SOCIETÀ

Giacomo Matteotti, la casa museo e il pensiero libero (e digitalizzato)

Oltre dodicimila pagine tra documenti politici e giuridici, opere di economia del fratello Matteo e di narrativa della moglie Velia Titta. Gli scritti di Giacomo Matteotti sono stati digitalizzati e raccolti nel nuovo sito della casa museo che porta il suo nome, testi ora disponibili online a cui si aggiungono una rassegna dei giornali relativi al delitto, quindi a partire dal 10 giugno 1924 quando il deputato socialista venne rapito e ucciso da una squadra della Ceka fascista, una selezione di articoli apparsi su Il Gazzettino nel periodo 1911-1924 e, ancora, la fototeca, la filmoteca e un’antologia di documenti sul Polesine e sul Veneto tra Ottocento e Novecento, preziose tracce che ben descrivono l’ambiente in cui Matteotti visse e operò. 

Grazie a un finanziamento concesso dal Miur all’università di Padova, il progetto è stato condotto dal Dissgea, dipartimento di Scienze storiche, geografiche e dell’antichità, convenzionato con Casa museo Giacomo Matteotti di Fratta Polesine di proprietà dell’Accademia dei Concordi di Rovigo, restaurata e ceduta in uso al comune, dal 2017 riconosciuta monumento nazionale per l’alto valore storico-politico. A gestire oltre un anno di lavoro, iniziato a fine 2016, è stato il professor Gianpaolo Romanato, già docente di Storia contemporanea all’ateneo padovano, oggi presidente del comitato scientifico della casa museo: “Abbiamo realizzato un sito web della casa museo in cui abbiamo raccolto, dopo averla digitalizzata, tutta l’opera giuridica di Giacomo Matteotti, e ancora i tre volumi con i suoi discorsi parlamentari e un volume con gli interventi di carattere sociale. Inoltre abbiamo inserito l’opera del fratello maggiore Matteo, morto a trent’anni, economista che collaborò con Einaudi, e gli scritti letterari della moglie Velia Titta. Infine, il sito ospita una raccolta di articoli relativi ai mesi del rapimento e del delitto, che prevediamo di implementare nei prossimi mesi, e una ricca documentazione sul Polesine del tempo, ambiente in cui Matteotti si formò e che lo influenzò moltissimo”.

Nella villa, acquistata nel 1895 dal padre Girolamo, Giacomo visse con i genitori, la moglie Velia, sorella minore del baritono Titta Ruffo, conosciuta nell'estate del 1912 durante una vacanza all'Abetone e sposata con rito civile a Roma nel 1916, e i figli Giancarlo, Matteo (entrambi poi nelle file del socialismo democratico) e Isabella. Gli spazi si sviluppano su tre piani e svelano dettagli dell’intimità domestica, proponendo un percorso che attraversa le molte stanze partendo dall’atrio al pianterreno dove venne allestita la camera ardente di Matteotti, dopo l’arrivo in treno della sua bara alle prime luci dell’alba del 21 agosto 1924, e da dove partì il corteo funebre fino al cimitero locale, dove è sepolto. Per Maria Lodovica Mutterle, direttrice della casa museo, “questa dimora è un luogo speciale, qui si respira la vita vera e intima della famiglia Matteotti”.

Rientrare in queste stanze, dove ho passato con te le prime emozioni, mi dà una grande melanconia che non posso ancora vincere [...] I bambini mi domandano continuamente dove sei Lettera di Velia a Giacomo, Fratta Polesine, 16 maggio 1923

Tra il salone, la cucina, lo studio e le camere da letto trovano posto fotografie, dipinti, il pianoforte, qualche libro e un tavolo multimediale per sfogliare la nuova raccolta digitalizzata; la casa museo non conserva l’archivio privato – trasferito alla Fondazione di studi storici Filippo Turati di Firenze –, ma all’ultimo piano propone un percorso espositivo con pannelli che permette di (ri)scoprire la storia di Matteotti sia dal punto di vista privato che da quello pubblico. La vicenda umana e politica del parlamentare socialista favorisce l’incontro tra passato e presente: la casa dove visse Matteotti con la sua famiglia ora è un museo, visitabile nei fine settimana (con aperture straordinarie su prenotazione), e il sito web si offre come seconda dimora virtuale, contenitore di vita e pensiero, per arrivare a tutti, anche a chi è lontano.

Dal sito di Casa museo Giacomo Matteotti:

“Il 30 maggio, nella seduta inaugurale del nuovo Parlamento, pronunciò un memorabile intervento, in gran parte improvvisando, di denuncia del clima di violenza e illegalità in cui si erano svolte le elezioni, delle quali chiese l’annullamento. Terminato l’intervento, che durò più di un’ora, in un clima incandescente, tra interruzioni, urli e minacce della maggioranza fascista nei suoi confronti, sedette stremato sul suo banco. Ai colleghi di partito che si congratulavano con lui avrebbe detto che ora dovevano prepararsi a fare la sua commemorazione funebre. E Salandra riferì questa frase di Mussolini, che aveva seguito dai banchi del governo il suo intervento: ‘Quando sarò liberato da questo rompic… di Matteotti?’. Dieci giorni dopo, nel pomeriggio del 10 giugno, fu aggredito, malmenato e rapito sul Lungotevere Arnaldo da Brescia, poco lontano dalla sua abitazione. Caricato a forza su un’automobile, fu probabilmente assassinato all’interno dell’auto. La crisi politica che ne seguì nei giorni seguenti fu la più grave mai occorsa al fascismo nei vent’anni in cui fu al potere. Poi le acque si calmarono e il corpo di Matteotti fu ritrovato in un bosco non lontano da Roma il 15 agosto. Trasferita in treno a Fratta – di notte, per evitare manifestazioni di cordoglio – la cassa con i resti di Giacomo Matteotti fu esposta nella sala a pianterreno della villa in cui era vissuto, ora divenuta museo e dichiarata monumento nazionale. Il funerale attraverso le vie del paese e l’inumazione nel cimitero ebbero luogo il 21 agosto. Al corteo si calcola abbiano preso parte diecimila persone, quasi il triplo della popolazione di Fratta in quegli anni. Il delitto Matteotti segnò un netto spartiacque nella storia del fascismo e del nostro paese”.

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