CULTURA

Il film sul CUAMM inaugura la Mostra di Venezia

Partirono 35 anni fa per sostenere il Frelimo, il Fronte di Liberazione del Mozambico, nella sua lotta contro i razzisti sudafricani che volevano far crollare il primo governo progressista di un paese confinante. Per anni, il Sudafrica armò e finanziò un movimento che si proponeva di riportare il Mozambico, appena liberato dalla colonizzazione portoghese, nell’orbita dei paesi occidentali. Lidia Baiocchi e Giorgio Francia, tutti e due medici, decisero di fare qualcosa e partirono per Maputo, dove per anni si trovarono a curare le ferite devastanti dei soldati che tornavano dal fronte con pochi o nessun mezzo.

Oggi l’ospedale centrale di Beira ha uno staff di medici e infermieri mozambicani, formatosi negli anni grazie agli sforzi di Lidia Baiocchi e Giorgio Francia e del CUAMM, l’organizzazione non governativa di Padova a cui è dedicato il documentario Medici con l’Africa, di Carlo Mazzacurati (fuori concorso) con cui si è aperta mercoledì la mostra del cinema di Venezia. Il CUAMM, nato nel 1950 grazie allo sforzo di don Luigi Mazzucato e di alcuni medici dell’università di Padova, è diventato negli anni una delle più importanti presenze sanitarie in Africa, grazie alla tenacia dei suoi promotori e allo spirito di sacrificio dei cooperanti.

Tradizionale nella sua impostazione, il documentario di Mazzacurati ha il merito di non cercare le facili immagini di un’Africa disperata e abbandonata a se stessa. Le fogne a cielo aperto si vedono, ma si vedono anche le sale chirurgiche e gli studenti di medicina che visitano i pazienti in corsie di ospedale non troppo diverse dalle nostre. Le immagini forse più commoventi del film sono quelle delle lacrime di Giorgio Francia, colpito da un ictus e ora in carrozzella, che non può più lavorare al fianco della moglie. Non solo: benché il CUAMM sia un’organizzazione cattolica, il film è molto laico nel descrivere le diverse vie per le quali i medici partiti per il Mozambico sono arrivati a scegliere quel lavoro e quella vita.

Italo Turato, per esempio, è un infettivologo che spiega come sia diventato medico: “La mia era una famiglia povera e, appena potuto sono andato a lavorare in fabbrica, per tre anni; poi sono andato in Australia e per due anni ho lavorato lì. Quando sono tornato mi sono iscritto a medicina ma intanto lavoravo: ci ho messo 12 anni per laurearmi”. Dopo la laurea, l’inizio della collaborazione con il CUAMM e l’esperienza in Tanzania, Uganda, Etiopia, Angola e ora Mozambico, dove si occupa della formazione degli studenti dell’Ospedale centrale di Beira. Un sigaro, una birra e le telefonate di don Luigi sono le sue uniche compagnie nelle lunghe serate africane.

Daniel Nardo, invece, era un giovane specializzando in pediatria dell’Università di Padova che ha anche lui passato sei mesi in Mozambico a contatto con una dimensione della cura dei bambini che certo in Italia non avrebbe potuto scoprire. Ora lavora all’ospedale di Padova e parla con entusiasmo della sua esperienza.

Medici con l’Africa ovviamente inizia e finisce con don Luigi Mazzucato, che dal 1955 al 2008 ha diretto il CUAMM: un piccolo grande prete, insignito nel 2010 dalla nostra università della laurea honoris causa in Scienze politiche per il suo lavoro nel campo dei Diritti umani e accolto da una vera ovazione del pubblico del Lido alla fine della proiezione del film di Mazzacurati.

 

F. T.

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