SOCIETÀ

Il Trap, dal campo ai social network

Nel mondo dello sport esistono molti campioni che ottengono risultati di indubbio valore, ma che nel tempo vengono ricordati solo da pochi addetti ai lavori e da pochi nostalgici. Anche nel calcio può succedere: ci sono dei nomi che rimangono nel cuore di alcuni tifosi, ma che spariscono dalla memoria collettiva nonostante il contributo dato alle squadre in cui hanno militato. Di questo gruppo non fa sicuramente parte Giovanni Trapattoni, che non solo è uno degli allenatori più titolati al mondo, ma non manca mai di strappare un sorriso ai tifosi delle squadre che ha allenato.

Certo, non sono sempre state tutte rose e fiori: per fare un solo esempio che sicuramente tutti ricordano, Trapattoni era l’allenatore di quell’Italia che nel 2002 è uscita dai Mondiali contro la Corea del Sud, con lo zampino dell’arbitro Byron Moreno ma anche per un certo demerito dal punto di vista del gioco, e molti tifosi all’epoca speravano che il mister finisse in qualche remoto anfratto insieme all’arbitro più famoso d’Italia.

Be careful of the cat. Don’t say you have the cat in the sack when you don’t have the cat in the sack Giovanni Trapattoni

Del resto il tempo cura le ferite, e la maggior parte dei calciofili ricorda il Trap con un certo affetto misto tenerezza, anche solo per la conferenza stampa in cui, da allenatore del Bayern Monaco, perse momentaneamente la trebisonda lamentando lo scarso impegno di tre dei suoi giocatori, tra cui Strunz: se per i teutonici il suo tedesco era già abbastanza divertente, gli italiani hanno potuto apprezzare anche l’effetto comico dell’assonanza.

Il lavoro sul campo però non è bastato al Trap, e alla veneranda età di 79 anni (ne ha compiuti 80 lo scorso 17 marzo) ha deciso di sbarcare sul web, con un sito sito che ha aperto perché il nipote se n’era uscito con l’idea che il nonno sarebbe potuto diventare un influencer di successo. All’inizio il Trap e gli altri parenti ci avevano riso su ma poi, probabilmente pensando alla breve parentesi di commentatore tecnico della Nazionale (era forse un po’ troppo esuberante e quindi i vertici Rai lo avevano sostituito con Zenga, ma non si può dire che non fosse coinvolgente), la famiglia deve essersi resa conto che il Trap aveva sicuramente una verve piuttosto virale, che si combinava anche con alcuni valori chiave da condividere, specie con i più giovani.

In effetti fino a qui lo abbiamo preso bonariamente in giro visti i suoi exploit verbali, ma non bisogna dimenticare la sua carriera e i suoi risultati. È normale non reagire bene quando esci dall’Europeo (2004) perché Danimarca e Svezia preferiscono la fragranza del biscotto a una partita giocata lealmente, o quando l’Irlanda da lui allenata viene eliminata dalla Francia con un gol di Gallas “sporcato” però dalla mano di Henry. E probabilmente le vesti di commentatore non erano quelle che gli donavano di più, visto il temperamento sanguigno e l’indole da tifoso.

Ma nessuno può mettere in discussione il sistema di valori e lo spirito di sacrificio che lo hanno portato ad essere l’allenatore italiano più vittorioso a livello di club e a vincere almeno un torneo nazionale in ben quattro paesi europei (Italia, Germania, Portogallo e Austria), oltre a ben tre coppe Uefa. Trapattoni nella sua carriera non ha messo in campo solo dei giocatori, ma un frullato di virtù che altri allenatori possono solo sognare. Quanti difensori oggi non si vanterebbero di aver inibito il gioco di Pelé in quell’Italia – Brasile del ’63? Ma lui lo disse subito: il brasiliano era infortunato, e infatti chiese il cambio all’allenatore.

La verità di quel giorno è che lui era mezzo infortunato. Stanco. Io sono stato un buon calciatore, ma lasciamo stare Pelé. Quello era un marziano Giovanni Trapattoni

Molti si sarebbero arresi, quando la stampa, i tifosi e alcuni dirigenti gli avevano dato i giorni contati come allenatore (aveva solo 50 anni). Invece lui è andato avanti e ha vinto (quasi) tutto. Quel "quasi" più per una sfortuna nera che per demerito. E allora gli si potrebbe augurare buona fortuna sul web: sembrerebbe non averne bisogno, con i suoi 20 mila follower su Twitter e i 106 mila su Instagram, ma per insegnare l'educazione, il rispetto e la tenacia alle nuove generazioni un po' di fortuna servirà di sicuro. E lui con la Dea Bendata è in credito.

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012