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Covid-19: nei casi gravi è una tempesta sull'intero organismo

Il virus Sars-CoV-2 agisce in modo diverso da qualsiasi altro patogeno che l’umanità abbia conosciuto in passato e, nei casi gravi, arriva a colpire l’intero organismo umano non risparmiando anche organi molto diversi dal sistema respiratorio, come intestino, occhi, reni e cervello, e alterando il funzionamento del cuore e dei vasi sanguigni con conseguenze che possono essere letali. A descrivere come il nuovo coronavirus possa dare luogo a una malattia sistemica che lacera tutto il corpo è la rivista Science in un articolo che approfondisce cosa accade ai pazienti in cui l’infezione evolve negativamente, una quota che secondo gli autori rappresenta circa il 5% dei contagi.

Gli interrogativi su questa malattia sono ancora molti e, sottolinea l'articolo, uno dei punti che sta attirando maggiormente l’attenzione degli esperti è la necessità di capire se all’origine dei casi particolarmente gravi ci sia una iperreazione del sistema immunitario, chiamata "tempesta di citochine", oppure se il fattore chiave sia da identificare più nella capacità del virus di favorire coaguli nel sangue e attacchi cardiaci, elemento che spiegherebbe perché tra i principali fattori di rischio ci sono patologie come il diabete e l'ipertensione.

All’origine dell’infezione c’è l’inalazione di goccioline di virus diffuse da una persona infetta. I punti di ingresso possono essere tre: occhi, naso e gola. In particolare l’articolo di Science, che ha raccolto osservazioni cliniche e le più rilevanti scoperte effettuate in questi mesi dei ricercatori di tutto il mondo, sottolinea che recenti studi in fase di preprint hanno evidenziato come il virus Sars-CoV-2 trovi nel naso un ambiente particolarmente favorevole perché le cellule della sua superficie sono ricche del recettore ACE2 che viene utilizzato dai coronavirus per entrare nelle cellule e iniziare la sua moltiplicazione. Nei primi giorni successivi al contagio i sintomi possono essere assenti oppure possono comparire febbre, tosse secca o dolori alla testa e al corpo, ma anche perdita del gusto e dell’olfatto che sono manifestazioni senza precedenti nelle infezioni respiratorie. Se in questa fase iniziale il sistema immunitario non riesce a respingere il virus, quest’ultimo può attraversare la trachea e attaccare i polmoni, infiammando gravemente gli alveoli e compromettendo l’assorbimento dell’ossigeno. Sebbene i polmoni siano il punto di partenza, la malattia però può anche estendersi all’intero organismo - in modo diretto attraverso i danni provocati dal virus o a causa della risposta incontrollata del sistema immunitario - e raggiungere il sistema cardiocircolatorio e cerebrale, con il rischio di infarti, encefaliti e ictus, ma può arrivare anche al fegato, ai reni e all’intestino".

Per cercare di capire perché questa infezione può avere un decorso particolarmente complesso e perché, al contrario, in alcuni soggetti può restare in forma asintomatica abbiamo intervistato la professoressa Antonella Viola, docente di Patologia generale all'università di Padova e direttrice dell'Istituto di ricerca pediatrica Città della speranza, a cui abbiamo chiesto anche una valutazione sul ruolo che potranno avere i test sierologici

L'intervista completa alla professoressa Antonella Viola del dipartimento di Scienze biomediche dell'università di Padova. Servizio e montaggio di Barbara Paknazar

Nel decorso di Covid-19 - chiarisce l'immunologa Antonella Viola - "il sistema immunitario, sembra essere una discriminante molto importante, ma occorre ricordare che in molti casi la risposta dell’ospite condiziona l’esito di una malattia. Quello che sappiamo è che il virus entra appunto attraverso le mucose nasali dove è presente il recettore Ace2, che è questo enzima che converte l’angiotensina e normalmente serve a regolare la pressione sanguigna. Il recettore Ace2 è presente però non solo nelle mucose nasali, ma in tante cellule del nostro corpo: lo troviamo sui polmoni, sull’endotelio dei vasi, nel cuore, nei reni, nell’intestino e anche nel cervello e, a tale riguardo, gli ultimi dati stanno dicendo che ci può essere anche un tropismo di questo virus nel cervello".

Sin da subito questo enzima è stato individuato come la principale porta di ingresso dell'infezione perché, come fu anche nel caso della Sars, gli spike del virus si agganciano facilmente al recettore Ace2. "Questo - prosegue la docente - spiega il fatto che il virus potenzialmente sia in grado di colpire tutti gli organi che presentano il recettore e quindi tutte le cellule in cui il virus ha la possibilità di entrare per potersi moltiplicare. L’azione diretta del virus, come dicevo, riguarda il cuore, i polmoni, i vasi, il cervello - su cui però ci sono ancora delle discussioni - l’intestino, infatti sappiamo che molti pazienti sviluppano una sintomatologia gastrointestinale, e anche i reni".

In alcuni casi a questo ruolo diretto del virus si somma l’azione dell’infiammazione. "Il virus quando entra infetta le cellule che hanno il recettore, ma viene anche riconosciuto dal sistema immunitario che comincia la sua produzione di fattori che bloccano la replicazione virale, come ad esempio gli interferoni, e inizia a mettere in atto una serie di risposte per bloccarlo. Quando questo è sufficiente si manifesterà probabilmente solo la sintomatologia delle alte vie respiratorie, come potremmo avere in alcuni casi, soprattutto nei bambini, una sintomatologia più di tipo gastrointestinale. Ma se invece l’azione del sistema immunitario non è sufficiente il virus si replica molto, comincia a colpire tante cellule del nostro corpo e attiva una risposta infiammatoria: questa grande diffusione del virus, insieme al danno stesso che il virus sta causando in vari distretti del nostro corpo, attivano una risposta immunitaria pro-infiammatoria con la produzione di queste citochine, di cui abbiamo ormai sentito parlare tanto, che causano questa tempesta citochinica, quindi l’interleuchina 1 beta e l’interleuchina 6, che vanno poi a loro volta ad agire in maniera sistemica su tutto il corpo. Quindi queste molecole del sistema immunitario non agiranno solo sui tessuti in cui il virus è entrato, ma possono agire su tantissimi tessuti del nostro corpo, andando a causare la patologia esse stesse. In queste eventualità abbiamo davvero una doppia azione: quella diretta del virus che danneggia le cellule in cui entra e l’azione dovuta alle citochine infiammatorie e all’infiammazione in generale che alterano i tessuti, i vasi soprattutto, in maniera importante.

Una delle sfide principali è comprendere quali fattori condizionano la risposta immunitaria e perché, in alcuni casi, anche persone giovani e senza patologie pregresse possano andare incontro a un decorso della malattia particolarmente complesso che non esclude esiti letali. "Ancora non lo sappiamo - prosegue la professoressa Antonella Viola - e infatti questa è la grandissima scommessa in questo momento: cercare di capire perché in alcuni casi il sistema immunitario controlla il virus e fa partire solo le risposte protettive, mentre in altri casi parte questa risposta severa del sistema immunitario e la conseguente infiammazione. Ed è uno dei motivi per i quali in questo momento tantissimi laboratori al mondo si stanno concentrando sull’analisi della risposta immunitaria, così come stiamo facendo anche noi in Istituto dove stiamo cercando appunto di capire, analizzando le singole cellule dei pazienti, qual è una risposta protettiva e quale invece una risposta dannosa. Questa è un’informazione molto importante anche per lo sviluppo dei vaccini perché il vaccino deve stimolare il sistema immunitario andando ad agire sulla risposta protettiva. Recentemente è uscito un articolo su Nature Immunology in cui si sottolineava come anche il ruolo degli anticorpi è un po’ da discutere perché l’anticorpo neutralizzante, l’anticorpo che blocca il virus non permettendogli di entrare nelle cellule è sì protettivo ma solo a una certa concentrazione, perché se scendiamo sotto a una certa soglia questo stesso anticorpo può essere dannoso per il paziente in quanto può stimolare la risposta infiammatoria".

Lo studio avviato dall'Istituto di ricerca pediatrica Città della speranza ha proprio l'obiettivo di individuare le cause della diversa risposta al virus Sars-CoV-2 e caratterizzare perché in alcune persone è meno efficiente. "Il nostro - spiega Antonella Viola, direttrice scientifica dell'Irp - è uno studio internazionale e stiamo lavorando insieme ai colleghi di Milano e ai colleghi tedeschi per definire esattamente i protocolli e stiamo interagendo con la clinica per la raccolta dei campioni. E’ uno studio molto ambizioso perché di solito questi studi su singola cellula, in cui si va a fare l’analisi trascrittomica su singola cellula, si effettuano su pochi pazienti a causa dei costi estremamente alti e anche per le difficoltà in termini di gestione dei dati. Noi, grazie a questa collaborazione e alla Fondazione Città della speranza che ha deciso di dare la prima parte del finanziamento, possiamo ambire, in questo momento, ad analizzare un numero di pazienti che sarà tra i cento e i duecento. Valuteremo man mano se fermarci a cento, nel caso in cui i dati che otterremo saranno sufficienti, o se dovremo proseguire e allargare. E’ interessante perché vogliamo fare uno studio longitudinale, quindi andare a vedere come viene modulata la risposta nello stesso paziente".

 

Il ruolo dei test sierologici 

Molte attese sono riposte anche nei confronti dei test sierologici, sebbene l'Oms abbia precisato che non ci sono ancora certezze sul fatto che essere guariti dall'infezione garantisca un'immunità nel tempo e abbia così messo un freno alle dichiarazioni di alcuni governi che, nei giorni scorsi, avevano parlato di "patente di immunità" come elemento su cui contare per predisporre strategie di allentamento del lockdown.

Il bando indetto dal governo per per la fornitura di test sierologici in Italia è stato assegnato all'azienda farmaceutica americana Abbott che ha annunciato la distribuzione di 4 milioni di test entro la fine di maggio. "Il nuovo test - spiega la Abbott - ha dimostrato specificità e sensibilità superiori al 99 per cento 14 giorni o più dopo l'insorgenza dei sintomi e identifica l'anticorpo IgG, una proteina prodotta dall'organismo nelle fasi avanzate dell'infezione". 

"Sicuramente - commenta la professoressa Antonella Viola - già il fatto che si sia scelto un test che verrà utilizzato a livello nazionale è un gradissimo passo avanti. Io e tantissimi colleghi ci siamo battuti sin dall’inizio perché lo scenario peggiore poteva essere che ognuno si muovesse con il proprio test e io ho visto anche test prodotti e venduti alle persone, casa per casa, per poter dire se si è immuni o no. Questa è una cosa pericolosissima. Adesso abbiamo un test in mano al Sistema sanitario nazionale che andrà appunto a fare questo screening che è importantissimo. Il test che è stato scelto, sulla carta e penso anche nella realtà perché l’azienda che ha vinto il bando è molto seria, è molto sensibile e specifico. Quindi avremo delle informazioni molto precise sulla diffusione della malattia nella popolazione. Potremo vedere effettivamente, prima di tutto, quante sono le persone che sono entrate in contatto con il virus, potremo rivedere le stime della mortalità che, per esempio, adesso sembrano piuttosto alte nel nostro Paese ma se la diffusione fosse nettamente più alta si potrebbe ridimensionare. E poi se possiamo eseguire il test nel tempo, nei mesi a venire, possiamo anche studiare quanto si mantengono questi anticorpi nel paziente, capire la durata della protezione e valutare se invece, ma speriamo tutti di no, c’è una risposta che cade molto rapidamente. Possiamo anche vedere in quali pazienti gli anticorpi si sviluppano e in quali invece questo non avviene. Quindi lo screening ci darà moltissime informazioni".

Come affrontare la fase 2

Per concludere abbiamo chiesto alla docente una valutazione sulle ultime decisioni del governo che dovrebbero gradualmente far entrare il Paese verso la fase 2, quella della riapertura dei settori produttivi e commerciali che non erano rientrati nelle categorie autorizzate a proseguire l'attività durante il lockdown, e dell'allentamento delle misure restrittive nei confronti dei cittadini. "A mio avviso il governo ha fatto bene a scegliere la linea della prudenza perché il rischio di una risalita della curva sarebbe devastante per il Sistema sanitario e non possiamo tornare nuovamente a caricarlo, senza considerare quanto sono già provati i medici e tutto il personale sanitario. Penso alle persone che non vogliono ripiombare nell’incubo che abbiamo vissuto nella settimane scorse. Ma penso anche all’economia perché una ripartenza della curva dei contagi sarebbe fatale. La strada della prudenza è giusta. Però, come ho già sottolineato in diverse occasioni, non bisogna lasciare il carico e la responsabilità soltanto sulle spalle dei cittadini, che sicuramente devono essere prudenti ed evitare assembramenti, usare le mascherine e così via, ma anche lo Stato deve fare la sua parte attraverso un’azione importante di test, effettuare un numero elevato di tamponi per identificare eventuali asintomatici, bisogna essere in grado di identificare le persone attraverso il tracciamento dei contatti perché se rileviamo una persona malata dobbiamo immediatamente testare tutti coloro con cui il soggetto è entrato in contatto. Quindi occorre un’azione sia da parte del cittadini che da parte del governo".

 

 

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