SOCIETÀ

L’evoluzione? Piena di errori

“Tutto ciò che mangiamo è modificato: transgenico, Ogm – spiega Dan Graur –. Credi che la banana sia un frutto naturale? E dove sono i semi allora? Nemmeno le patate e i pomodori sono naturali; se vuoi qualcosa di naturale dovresti mangiare il Solanum, che però è altamente velenoso”. Con il suo metro e 92 e il fisico imponente, cui fanno da contraltare le coloratissime catenelle agli occhiali che ama sfoggiare, Dan Graur passa tutt’altro che inosservato. Biologo evoluzionista tra i più noti, John and Rebecca Moores Professor alla University of Houston, lo scienziato israelo-statunitense di origine rumena è noto non solo per l’abilità con cui mette in relazione genetica e informatica ma anche per il temperamento schietto e senza peli sulla lingua. Perché, secondo Graur, “tutto quello che pensate di sapere sul cibo è sbagliato, e quello che chiamiamo cibo biologico è probabilmente una delle più grandi catastrofi ecologiche: ha un alto impatto sull’effetto serra e se dovessimo produrre solo quello per nutrire il mondo dovremmo usare un’area grande sei volte la Terra”.

A Padova lo scienziato è venuto a tenere una conferenza, nell’ambito delle Special Lectures on Evolution organizzate dal corso di dottorato in Bioscienze, sui grandi fraintendimenti (misconceptions) riguardanti la genetica nella cultura di massa. Come, appunto, il concetto di cibo naturale: “Credi veramente che certi esseri viventi siano stati creati o si siano evoluti per essere mangiati? Al contrario hanno sempre sviluppato diverse strategie per non essere predati e mangiati: certe piante ad esempio hanno veleni o spine”. Ed è qui che l’uomo interviene: “Fin dal paleolitico abbiamo cercato di rimuovere dalle altre specie le caratteristiche per noi dannose, favorendo invece quelle che potevano esserci utili. Oggi quindi nemmeno uno dei nostri cibi si può dire ‘naturale’: in natura una gallina farebbe sei uova all’anno!”. Il nostro rapporto con il cibo insomma, al di là di fantasiose ricostruzioni, è il frutto di un perenne, reciproco adattamento: “Conoscete ad esempio altri animali in natura che bevano latte dopo lo svezzamento? Per questo motivo tante persone continuano ad avere intolleranza al lattosio”.

In realtà, secondo Graur, a dover essere profondamente rivisitato e demitizzato è il concetto stesso di natura: “Molti credono che sia perfetta, ma non è così. L’evoluzione è un processo molto imperfetto, che genera prodotti molto imperfetti”. Gran parte delle mutazioni che ad esempio riguardano i nostri geni non apportano un vantaggio evolutivo ma anzi sono dannose; la nostra ‘fortuna’, per il genetista, è che gran parte del nostro patrimonio genetico  non influisce direttamente sul metabolismo: “Secondo le moderne ricerche sicuramente non più del 25% e probabilmente non più del 10% del nostro Dna ha funzioni specifiche”. Una posizione apparentemente a favore del cosiddetto Junk Dna che ha portato lo scienziato israelo-statunitense a criticare aspramente i risultati di ENCODE, uno dei più grandi progetti di ricerca sul genoma umano.

Tutto questo non significa che in natura manchino completamente armonia e bellezza: “Un ricercatore, Susumu Ohno, ha notato ad esempio che la struttura del Dna si basa sulla ripetizione e la variazione di determinate sequenze... questa però è anche la struttura della musica occidentale! Così ha provato, assieme a un musicista, a tradurre alcune sequenze di Dna in brani musicali. Un esperimento molto interessante, anche se per tutti i giorni preferisco Rita Pavone!”. Personalità poliedrica e creativa, Graur è noto per coltivare svariati campi d’interesse, dall’arte al graphic design: per esempio ha disegnato personalmente alcune copertine della rivista Molecular Biology and Evolution.

Tornando ai miti da sfatare, un altro è quello che vuole il nostro destino scritto nei geni: “Si tende a credere in una sorta di determinismo, secondo il quale si ‘è’ il proprio Dna. Ogni tanto qualcuno dice di aver trovato le basi genetiche del successo o dell’infedeltà (e persino delle opinioni politiche, ndr); anche questo però è sbagliato: i cromosomi non spiegano tutto”. Eppure sempre più spesso si parla di ingegneria genetica applicata addirittura alla stessa razza umana: una prospettiva che pone anche numerosi problemi etici, su cui però Graur ha un approccio pragmatico; “Čechov scrive che se metti un fucile nel primo atto di un dramma teatrale, nel terzo quel fucile sparerà. Abbiamo già le tecnologie, che vengano applicate anche agli essere umani è ormai solo questione di tempo. Le persone ricche prima o poi faranno di tutto per migliorare la struttura genetica dei propri figli”. Il problema semmai è un altro: “Ci sono tante cose che si possono fare, ad esempio creare persone più intelligenti o con un metabolismo migliore. Potrebbe accadere tutto molto più velocemente di quanto pensiamo, oppure no: la clonazione ad esempio non è diventata una pratica abituale, anche la tecnologia c’è da anni”. Piccolo particolare: gli organismi biologici sono complessi e soprattutto imprevedibili; “Nella nostra specie, ad esempio, i parti sono difficili perché il nostro cranio è troppo grosso, poi abbiamo i denti del giudizio e l’appendice che non servono e creano solo fastidi. Perché insomma, nell’evoluzione c’è sempre un prezzo da pagare”.

Daniele Mont D’Arpizio

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012