SOCIETÀ

Vino biologico, un settore in crescita

Un settore di nicchia, se considerato nel quadro del mercato complessivo del vino, ma in evidente e forte crescita: negli ultimi vent'anni la produzione e il consumo di vino biologico sono aumentati in maniera considerevole e oggi continuano a dare segnali di grande vivacità. Secondo i dati recentemente diffusi dal report La filiera vitivinicola biologica, quaderno tematico promosso dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, realizzato da Ismea in collaborazione con CIHEAM-Bari, nell’ambito delle attività del Sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica (SINAB), a livello mondiale, dei 7 milioni di ettari di superficie viticola complessivamente censita, una quota pari al 6,7% è coltivata secondo i metodi di produzione dell'agricoltura biologica, per un'estensione complessiva vicina ai 500 mila ettari, più del doppio rispetto a dieci anni fa. I vigneti bio sono aumentati del 600% negli ultimi 20 anni e l’Europa è la prima della classe, con una superficie che arriva a coprire l’85% del totale. Spagna, Francia e Italia, che sono leader mondiali anche nella produzione di vino convenzionale, incidono per il 74% sull’estensione di vigneti biologici.

Più nel dettaglio a livello regionale italiano, si nota una rincorsa green da parte del Centro-Nord per recuperare il gap di superfici con il Sud dell'ultimo decennio. Il percorso di crescita ha portato a un maggior equilibro nella distribuzione di vigneti tra Nord (22,8%), Centro (22,5%), Sud (25,5%) e Isole (29,2%). Nel nostro Paese sono oltre 18mila i viticoltori bio ai quali si aggiungono gli altri attori della filiera, per un totale di operatori del settore vitivinicolo biologico intorno alle 25mila unità. Dal punto di vista dei consumi è soprattutto all'estero che il vino biologico viene apprezzato, con la Germania e la Francia capofila tra i Paesi consumatori. L'Italia ha un ruolo importante nelle esportazioni del settore.

Dal punto di vista dei prezzi al consumo, si legge nel report, la differenza nei vini comuni, tra prodotto bio e convenzionale è del 23%, mentre nei vini a denominazione il differenziale cresce. Un vino biologico DOC/DOCG viene venduto mediamente a un prezzo maggiore del 41%; per i vini a indicazione geografica IGT/IGP il differenziale tocca quota 64%.

Di caratteristiche, lavoro in vigna e in cantina, mercato, punti di forza e criticità del vino biologico abbiamo parlato con Matteo Marangon, professore e presidente della laurea magistrale Italian food and wine dell'università di Padova. "Stiamo assistendo a una crescita costante a livello mondiale. In Italia parliamo di circa 110mila ettari di vigneto biologico. L'Italia produce il 24-25% del vino biologico a livello mondiale. Siamo leader insieme a Francia e Spagna".

Montaggio: Elisa Speronello

Perché si sceglie di produrre vino biologico? "Facendo un passo indietro, le motivazioni alla base dell'agricoltura biologica già nel secolo scorso si sono legate alla volontà di preservare la salute dei consumatori e avere un minore impatto ambientale. Questa filosofia è stata poi traslata in ambito vitivinicolo, dapprima in vigna e poi in cantina. In particolare oggi: la questione della sostenibilità in termini ambientali, sociali ed economici è al centro del dibattito politico, agricolo e produttivo".

"Si è iniziato a produrre, in maniera pionieristica già dagli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, le prime uve biologiche. Inizialmente questa scelta è stata accolta con una certa diffidenza, non è infatti semplice produrre uve sane con il metodo biologico o almeno non lo era inizialmente: via via le tecniche si sono affinate e la ricerca ha fatto grossi passi avanti. Si è arrivati a gestire la produzione d'uva in vigneti in modo adeguato, ottenendo vini di qualità che oggi sono paragonabili ai vini prodotti convenzionalmente".

Quali sono la caratteristiche peculiari nella produzione di uve biologiche? "Ci sono dei capisaldi per l'agricoltura e la viticoltura biologica: principalmente, un basso utilizzo di input di sintesi chimica. La gestione del suolo e della fertilizzazione non deve essere fatta con concimi e fertilizzanti di sintesi ma con concimi organici, per esempio attraverso l'uso del letame. E ancora, è necessario evitare l'uso di diserbanti, quindi anziché diserbare l'erba sotto la fila delle viti si deve provvedere a gestire la vegetazione con la lavorazione del suolo o comunque con tecniche meno impattanti e che riducano l'uso di prodotti di sintesi nei vigneti. Tutto questo porta a un aumento della biodiversità: si prova a evitare la monocoltura e a evitare, inoltre, di uccidere le malerbe, si tenta di favorire l'emergere di varietà che fioriscano, portando insetti diversi, stabilendo un ecosistema vario, nel rispetto dei cicli ecologici, mantenendo un equilibrio tra tutte le componenti. Questo per quanto riguarda la parte relativa al campo, che è la principale: fino a quattro anni fa non esistevano vini biologici, ma solo vini prodotti da uve biologiche. Solo nel 2017 è stata introdotta questa differenziazione, perché prima la vinificazione poteva essere fatta con metodi convenzionali. Nel 2017 sono state introdotte limitazioni anche in cantina, per esempio con l'utilizzo di lieviti biologici, che hanno portato alla produzione di un vero vino biologico".

Per evitare la comparsa di malattie fungine, che portano alla riduzione della dimensione e alla perdita di qualità, "in viticoltura convenzionale, in campo, è possibile utilizzare prodotti di sintesi creati appositamente per contrastare la formazione di alcune di queste malattie. Il viticoltore biologico invece deve affidarsi al rame e allo zolfo investire molto nella prevenzione, andando a operare sulle piante nella stagione estiva, tentando di creare condizioni che sfavoriscano l'emergere di malattie. Si tratta di un lavoro complesso: il viticoltore biologico deve essere molto più presente in campo e mettere in atto operazioni, come la sfogliatura e la cimatura dei vigneti, che possano diminuire l'umidità all'interno della pianta. Rame e zolfo non bastano, sono prodotti di copertura che non hanno un'azione duratura nel tempo: quindi, o si interviene ogni cinque o sei giorni spruzzando costantemente questi prodotti - che comunque danno dei problemi di accumulo nei suoli, soprattutto il rame che è un metallo pesante -, oppure deve puntare su lavorazioni in campo di prevenzione che richiedono tempo e costano".

Per quanto riguarda la fase di cantina, esistono meno limitazioni. "Alcuni prodotti di sintesi, che servono per rimuovere alcuni composti sgradevoli dell'uva, sono proibiti, ma si tratta di prodotti poco utilizzati, in generale. I lieviti, usati dagli enologici per produrre il vino per la fermentazione, devono essere di origine biologica. E ci sono alcuni processi, che servono per stabilizzare i vini, che in viticoltura bio non sono consentiti. La limitazione principale per l'enologo che vuole fare un vino biologico è l'aver a disposizione meno dosi di solfiti. Un vino bio ha in media 50 mg/l in meno: per esempio, un rosso biologico può arrivare al massimo a 100 mg/l di solfiti, mentre un rosso convenzionale può arrivare a 150. Va detto comunque che, grazie alle tecniche attuali, non si arriva mai vicino ai limiti, neanche con i vini convenzionali".

Parliamo di qualità del vino biologico. "Le più grandi difficolta sono in vigna, si può risentire del clima sfavorevole. Se una annata è molto piovosa e quindi favorisce l'insorgenza di malattie fungine, un produttore con a disposizione solo rame, che ripetiamolo porta accumulo nei suoli e quindi può impattare l'ambiente, e zolfo fatica molto ad arrivare a una uva di qualità perfetta. L'agricoltura biologica funziona bene in ambienti secchi. In pianura padana è tutto più difficile. Inoltre, se le uve non arrivano a maturazione in uno stato sanitario perfetto, la qualità sarà penalizzata creando rischio di ossidazione dei vini. E l'enologo come risolve? Usando i solfiti, che però, come dicevamo prima, sono limitati nel biologico. Il rischio qualitativo esiste, e vent'anni fa era molto presente in questi vini. Oggi, però, con le conoscenze acquisite, questi problemi non si riscontrano quasi più: mi ritrovo spesso a degustare vini biologici, anche a lezione con gli studenti, e raramente riscontro problemi di ossidazione. La risoluzione di questo problema è certamente anche uno dei motivi che spiega il trend in crescita del vino biologico". 

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