SCIENZA E RICERCA

Il climate change sta modificando le migrazioni degli uccelli

La COP25 non si è conclusa nei migliori dei modi, anzi. E le notizie sull’impatto del cambiamento climatico sulla biodiversità continuano a rincorrersi. L’aumento delle temperature, infatti, sta stravolgendo i tempi della migrazione degli uccelli: in primavera molte specie si affrettano, tirano dritto saltando qualche tappa; in autunno invece si attardano. Altre ancora non riescono a stare “al passo” con i cambiamenti climatici e le conseguenze potrebbero essere disastrose. Anche per noi umani. È quanto emerge dalle pagine della rivista Nature Climate Change, nel primo studio americano condotto a scala continentale su centinaia di specie, pubblicato dai ricercatori della Colorado State University e del Cornell Lab of Ornithology.

Per studiare le più piccole variazioni nella migrazione degli uccelli, il team guidato da Kyle Horton e Andrew Farnsworth ha messo a punto una nuova tecnica di analisi delle immagini registrate dai radar, chiamata MistNet. I ricercatori hanno infatti recuperato i dati raccolti dalle 143 stazioni di sorveglianza meteorologica della National Oceanic and Atmospher Administration (NOAA) nelle notti primaverili e autunnali degli ultimi 24 anni, precisamente dal 1995 al 2018, per un totale di 4000 notti e 13 milioni di scansioni radar.

Per analizzare una tale mole di dati ci sarebbe voluto oltre un anno di lavoro continuo, esaminando le registrazioni una ad una. Bisognava infatti distinguere tra gli stormi di uccelli migratori di passaggio, che nelle immagini si presentano come chiazze circolari, e i fenomeni temporaleschi, che invece assomigliano più a macchie irregolari. E fino a ora solo l’occhio umano era capace di fare questa distinzione. Ma grazie al lavoro di Dan Sheldon dell’università del Massachusetts Amherst è nato MistNet, uno strumento che utilizza l’apprendimento automatico e le tecniche di visione artificiale per riconoscere gli stormi di uccelli migratori ed eliminare i fenomeni meteorologici. MistNet, infatti, non è stato battezzato così per caso: il suo nome si riferisce alle reti quasi invisibili utilizzate dagli inanellatori proprio per catturare e studiare gli uccelli migratori.

Bisognava infatti distinguere tra gli stormi di uccelli migratori di passaggio

Grazie a i radar e a MistNet, dunque, i ricercatori sono riusciti a utilizzare finalmente decenni di dati radar meteorologici e in sole 48 ore sono riusciti a monitorare il passaggio di miliardi di uccelli appartenenti a centinaia di specie diverse negli ultimi 24 anni, stimando anche la loro velocità di volo e la direzione di movimento. E infine hanno correlato questi dati con le temperature.

Per capire l’impatto del climate change dobbiamo fare però una piccola premessa. Gli uccelli migratori sono i pendolari dei cieli, la loro è una vita in viaggio. In primavera si dirigono a nord, verso i loro quartieri di riproduzione: arrivano giusto in tempo per approfittare della sciamatura degli insetti e delle ore di luce in aumento. E infatti il picco di disponibilità alimentare coincide con la schiusa delle uova. In autunno, invece, con l’arrivo dei mesi più freddi dell’anno gli uccelli migratori tornano a sud, nei loro quartieri di svernamento. Macinano migliaia di chilometri e durante il viaggio hanno bisogno di “carburante”, perciò si fermano a fare rifornimento quasi sempre nelle stesse aree di sosta. Un po’ come facciamo noi in un lungo viaggio in auto fermandoci al nostro autogrill o distributore preferito. E soprattutto il loro viaggio è scandito da ritmi precisissimi e da luoghi di sosta fissi: è proprio da questi due parametri che spesso dipende la buona riuscita della migrazione e quindi la sopravvivenza.

Gli uccelli migratori sono i pendolari dei cieli, la loro è una vita in viaggio

Il segreto sta nella sincronia tra la migrazione e la disponibilità alimentare nei diversi luoghi e nei diversi periodi. Ma questa perfetta sincronia potrebbe crollare come un castello di carta per il cambiamento climatico, e in parte lo sta già facendo.

Stando ai risultati, infatti, la primavera sta anticipando e gli uccelli migratori sono costretti a rincorrerla. Hanno modificato le loro migrazioni, sorvolando i siti di sosta prima del solito e spesso saltando delle tappe: sono arrivati in media con un giorno di anticipo per ogni decennio. L’effetto è più evidente alle latitudini più settentrionali, come al confine tra Montana e Wyoming, intorno ai 45°N di latitudine, dove l’anticipo riscontrato è pari a un giorno e mezzo per decennio. Infatti nella metà degli anni Novanta il picco di passaggio migratorio si verificava intorno al 10 maggio, mentre nel 2018 è stato il 5 maggio. In autunno, invece, la migrazione sta rallentando e procede in modo più lento e caotico.

Inoltre, secondo i ricercatori, questo slittamento nelle date è dovuto alle temperature più elevate che sono aumentate in media di circa mezzo grado centigrado per decennio. Infatti i cambiamenti più evidenti nella migrazione degli uccelli si sono verificati nelle aree più settentrionali, che si stanno riscaldando più rapidamente e lungo la rotta occidentale, dove la maggior parte delle specie migra su distanze minori. Forse quest’ultimo punto potrebbe essere un segnale positivo: i migratori su brevi distanze (parliamo di qualche migliaio di chilometri) potrebbero riuscire a rispondere più rapidamente alle variazioni della disponibilità di risorse trofiche provocate dal clima che cambia, rispetto alle specie che migrano su lunghe distanze.

Non dobbiamo dimenticare, però, che lo spostamento pendolare di miliardi di uccelli migratori ha una ricaduta fondamentale sull’ecosistema e sulle attività umane. Offrono un servizio gratuito di disinfestazione: ci aiutano a controllare gli insetti nocivi, come zanzare e parassiti delle piante. E sono anche ottimi agricoltori, con i loro escrementi fertilizzano il suolo e si occupano anche di disseminare i semi delle piante che hanno mangiato.

Questo è il primo studio a prendere in considerazione simultaneamente così tante specie insieme sfruttando i dati radar, si vede bene come gli uccelli stiano provando a inseguire la primavera in anticipo, ma se la sincronia non si ricompone potrebbero esserci serie conseguenze, come scrivono gli autori. Il loro prossimo passo sarà quello di esaminare le variazioni nei tempi migratori anche in Alaska, stato finora escluso dalle analisi, ma che sta subendo le maggiori trasformazioni proprio a causa dei cambiamenti climatici.

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