SOCIETÀ

Archivi digitali e futura memoria

I temi dell’archiviazione e della conservazione digitale sono di grande interesse per tutti gli enti e le istituzioni della pubblica amministrazione. La gestione informativa e documentale comporta infatti particolare attenzione in ambito digitale, con la messa a punto di adeguati procedimenti e processi per il trattamento e trasmissione di informazioni, dati e documenti. 

Gli aspetti correlati alla trasparenza – richiesti dalle recenti normative – e le evoluzioni dei processi di lavoro verso formati e dati aperti sono ormai requisiti imprescindibili per una corretta migrazione informativa, in un’ottica non solo di conservazione digitale ma anche per un semplice storage sicuro. Nella gestione documentale proprio i concetti come trasparenza e apertura di dati e contenuti devono essere valutati considerando le eventuali implicazioni correlate agli aspetti della privacy, il cui significato sfuma in una gamma di diritti che vanno dal diritto alla privacy al diritto alla protezione dei dati personali, termine che a sua volta si differenzia in dati identificativi, dati sensibili e dati giudiziari. Il trattamento, la gestione e le operazioni di comunicazione e diffusione di dati personali a terzi, poi, è un ulteriore aspetto che non riguarda solo il marketing aziendale, ma anche gli aspetti della contrattualistica per tutte quelle attività necessarie e preventive legate alla sicurezza come il semplice back up dei dati – nella conservazione in cloud o su siti terzi – o il trasferimento dei dati all’estero previsto dai protocolli di disaster recovery. Tutti temi da tenere ugualmente importanti nella gestione dei documenti informatici.

Negli anni recenti la nozione di documento informatico si è conformata sia alle nuove regole tecniche che ne hanno definito caratteristiche e funzioni, sia all’evoluzione normativa che ne ha ridisegnato i confini, dando avvio al complesso processo di riorganizzazione dell’amministrazione digitale. Una rivoluzione che il cittadino sta cominciando a toccare con mano tramite le carte elettroniche – la carta d'identità elettronica, la carta nazionale dei servizi o la tessera sanitaria – o i servizi di posta elettronica e posta elettronica certificata (pec) verso la Pa o la recente innovazione che prevede la dichiarazione dei redditi precompilata dalla Agenzia delle Entrate o ancora nelle disposizioni dell’agenda digitale per la sanità dopo le ultime novità normative. Anche questi servizi, che impattano fortemente nel rapporto con il cittadino, coinvolgono processi di trasmissione e trasferimento di dati e documenti che in qualche modo e in qualche luogo dovranno essere archiviati e conseguentemente conservati. A questo riguardo esiste da tempo un progetto di ricerca internazionale sulla conservazione, InterPARES The International Research on Permanent Authentic Records in Electronic Systems, cui l’Italia aderisce dal 2008, e che ha tra i suoi obiettivi la creazione di reti per la conservazione permanente di dati autenticati.

I complessi passaggi correlati alla dematerializzazione documentale presuppongono, inoltre, che le istituzioni si dotino di figure professionali adeguatamente preparate e formate. Il professionista della digitalizzazione documentale e della conservazione digitale è una figura nuova. In Italia esistono associazioni che si dedicano alla formazione di questi professionisti fornendo strumenti come linee guida, regolamenti e organizzando workshop tematici che guardano a quanto si sta facendo anche in altri Paesi europei o a livello internazionale. Tra queste, l’Anorc (Associazione nazionale operatori e responsabili della conservazione digitale) e l’Anai (Associazione nazionale archivistica italiana). L’Anai, in particolare, opera dal 2010 con una serie di linee tematiche che toccano aspetti legati non solo alla dematerializzazione o al documento elettronico nella normativa italiana, ma anche a questioni tecniche come la gestione degli archivi, le attività di selezione dei documenti che dovranno essere conservati a futura memoria e il conseguente scarto nell’archivio ibrido e in quello digitale. Il workshop 2014 dell’associazione era per l’appunto focalizzato sull’ambiguità tra database per conservare i documenti o database come documento da conservare. 

Il web archiving è un’altra linea di grande interesse per la ricerca in quanto si concreta nel “processo di conservazione di porzioni del world wide webraccolte allo scopo di tramandare agli storici, ai ricercatori e al pubblico di domani, i contenuti accumulati sulla rete, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso. Si tratta, in pratica, di scegliere e catturare parti significative di siti web, facendone una fotografia statica fissata in un determinato momento, e impegnandosi a conservarle nel lungo termine”. O ancora di creare archivi digitali che conservano conversazioni tratte dalle reti digitali, come nel progetto della Library of Congress. “Navigheremo nella galassia dei social media e ci porremo il problema della conservazione dei contenuti che si accumulano. Rifletteremo sul dilemma del rapporto tra memoria e oblio”. 

Il recente workshop Anai 2015Web Archiving. La Rete come universitas rerum: selezionare, descrivere, conservare” si snoda proprio lungo i temi della digital curation che implica aspetti tecnici, legali, organizzativi dove “occorre selezionare risorse, porsi dei confini, adottare ottiche sincroniche e diacroniche: insomma, making sense”. L’idea del tema 2015, che nasce per iniziativa della Sezione Piemonte e Valle d’Aosta dell’Anai, in collaborazione con il Politecnico di Torino e con la Fondazione Compagnia di Sanpaolo, vuole guardare a iniziative europee di grande respiro come la British Library e la Bibliothèque Nationale de France (che ha delle policy precise anche a seguito delle polemiche di qualche anno fa sulla scomparsa dei siti degli ex Presidenti della Repubblica)  o il Digital Curation Centre (che si occupa di gestione e conservazione del documento digitale con particolare attenzione alla comunità scientifica britannica e all’apertura dei dati di ricerca e ha pubblicato al riguardo dieci raccomandazioni nel gennaio di quest’anno). 

Occorre infatti maturare quel livello di consapevolezza per evitare di cadere entro un Medioevo digitale, e garantire invece forme di conservazione della memoria per trasmettere la nostra conoscenza alle generazioni future.

Antonella De Robbio

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