SCIENZA E RICERCA

Guerra ai virus, il papilloma e quel vaccino "dimenticato"

Non esistono solo i vaccini di cui si parla (male) troppo e spesso a vanvera nei media, ogni qual volta si riacutizza la polemica sugli obblighi di legge. Ne esistono altri, altrettanto efficaci (diciamolo nuovamente, non fa male: il vaccino, per usare le parole di Silvio Garattini, per i benefici che porta è il farmaco migliore e più sicuro in circolazione), dimenticati dall’opinione pubblica. 

Ed è un male. 

È il caso della vaccinazione anti-Hpv, cioè contro il papillomavirus, sessualmente trasmissibile e causa del 90% dei carcinomi della cervice uterina, del 90% di quelli all’ano, oltre a una percentuale rilevante di tumori orofaringei, della vulva, della vagina e del pene. 

Negli ultimi 20 anni, grazie a una strategia vincente di screening, l’incidenza del carcinoma della cervice uterina si è drasticamente ridotta, ma il vaccino anti-Hpv, metodo di contrasto non esistente per altre forme tumorali, permetterebbe di diminuire molto di più il tasso di questo tipo di neoplasia. 

Tutto bene quindi?

No, perché in Italia esistono tre vaccini anti-papillomavirus (il bivalente che protegge dai tipi 16 e 18 e il quadrivalente che offre una copertura contro altri ceppi e il 9-valente), ma la copertura è drasticamente crollata

Avanzano le evidenze scientifiche sulla bontà del vaccino, ma non il numero di vaccini iniettati. A dirlo è l’ultimo rapporto della Fondazione Gimbe di Bologna, ricordando come la vaccinazione, pur non rientrando all’interno del “decreto vaccini”, “è offerta gratuitamente a maschi e femmine intorno agli 11-12 anni di età, con l’obiettivo di raggiungere una copertura vaccinale del ciclo completo in almeno il 95% delle femmine e dei maschi”. Una progressione graduale: il piano prevedeva il 60% di copertura nel 2017, il 75% nel 2018 e il 95% nel 2019. 

Perché il passato?Perché, secondo gli ultimi dati del ministero della Salute, sarà difficile, se non impossibile, arrivare alla copertura prevista: “La vaccinazione anti-Hpv – spiega il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta – rappresenta oggi un clamoroso esempio di sotto-utilizzo di una prestazione dal valueelevato. Se negli ultimi anni le prove di efficacia del vaccino si sono progressivamente consolidate, la copertura vaccinale in Italia si è progressivamente ridotta, determinando sia un aumento della morbilità per le patologie Hpv correlate, sia dei costi di assistenza”. 

Torniamo ai dati: secondo il dicastero della Salute la copertura è in picchiata: a fronte di una copertura intorno al 70% nelle coorti di nascita dal 1997 al 2000, i tassi sono progressivamente diminuiti nelle coorti 2002 (65,4%) e 2003 (62,1%) per poi precipitare al 53% nella coorte 2004.  Nei maschi, in particolare, la copertura vaccinale èancora un miraggio.Per le coorti di nascita 2003-2004, sei Regioni non rendono disponibili i dati, altre sette dichiarano una copertura dello 0% e solo per otto Regioni sono disponibili i dati: dal 3% della Sardegna al 53% del Veneto. 

“Con questi livelli di copertura – puntualizza Cartabellotta – e con i trend in progressiva diminuzione, i target definiti dal Piano nazionale appaiono del tutto illusori, a dispetto di evidenze sempre più robuste sull’efficacia dei vaccini anti-HPV, in particolare nel prevenire lesioni pre-cancerose del collo dell’utero nelle adolescenti e nelle giovani donne tra 15 e 26 anni. Tutto ciò configura un caso paradigmatico di analfabetismo funzionale: mentre si diffondono innumerevoli terapie inefficaci e inappropriate per i tumori, utilizziamo sempre meno l’unico vaccino disponibile per la loro prevenzione”.

Insomma, secondo gli esperti, la vaccinazione anti-HPV, rappresenta un emblematico esempio di un gap tra ricerca scientifica e sanità pubblica: di fronte a un farmaco ritenuto sicuro ed efficace ci si scontra con un processo non in grado di trasferire le migliori evidenze scientifiche alla pratica clinica e organizzativa dei servizi sanitari, fino ad arrivare alle decisioni professionali e alle scelte di cittadini poco guidate e gestite a livello istituzionale.

Un percorso ad ostacoli, spesso imprevedibile. E gli unici a ringraziare sono i virus.

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