CULTURA

Addio fantasmi, Nadia Terranova al Premio Strega

I romanzi raccontano storie e ce li immaginiamo fatti di “pieni”: azioni, dialoghi, personaggi che si muovono, figli che nascono, destini che si intrecciano come fili annodati che tirano. E poi c’è la magia di quei libri che invece sanno raccontare un vuoto. Come Addio fantasmi di Nadia Terranova, nella dozzina del Premio Strega, che questo sapientemente fa, in punta di piedi.

La protagonista torna nella sua casa di bambina, che la madre vuole mettere in vendita, e tutto d’un tratto sono vividi nella sua mente, pancia e cuore gli anni senza il padre, scomparso un giorno, così, nel silenzio della risacca.

Quel silenzio che inizia a permeare le loro vite diventando sospensione, fuga, ritorno, in un cerchio che non può e non vuole più chiudersi.

Siamo a Messina dove l’acqua dà nome alle strade: Torrente Trapani, Torrente Giostra, Torrente Boccetta, arterie fluviali insabbiate su cui piove una luce che “va diffondendo l’equivoco dell’allegria” e in realtà rende “ciechi, invalidi”. Terranova nella sua seconda prova come romanziera per adulti, dopo il premiato Gli anni al contrario (e molti sono i suoi libri per ragazzi e per bambini), si rivela immaginifica ed evocativa, conservando i tratti in sottrazione che marchiano la sua scrittura. Per esempio l’ora blu: “Nessun confine tra cielo e acqua, scomparsa anche la linea di orizzonte, mille gradazioni diverse di uno stesso tappeto di colore. […] Pochi clacson, onde sugli scogli. C’è qualcosa di vitale nella disperazione di chi si grida addosso […] invidiai quell’attaccamento alla vita che mi era appartenuto e poi doveva essere scomparso nel fondale marino, assieme all’anello del re che Colapesce è incaricato di recuperare”.

E cosa resta quindi? Forse gli oggetti: “Quello che era servito una volta avrebbe potuto essere utile di nuovo […] noi non conservavamo per ricordare, ma per sperare”; forse le relazioni: “Strinsi il telefono tra le mani e ringraziai il miracolo tecnologico che permetteva di lasciarsi invadere da un’altra persona a centinaia di chilometri di distanza, farsi modificare l’umore da lei e chiederle aiuto per resistere”; forse non resta nulla, ma tutto si trasforma: “Negare ciò che si è stati, tramutarsi in qualcosa di differente e poi dimenticare di averlo desiderato”.

Forse, lì, in questo qui e ora che cristallizza passato e presente, vuoto e piano, compresenza e assenza, Nadia Terranova trova la forza per mettere in parola quanto di più umano abbiamo.

Negare ciò che si è stati, tramutarsi in qualcosa di differente e poi dimenticare di averlo desiderato Nadia Terranova

L'abbiamo intervistata:

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012