SCIENZA E RICERCA

I "cacciatori" di detriti spaziali

Si sono ispirati ai mulinelli delle canne da pesca, niente di più semplice, ma l’obiettivo è ambizioso: sviluppare un sistema che consenta di srotolare e riavvolgere fili nello spazio, per dare una risposta a un problema che ha causato il fallimento di molte missioni in passato. Loro sono cinque studenti di ingegneria dell’università di Padova che, con il progetto Star - Space Tether Automatic Retrieval, letteralmente “recupero automatico di fili spaziali”, sono stati selezionati dall’Agenzia spaziale europea nell’ambito del programma Drop Your Thesis! 2016 per testare il loro “prodotto” il prossimo ottobre nella torre di caduta di Brema in condizioni di microgravità.

Se l’esperimento avesse esito positivo, le conseguenze potrebbero essere significative. A spiegarlo sono proprio i ragazzi del team, Alessia Gloder, Gilberto Grassi e Mattia Pezzato che frequentano ingegneria aerospaziale, Alvise Rossi che studia ingegneria dell’automazione e Leonardo Pellegrin di ingegneria informatica, un gruppo sostenuto da Alessandro Francesconi, docente di ingegneria aerospaziale all’università di Padova. “La buona riuscita del test potrebbe consentire una serie di applicazioni e manovre finora precluse, come la rimozione di detriti spaziali, che verrebbe compiuta con un sistema di cattura e recupero a filo; oppure il servizio in orbita, cioè il rifornimento di sonde e satelliti alla fine della loro vita operativa, posticipandone così il rientro a terra e permettendo di operare ancora per molto tempo”. La tecnica, inoltre, potrebbe essere impiegata non solo su satelliti di grandi dimensioni come in precedenza, ma anche su piccole piattaforme come i CubeSat, satelliti in miniatura di volume non superiore a un decimetro cubo.

Il comportamento dei fili in orbita è ben noto dal punto di vista fisico, ma lo stesso non si può dire della loro implementazione pratica e ciò in passato ha dato qualche problema. È il caso ad esempio, negli anni Novanta, delle due missioni Tethered Satellite System (Tss, detto anche “satellite al guinzaglio”) nate da un’intuizione di Mario Grossi e Giuseppe Colombo, matematico padovano: in entrambe i casi lo srotolamento del filo non andò completamente a buon fine. “A ciò si aggiunga – sottolineano i componenti del gruppo – che un’operazione di recupero del filo non è mai stata compiuta in passato da veicoli spaziali di ridotte dimensioni, cioè di circa 100 chilogrammi e tutti i sistemi di srotolamento progettati finora non avevano tale capacità. Per la prima volta, dunque, il nostro sistema potrebbe permettere entrambe le cose: lo svolgimento e il recupero di un filo nello spazio”. 

Gli studenti propongono un sottosistema di lancio a molla, che sgancerà una piccola sonda a filo; un sottosistema frenante che controllerà lo svolgimento del filo per rallentarne lo srotolamento; e un sistema di recupero a spoletta – l’aspetto innovativo della proposta – che riavvolgerà il filo attraverso l’utilizzo di un motore elettrico. Tra qualche mese la nuova tecnica verrà testata in Germania in una struttura alta più di 100 metri in cui è possibile raggiungere livelli di gravità ridotta, simili a quelli della Stazione spaziale internazionale, per un tempo di dieci secondi: l’esperimento verrà integrato in una capsula e rilasciato per cinque volte in caduta libera nella torre in condizioni di vuoto atmosferico. Si tratta di un passaggio fondamentale, dato che il comportamento della tecnologia proposta sulla terra potrebbe essere completamente diverso rispetto a quello nello spazio. E in una missione spaziale non ci si può concedere alcun margine di errore. 

Il progetto, compreso tra le attività didattiche dell’università di Padova, è finanziato in parte dall’Agenzia spaziale europea e in parte dall’ateneo. Il gruppo si sta muovendo, tuttavia, anche per trovare nuovi finanziamenti dato che si tratta di un esperimento abbastanza complesso. “Ci stiamo rivolgendo alle aziende, ai comuni e alle associazioni private per poter coprire il più possibile le spese che dovremo affrontare nei prossimi mesi. I finanziamenti non devono essere necessariamente di tipo monetario: potrebbe rivelarsi utile ad esempio avere l’appoggio di un’azienda disposta a fornirci del materiale o a produrlo direttamente per noi”. 

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012