SOCIETÀ

Le esplosioni di Nord Stream 1 e 2: voragini, non piccole crepe

Due fortissime e ancora misteriose esplosioni, almeno tre grosse falle aperte nei gasdotti Nord Stream 1 e 2, che attraversano il mar Baltico collegando la Russia all’Europa. Gas metano che dallo scorso lunedì ribolle a pelo d’acqua su aree che variano dai 200 metri a ben oltre il chilometro, a nord-est dell’isola danese di Bornholm. Entrambi i gasdotti erano chiusi, non operativi. Il Nord Stream 1, attivo dal 2011, era stato bloccato dai russi lo scorso agosto con il pretesto di non poter effettuare la necessaria manutenzione delle turbine, a causa delle sanzioni imposte a Mosca dall’Unione Europea.

La seconda linea, nuova di zecca, che avrebbe dovuto raddoppiare le forniture di gas russo all’Europa (portandole da 55 a 110 miliardi di metri cubi l’anno) era stata bloccata a febbraio dalla Germania, che non aveva rilasciato le necessarie autorizzazioni per l’apertura, come ritorsione verso il Cremlino per aver lanciato l’invasione in Ucraina. Gasdotti chiusi, ma comunque pieni di gas: anche il Nord Stream 2 era stato riempito con 177 milioni di metri cubi di metano, prima dello stop imposto dalla Germania, per portare la pressione del gasdotto fino a 300 bar, proprio in previsione dell’entrata in funzione. Nessuno sa ancora quanto grandi siano effettivamente le “ferite” nei gasdotti, ma dalla quantità di gas rilasciato in superficie è plausibile che si tratti di danni assai gravi: voragini, non crepe. Le perdite, ha stimato l’Autorità per l’energia danese, potrebbero durare almeno una settimana.

C’è chi parla di sabotaggio deliberato (Germania, Polonia, Svezia, Danimarca), chi ipotizza che per l’attacco siano stati utilizzati sottomarini (ma nessuna marina ne ha rilevato la presenza specifica, e le acque del Baltico non sono profondissime: i gasdotti sono posati a profondità che variano dagli 80 ai 110 metri). Chi invece sostiene, come il Guardian, che cita una fonte militare britannica, che le potenti mine potrebbero essere state collocate nei giorni o nelle settimane scorse da una nave commerciale “mascherata”, con chissà quale bandiera, e fatte esplodere a tempo debito.

Sono atti deliberati, non stiamo parlando di un incidente

Due considerazioni: danneggiare quei gasdotti, e in quel modo, è tutt’altro che semplice: i tubi sono in acciaio, levigati per evitare attriti e rivestiti con un particolare materiale anti-corrosione e anti-urto composto di cemento e ferro che li rendono pesantissimi e quindi più stabili sul fondale marino. Ciascuna linea è composta da circa 100.000 tubi con un diametro interno costante di 1 metro e 15 cm. Ogni tubo d’acciaio è lungo 12 metri, ha una parete di 4,1 cm, è rivestito con uno spessore di 11 cm di cemento armato, e pesa 11 tonnellate, che arrivano a 24-25 tonnellate dopo l’applicazione del calcestruzzo. Insomma, l’ipotesi del guasto accidentale sembra da escludere, alla luce delle esplosioni e dalle almeno tre falle aperte quasi contemporaneamente sulle due linee di rifornimento. Secondo Björn Lund, della rete sismica svedese, sarebbe necessario almeno un quintale di dinamite o di tritolo per causare esplosioni così potenti. «Sono atti deliberati, non stiamo parlando di un incidente», ha tagliato corto il primo ministro danese, Mette Frederiksen. Per poi aggiungere: «Non abbiamo ancora informazioni per indicare chi potrebbe essere il responsabile di queste azioni».

I sospetti di molti sono immediatamente caduti sulla Russia, nonostante il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, avesse commentato a caldo: «Siamo molto preoccupati: nessuna opzione può essere esclusa in questo momento, compreso il sabotaggio». E la stessa Russia ha chiesto all’Onu di convocare per domani, 30 settembre, una riunione del Consiglio di Sicurezza. I toni non saranno cordiali: la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha addirittura chiesto al presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, di rispondere se siano stati gli Usa a sabotare i due gasdotti. Tra i più espliciti nel denunciare le presunte responsabilità del Cremlino c’è l’Ucraina, che attraverso il consigliere presidenziale Mikhaylo Podolyak ha accusato apertamente: «Quelle fughe di gas non sono altro che un attacco terroristico pianificato dalla Russia e un atto di aggressione nei confronti dell’Unione Europea», ha scritto su Twitter. Josep Borrell, Alto rappresentante dell'Unione Europea per gli affari esteri, ha minacciato ritorsioni a nome di tutti i 27 Stati membri: «Qualsiasi interruzione deliberata delle infrastrutture energetiche europee è assolutamente inaccettabile e sarà accolta con una risposta solida e unita». Intanto Mosca deve incassare l’ottavo pacchetto di sanzioni da parte dell’Unione Europea.

Impossibile per ora verificare i danni

Le indagini, che saranno probabilmente coordinate dalla Danimarca, con il supporto di Svezia e Germania, saranno lunghe e tutt’altro che rapide. Finché il rilascio di gas non sarà terminato, l’intera area è da considerare off limits per l’altissimo rischio d’incendi. Le autorità danesi hanno disposto il divieto assoluto di navigazione nell’area interessata per un raggio di 5 miglia nautiche (“le navi potrebbero perdere la galleggiabilità”, hanno sostenuto le autorità danesi). Vietato anche il sorvolo degli aerei a un’altezza inferiore ai mille metri. Impossibile, al momento, organizzare un’operazione di sommozzatori che possano andare a verificare, in profondità, l’effettivo stato dei gasdotti, e i danni riportati. E fin quando non sarà chiara la “fotografia” di quanto accaduto, sarà difficile andare oltre le ipotesi. Interpellati da Al Jazeera, gli analisti di Eurasia Group, società americana di consulenza specializzata nel valutare i “rischi politici”, non hanno escluso la possibilità che entrambe le linee abbiano subìto danni così gravi da comportare una chiusura permanente delle strutture. Che comunque non erano attive: e dunque quanto accaduto non ha e non avrà immediate ripercussioni sull’effettiva fornitura di gas all’Europa. Mentre ne ha già avute in termini di prezzo del gas, che è schizzato ben oltre quota 200 euro a megawattora al TTF (Title Transfer Facility) il mercato virtuale con sede ad Amsterdam, nei Paesi Bassi, punto di riferimento in Europa per la definizione del prezzo del gas. 

Resta la domanda: chi poteva avere interesse a sabotare i due gasdotti? Il ministro della Difesa danese, Morten Bodskov, che martedì ha incontrato il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, ha espresso esplicitamente la sua preoccupazione: «La Russia ha una presenza militare significativa nella regione del Mar Baltico e ci aspettiamo che continuino a far tintinnare le sciabole», ha scritto in una nota. Il rischio è che possa aprirsi un nuovo fronte nella guerra in Ucraina, con le infrastrutture europee (dunque di chi sostiene Kiev con l’invio di armi) come potenziali obiettivi. Sul punto il vicecancelliere tedesco e ministro dell’Economia, Robert Habeck, è stato esplicito: «In Europa e in Germania ci troviamo in una situazione in cui le infrastrutture energetiche sono potenziali obiettivi». Il quotidiano tedesco Tagesspiegel riporta la voce che anche la Cia, il servizio segreto americano, nei mesi scorsi avrebbe messo in guardia l’intelligence tedesca su possibili attacchi ai gasdotti. Ma quale vantaggio potrebbe trarre il Cremlino da un simile attacco? Alimentare la dipendenza energetica europea? Speculare sul prezzo del gas? Le infrastrutture sono entrambe di proprietà russa (di Gazprom, che si è rifiutata di commentare l’accaduto, e di una sua controllata con sede in Svizzera). Ed erano entrambe inoperose. Infliggere danni così gravi, con il rischio che possano diventare permanenti, ha il solo effetto di tagliare qualsiasi possibilità di futuri accordi commerciali, qualora nuove condizioni politiche li consentissero. Non proprio il massimo per un paese esportatore come la Russia. Peraltro, nell’aprile del 2021, proprio i russi avevano segnalato movimenti “sospetti” nel Mar Baltico, denunciando che in fase di posa nella nuova linea del gasdotto le navi di supporto russe si erano trovate a respingere alcuni attacchi di un sottomarino non identificato e di un peschereccio polacco. Tesi mai provata, ma la denuncia resta. 

Rischio ambientale e possibili ricatti

Eppure Vladimir Putin resta in cima alla lista dei sospetti. Un’ipotesi, piuttosto fantasiosa, potrebbe arrivare dal rischio ambientale innescato dalle esplosioni. Sicuramente molto alto a livello locale, di altissima tossicità dell’acqua. «In eventi del genere ci sono molte incertezze, ma l’impatto sul clima potrebbe essere disastroso e senza precedenti», ha sostenuto il chimico atmosferico David McCabe, scienziato senior presso la Clean Air Task Force. Dello stesso avviso è Stefano Grassi, capo di gabinetto del commissario Ue all'Energia: «Queste fughe di gas rischiano di trasformarsi in un disastro climatico ed ecologico». Altri esperti sostengono invece che il disastro ambientale sia escluso, perché gran parte del gas fuoriuscito evaporerà disperdendosi in atmosfera. Sempre a patto che i russi non riprendano unilateralmente a immettere gas nelle tubature danneggiate, aprendo la strada a un potenziale ricatto. Come scrivono  Henning Gloystein e Jason Bush, analisti dell’Eurasia Group: «Perdite di queste dimensioni rappresentano un grave rischio per la sicurezza e l’ambiente, soprattutto se la Russia non dovesse smettere di pompare gas nel sistema». Ma c’è un’altra circostanza da valutare: le esplosioni si sono verificate poche ore prima dell’inaugurazione del gasdotto strategico "Baltic Pipe", una rotta offshore lunga circa 275 km che collega i giacimenti norvegesi nel Mare del Nord con la Polonia e la Danimarca. Un nuovo “corridoio” per l’approvvigionamento del gas, alternativo proprio alle due linee Nord Stream, che consentirà all’Europa (soprattutto a Polonia e Stati baltici) di diminuire ulteriormente la sua dipendenza dal gas russo. E c’è chi sostiene che le esplosioni ai danni delle linee Nord Stream non siano una coincidenza, ma un avvertimento. La Norvegia ha rafforzato l’apparato di sicurezza in tutto il suo settore petrolifero e del gas, in vista di possibili, eventuali, tentativi di sabotaggio. 

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