SOCIETÀ

Lavorano la terra: i 'contadini' del nuovo Millennio

Resistente alla crisi (più di altri settori). Così, parlando di produzione e occupazione, è stato definito il settore dell’agricoltura in Italia. Un mercato che, negli ultimi anni, ha registrato un vero e proprio boom non solo produttivo ma anche occupazionale. Nel 2016, come per l’anno precedente infatti, questo comparto economico si conferma in crescita. Secondo i dati Istat, il valore aggiunto agricolo del secondo trimestre dello scorso anno (rispetto allo stesso periodo del 2015) è cresciuto dell’1,8%, più del doppio rispetto all’aumento del PIL nazionale (+ 0,8%). Cresce la produzione, cresce l’export e cresce anche la voglia di fare impresa, soprattutto tra i giovani. Secondo Coldiretti, solo nel 2016 i nuovi contadini, pastori, pescatori o allevatori under 34, sono stati il 12% in più. Una scelta che ha coinvolto giovani maschi (+16%) ma anche ragazze (+5%), sia come dipendenti (il 15% in più rispetto allo stesso periodo del 2015) che come lavoratori autonomi (cresciuti del 9%). Numeri importanti se confrontati col dato generale dell’occupazione giovanile italiana che, nei vari settori, ha visto una crescita media dell’1%.

Chiara Sattin, giovane imprenditrice agricola di Monselice, fa parte di questo grande ‘esercito’. Lei non è un agricoltore di prima generazione, ha scelto di ‘tornare alla terra’ con un progetto ben preciso. “La mia famiglia ha sempre avuto un’azienda agricola, ci sono nata dentro, ho annusato il profumo della terra fin da piccola. Subito dopo la laurea nel 2003 in Economia del turismo, ho lavorato qualche anno nell’azienda dei miei genitori ma ad un certo punto ho sentito il bisogno di vedere cosa succedeva fuori e di fare esperienza nel settore per cui avevo studiato.  Per un periodo ho fatto l’agente di viaggio e poi la responsabile commerciale per un’impresa, esperienze che mi hanno resa felice e dato tanto. Poi però, nel 2006 ho scelto di tornare in azienda, a casa. Mi sentivo portata per il lavoro di commerciale ma non riuscivo a restare chiusa in ufficio, mi sentivo stretta in quella realtà. Da una parte l’ho fatto perché era necessario affiancare mio papà in azienda, ma soprattutto perché sapevo che era questo il lavoro per me. Stare alle regole del mio ‘datore di lavoro’ che è la natura, è tutto un altro vivere. Starci a contatto e seguirne i ritmi, è impagabile. L’agricoltura è un mestiere che sei, non che fai”.

Degli agricoltori di prima generazione, quelli che a lavorare in campagna ci finiscono per una precisa scelta di vita, la metà è laureata e altamente preparata e ha scelto di portare innovazione nella propria impresa; ma soprattutto, il 74% è orgoglioso di questa scelta e il 78% è più felice di prima. E anche le prospettive future sembrano positive. Sempre secondo Coldiretti infatti, con i nuovi bandi previsti dai piani di sviluppo rurale approvati dall’Unione Europea fino al 2020, l’agricoltura italiana nei prossimi anni potrebbe dare possibilità di occupazione ad almeno 20.000 nuovi giovani. “La crisi economica e l’esasperazione dei ritmi lavorativi – prosegue Chiara – hanno portato negli scorsi anni molte persone, soprattutto giovani, a intraprendere la strada dell’agricoltura. Sono tanti quelli che iniziano questo percorso ma non tutti ce la fanno ad arrivare fino in fondo perché un’azienda agricola, soprattutto nella sua fase di start up, ha bisogno di investimenti importanti che è difficile riuscire a fare da soli. Se non c’è una rete di sostegno, è quasi impossibile farcela o, almeno, la strada è molto più in salita. Per partire servono tanti soldi, per i terreni, i fabbricati ma anche per le attrezzature, che generalmente sono molto costose. Per questo sono fondamentali le agevolazioni che vengono dall’esterno. Penso ai finanziamenti europei, ma anche a quelli nazionali, al bando di ‘primo insediamento’, alle possibilità di credito agevolato”. Dal 2012 Chiara ha ricoperto diversi incarichi nelle associazioni di categoria (non ultimo quello di presidente dell’Associazione nazionale giovani agricoltori – Giovani di Confagricoltura) occupandosi negli ultimi tempi anche di supporto all’impresa. “Abbiamo valide politiche di sostegno comunitarie e la Regione Veneto è abbastanza efficiente nello spendere i budget assegnati dall’Europa; i programmi di sviluppo rurale ci aiutano tantissimo, sono fondamentali. Negli ultimi 5 anni abbiamo insediato più di 3.000 giovani con il ‘bando di primo insediamento’ che finanzia i giovani che vogliono intraprendere questa strada. Il nostro mestiere pone tanti vincoli, tra cui una burocrazia che ci ammazza, ma se non ci fossero questi strumenti sarebbe impossibile anche solo cominciare. Poi c’è la questione del reddito. Per chi produce materia prima agricola è difficile stare a galla perché i prezzi sono determinati anche da fattori produttivi esterni su cui chi lavora non ha alcuna influenza. Per questo sarebbe importante fare delle scelte mirate e strutturate. Con Confagricoltura Giovani stiamo cercando di lavorare ad un vero e proprio cambio di mentalità: trasformare l’agricoltore in imprenditore agricolo. Questo settore, infatti, riuscirà a vivere ed evolvere solo se l’imprenditore acquisirà determinate abilità (dalla scelta di posizionamento, al confronto con i mercati globali…) cosa che chi lavora con l’agricoltura fa poco perché la nostra è una realtà fatta di imprese medie piccole che producono eccellenze e che faticano però ad essere competitive per quanto riguarda i rendimenti”. Le sue giornate Chiara le divide oggi tra le aziende di famiglia (una zootecnica, una dedicata alla produzione di cereali e un agriturismo), ma anche dedicando il suo tempo a tutti quei giovani che cercano di portare avanti un progetto in questo settore “perché mi piace impegnarmi per gli altri, mi fa stare bene, perché oggi posso dirmi felice della mia scelta di vita e perché ho sempre pensato che la felicità vada condivisa”.

Francesca Forzan

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