UNIVERSITÀ E SCUOLA

Miur: 24 sfumature di grigio

Mancano ormai pochi giorni alla diffusione dei provvedimenti di riforma della scuola: l’appuntamento per la presentazione degli atti (probabile un decreto più un disegno di legge) dovrebbe essere il Consiglio dei ministri del 27 febbraio. Assume quindi particolare valore l’atto di indirizzo con cui il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha riassunto le sue priorità politiche per il 2015: la riunione dei ministri sarà il primo banco di prova per capire l’effettiva volontà del governo di procedere in tempi rapidi a cambiamenti incisivi per scuola, ricerca e università, e per saggiare quanto un documento programmatico molto sintetico, che si limita all’enunciazione dei punti fermi su cui orientare l’azione politica, regga all’effettiva traduzione in norme e, soprattutto, al successivo confronto con le altre forze politiche e l’opinione pubblica.

Il testo pubblicato dal ministero si compone di 24 paragrafi, che corrispondono ad altrettanti obiettivi ritenuti prioritari. La parte che riguarda la scuola è quella che riserva meno sorprese: i principali propositi coincidono con quelli del dossier “La buona scuola”, presentato a settembre e sottoposto a una lunga consultazione popolare via web, di cui ora si potrà constatare la concretezza. Anzitutto la maxi-stabilizzazione di 148.000 precari (vedi box qui sotto), ma già qui si apre il primo fronte: verranno assunti tutti e soltanto gli iscritti alle graduatorie a esaurimento (come era impegno del ministro), magari depennando chi appartiene a classi di concorso non più attive come stenodattilografia? Oppure l’assunzione varrà anche per una parte degli iscritti alle graduatorie di seconda fascia (abilitati) con almeno tre anni di servizio alle spalle? Altro fronte è quello della valutazione dei docenti: ormai si sa che il progetto di “La buona scuola” (scatti triennali basati sul merito, che avrebbero escluso un terzo dei candidati) è naufragato davanti all’ostracismo di partiti e sindacati. L’alternativa, stando alle indiscrezioni, consisterebbe in un sistema misto basato sull’intreccio merito-anzianità, in cui il maggiore criterio selettivo non sarebbe più una percentuale di “bocciati” predeterminata, ma l’esaurimento del budget periodico a disposizione. Ombre anche sull’alternanza scuola-lavoro, tema su cui il governo ha puntato molto: si tratta di capire quali risorse rimarranno utilizzabili per i tirocini aziendali una volta completato l’enorme programma di stabilizzazioni. Ugualmente legata alle reali risorse che si individueranno è l’attuazione di altri punti cardine della riforma ripresi nel documento della Giannini, come la digitalizzazione delle scuole, l’integrazione della didattica con ore aggiuntive di materie come storia dell’arte, lingue straniere tramite il metodo Clil, economia, informatica.

Se quindi tutto il capitolo scuola verrà assai presto confermato o smentito dai fatti, più interessanti sono i paragrafi dell’atto di indirizzo che riguardano temi non compresi nel dossier Renzi – Giannini. A cominciare dagli Afam (conservatori, accademie di belle arti, danza e arte drammatica, istituti per il design), per i quali il documento ministeriale delinea una radicale riforma che riguarderà organi di governo, reclutamento, fondi, valutazione, accreditamento: l’ottica è quella dell’internazionalizzazione, che nelle mire del ministero dovrebbe rendere “esportabili” i nostri talenti artistici. Vedremo quindi se l’anno in corso porterà esiti positivi per il “cantiere Afam”, che già da parecchi mesi impegna il ministro Giannini.

Più ambiziosi ancora i capitoli su università e ricerca: ambiti vastissimi, per i quali l’atto di indirizzo propone obiettivi tanto ambiziosi quanto complessi. Sul finanziamento degli atenei il documento Giannini contiene un avverbio che, se preso alla lettera, costituisce il passaggio più importante dell’intero testo: vi si legge che “il livello di finanziamento e la libertà di spesa di un ateneo” devono dipendere “solo dalle sue performance”, e non “dalla sua dimensione, dalla sua storia o dalla sua fortuna”. Un’affermazione che sembrerebbe prefigurare un’accelerazione della componente premiale nell’attribuzione delle risorse statali agli atenei, tale da arrivare al 100% dell’erogazione in base a criteri di merito. Come prendere una dichiarazione così impegnativa? Se un’interpretazione letterale mal si concilia con i compromessi della politica, è lecito attendersi la fine di quel groviglio di vincoli, formule, clausole di salvaguardia, che ogni anno rendono lenta e incerta la procedura di finanziamento delle università e attenuano gli effetti del “premio ai risultati”.

Affermazioni di principio rimarcate più volte dal ministro sono quelle che animano i punti programmatici sul reclutamento (più spazio ai giovani ricercatori), il diritto allo studio (eliminazione del fenomeno degli idonei senza borsa di studio), la semplificazione nell’accreditamento dei corsi di laurea, l’internazionalizzazione degli atenei con maggiore mobilità per studenti e docenti. Più articolati i passaggi sui finanziamenti alla ricerca: l’atto di indirizzo delinea una programmazione pluriennale che permetta ad atenei ed enti di ricerca di conoscere in anticipo, con un orizzonte di medio-lungo termine, le risorse disponibili (anche “mediante competizione”); uno degli strumenti individuati è l’adozione di un piano finanziario unico della ricerca, che accorpi i tanti capitoli di spesa tra i quali i fondi sono disseminati, per snellire le procedure amministrative e soprattutto evitare l’utilizzo inefficiente o parziale, quando non il totale spreco, dei denari a disposizone. L’apertura internazionale è prospettiva chiave anche per la ricerca: il documento Giannini lo definisce criterio di valutazione valido e da utilizzare per tutti gli enti di ricerca. Incentivi in vista, almeno a parole, sono infine previsti per la mobilità dei ricercatori tra enti e università: tra gli strumenti da potenziare, l’atto di indirizzo cita in particolare la chiamata diretta, “istituto importante per promuovere la qualità” del sistema della ricerca.

Da rilevare, infine, che l’atto di indirizzo non entra nel merito della quantificazione delle risorse e della loro congruità in rapporto agli attuali livelli, in relazione ad esempio all’Ffo o alla valutazione degli insegnanti: una scelta che rischierebbe, solitamente, di fare delle 24 proposizioni del Miur una riedizione di strumenti di comunicazione politica parecchio consunti. Ma queste dichiarazioni subiranno tra poco un vaglio concreto e duplice, prima al Consiglio dei ministri e poi nel pubblico dibattito.

Martino Periti

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