periodo 2005-2012: per i grandi comuni 32.317 euro, per i piccoli comuni 33.650 euro e per i centri con meno di 2.000 abitanti 35.185 euro). Con la crisi economica, è diventata più difficile la sopravvivenza delle famiglie dei grandi comuni, soprattutto nel caso di quelle che vivono al Nord o al Centro. In queste due ripartizioni la soglia di povertà assoluta è aumentata ovunque, ma l’incremento è stato lievemente più alto nel caso dei grandi comuni (al Nord: +18,2% per i grandi comuni e +18,1% per quelli piccoli; al Centro: +22,1% per i grandi comuni e +21,7% per quelli piccoli). Il peggioramento delle condizioni economiche familiari è stato percepito in maniera più forte dalle famiglie residenti nei grandi comuni (qui la quota di famiglie con grandi difficoltà è aumentata del +35,1%, rispetto a +27% nel caso dei piccoli comuni e a +21,2% per i centri urbani più piccoli). Analogamente, la percentuale di famiglie con difficoltà a reperire soldi per la spesa alimentare è aumentata ovunque, ma l’aumento è stato maggiore per i nuclei residenti nei grandi comuni (+75% rispetto a +63% per i piccoli comuni e a +59% per i centri fino a 2000 abitanti). In maniera simile, la quota di famiglie che non possono permettersi di mangiare carne o pesce ogni due giorni è cresciuta ovunque, ma l’incremento è stato più alto nel caso delle famiglie residenti nei grandi comuni (+166,2% rispetto a +94,6% per i piccoli comuni e a +84,2% per i centri urbani più piccoli).

Analizzando la situazione interna alle aree metropolitane, risulta che la crisi economica ha colpito soprattutto le famiglie residenti in periferia. Queste sono state svantaggiate rispetto alle famiglie del centro, presentando livelli di reddito netto familiare più bassi (in media nel periodo 2005-2012, 29.195 euro rispetto a 35.777 euro per le famiglie del centro). Nel tempo il reddito medio delle famiglie residenti in periferia è cresciuto di meno rispetto a quanto è avvenuto per le famiglie del centro (rispettivamente, +8,1% e +12,7%). La percentuale di famiglie con difficoltà regolari anche grandi ad arrivare alla fine del mese è stata più alta per i nuclei residenti in centro (in media, 38,6% rispetto a 30% nel caso della periferia). Tuttavia, con la crisi economica la situazione è peggiorata soltanto per le famiglie che abitano in periferia (qui la quota di nuclei in difficoltà è cresciuta del 22,6%, mentre per le famiglie residenti in centro la quota è diminuita del 5%). Analogamente, le famiglie che hanno avuto maggiori difficoltà a trovare i soldi per la spesa alimentare sono quelle residenti in centro (in media, 6,8% rispetto a 4,7% nel caso della periferia); tuttavia, nel tempo la situazione è migliorata per le famiglie del centro (la percentuale di nuclei in difficoltà si è ridotta del 12,1%) mentre è peggiorata per quelle residenti in periferia (+50%). Infine, la quota di nuclei familiari in difficoltà ad acquistare assiduamente carne e/o pesce non ha presentato grandi differenze tra centro e periferia. Però, con il tempo la situazione è peggiorata di più per le famiglie residenti in periferia (+103,2% rispetto a +75,8% nel caso del centro).  

Tutti questi fatti consentono di spiegare almeno in parte il vistoso aumento del fenomeno del ricorso alle mense dei poveri che si è verificato in Italia negli anni più recenti all’interno dei centri urbani di maggiori dimensioni. Da queste considerazioni emerge la necessità di implementare delle opportune politiche sociali che contribuiscano a migliorare le condizioni di vita delle famiglie di queste zone critiche.  

Maria Rita Sebastiani

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