UNIVERSITÀ E SCUOLA

Quando il trucco è terapia per l’anima

“Spesso tendiamo a pensare che le esigenze più prettamente terapeutiche in diretta relazione alla patologia siano le più importanti, ma c’è un altro aspetto da considerare che è la quotidianità della vita del paziente. Concentrandoci sull’efficacia della terapia talvolta ce ne dimentichiamo, diventiamo settoriali e perdiamo un po’ il senso della complessità”. Parte da qui Mauro Alaibac, direttore della Clinica dermatologica dell’azienda ospedaliera/università di Padova, nell’indicare la genesi del nuovo ambulatorio di camouflage attivo da alcuni mesi in ospedale.

Ci sono pazienti che convivono con cicatrici dovute a traumi o a particolari patologie dermatologiche talvolta capaci di sfigurare il volto o altre parti del corpo, altri che hanno ustioni o, ancora, reazioni cutanee problematiche che derivano da particolari tipi di terapia, come quelle utilizzate in ambito oncologico. Oltre a dover affrontare la malattia, il paziente si trova a dover gestire un disagio psicologico nella vita di ogni giorno, nel rapporto con gli altri, oltre che con se stesso, che può avere anche importanti ricadute sulla qualità della vita. Il nuovo ambulatorio di camouflage, nato in seno alla clinica dermatologica di Padova, intende dare una risposta proprio a queste esigenze attraverso il trattamento cosmetologico correttivo. Il trucco viene usato non per abbellire i lineamenti o per stuzzicare la vanità, come di norma accade, ma per aiutare a vivere meglio.

L’idea nasce da lontano e a proporla è Anna Michelotto, del dipartimento di Medicina dell’università di Padova, che lavora in clinica dermatologica. A sostenere il suo progetto Mauro Alaibac, il collega Andrea Saponeri sempre del dipartimento di Medicina, che oggi con Anna presta servizio in ambulatorio, e Rosanna Zannato. L’ambulatorio è attivo ormai da alcuni mesi e da gennaio vi si può accedere con prescrizione del medico specialista.   

Finora sono stati seguiti casi molto diversi tra loro. Si sono rivolti al servizio pazienti con alopecia, con lupus erimatoso, persone sfregiate da cicatrici. Durante una delle sedute Sara (usiamo un nome fittizio) ha raccontato di soffrire del morbo di Crohn con pioderma gangrenoso che la costringeva a coprire sempre le gambe a causa delle ulcere. Teresa, accompagnata dal marito, con timida compostezza ha indicato un deciso arrossamento su una parte del volto, probabile conseguenza di terapie oncologiche, che la imbarazzava quando doveva uscire e incontrare altre persone. Alaibac si sofferma su questo aspetto. “Oggi in ambito oncologico la target therapy è un trattamento sempre più specifico che si sta dimostrando efficace, ma che pone delle problematiche dermatologiche di carattere estetico. Per questo sta aumentando l’esigenza di un servizio come quello offerto dal laboratorio di camouflage, anche perché sembra che quanto più il farmaco è efficace, tanto più le complicanze dermatologiche sono evidenti. C’è una diretta relazione tra complicanze cutanee ed efficacia della terapia, che non può essere sospesa proprio perché se compare la reazione cutanea significa che il farmaco sta facendo effetto. Si possono avere eruzioni di tipo acneiforme o eruzioni resistenti ai trattamenti convenzionali, e il trucco correttivo può rappresentare un supporto al paziente che è già provato da altre situazioni”.

Qualsiasi sia il problema cutaneo per cui i pazienti decidono di rivolgersi all’ambulatorio di camouflage, a emergere durante la seduta è la discrezione, la delicatezza e l’empatia usati con il paziente. Non si tratta di semplice cosmesi, ma di un trucco correttivo che restituisce un’identità, specie quando nei casi più delicati il problema è localizzato sul volto. Il paziente ritrova l’aspetto di un tempo e con esso maggior sicurezza. Si cerca di capire quali motivazioni abbiano spinto la persona a rivolgersi al servizio, quale disagio la animi e, nell’ora a disposizione, si cerca di ottenere un risultato che risponda alla personalità e alle aspettative del paziente. Si lavora soprattutto attraverso l’ascolto. La seduta si articola in due momenti. Anna o il collega Andrea effettuano il trattamento correttivo solo su metà della zona interessata – che si tratti del viso, di un braccio o di una gamba – illustrando al paziente i prodotti che vengono utilizzati (acquistabili in farmacia) e le tecniche per mascherare i difetti. In un secondo momento, è il paziente a completare il lavoro, dimostrando di saper ripetere in modo corretto quanto appreso, così da poter essere autonomo in ogni momento.

Monica Panetto 

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