UNIVERSITÀ E SCUOLA

Crescere a tempo di musica

La ninna nanna per far addormentare i piccoli, custodita in un libro o su un quaderno a righe ingiallito dal tempo, il sonaglio d’argento e una bambolina in fasce. Si parte dalla dolcezza di una semplice melodia cantata a bassa voce, per accompagnare il buon sonno, dal ritmo costante di un antico metronomo o dal tic tac dell’orologio che ricorda il rassicurante battito del cuore della mamma, per passare poi alle note insegnate, suonate, ascoltate a scuola, in chiesa, nelle piazze, negli spazi domestici, per imparare o solo per gioco, fino a raggiungere l’età dei canti goliardici e dei ritornelli degli studenti innamorati. Il Museo dell’Educazione dell’università di Padova - nato nel 1993, oggi parte del Fisppa, dipartimento di Filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata -, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura del comune di Padova, presenta Crescere a tempo di musica, una mostra allestita alla sala della Gran Guardia che si offre come occasione per riscoprire “come eravamo” (da oggi, alle 17 l’inaugurazione, al 6 maggio, con ingresso libero).

 

Tra strumenti, spartiti, fotografie d’epoca, libri e riviste, teatrini, bambole e automi della collezione Alfio Zappalà, “è un viaggio nel tempo tra Ottocento e Novecento”, spiega la professoressa Patrizia Zamperlin, responsabile scientifica del museo universitario e ideatrice dell’allestimento temporaneo insieme alla curatrice Mara Orlando. “L’esposizione – precisa Zamperlin - propone una selezione di materiali d’epoca per raccontare a grandi e piccini il ruolo della musica nel percorso di crescita di ogni individuo, documentandone il valore e la bellezza”. Ed ecco che, seguendo questo filo rosso, sembra proprio di vederlo diventare grande quel bambino, vissuto oltre un secolo fa, di poterlo accompagnare – passo dopo passo, nota dopo nota - dall’infanzia all’adolescenza, dalla culla alla scuola, fino agli anni del conservatorio o dell’università.

Ad accogliere il visitatore all’ingresso della sala ci sono gli strumenti della banda dell’Istituto per l’infanzia abbandonata di Stéphanie Omboni (a cui il 27 marzo verrà dedicato uno specifico seminario). “Prestati dalla Spes, Servizi alla persona educativi e sociali di Padova, questi strumenti raccontano un pezzo di vita importante e di grande impegno sociale della nostra città a sostegno dei bambini più sfortunati”, spiega Zamperlin. Al centro della sala, altri pezzi preziosi tra i quali spicca un bel teatrino in legno dipinto di inizio Novecento, dotato di numerosi fondali e quinte tra cui scegliere, con una bionda bambola pianista protagonista del palcoscenico.

Lungo le pareti della sala si possono ammirare altri pezzi forti: la prima edizione del metodo froebeliano, il materiale a stampa della casa editrice musicale di Guglielmo Zanibon, attiva fino al 1908, messo a disposizione dalla famiglia Travaglia Zanibon insieme ai manoscritti, bozzetti autografi e acquerelli di Silvio Travaglia (1880-1970), compositore, pittore, docente all’istituto magistrale padovano, oggi liceo delle scienze umane Duca d'Aosta, dove insegnò più tardi anche il musicologo Enrico Mancusi Ungaro, ricordato in mostra attraverso libri (Il flauto dolce) e fotografie conservate dai suoi allievi, che ne documentano attività e impegno. A chiudere il percorso, la musica del conservatorio Pollini e di uno studente dell’università che, travolto dall’amore, canta questo ritornello: “Come si può negar l’amor a uno studente pien d’ardor? Vieni Rosita, studiamo insieme nel libro della vita!”.

Francesca Boccaletto

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