SOCIETÀ

Un'inclusione possibile

Un vero e proprio festival dell’inclusione ha coinvolto più di mille partecipanti (studenti e dipendenti della nostra università, classi dell’intero ciclo scolastico e insegnanti, operatori socio-sanitari, persone impegnate nel volontariato e cittadini) che a Padova hanno potuto nella settimana dal 26 al 30 aprile visitare la mostra sui Diritti accessibili. La partecipazione delle persone con disabilità per uno sviluppo inclusivo epartecipare agli eventi ad essa correlati.

Una serie di iniziative di cui l’ateneo patavino si è fatto promotore per condividere “come lo sviluppo inclusivo necessiti di cooperazione e azioni coraggiose da parte di tutti, a partire dall’università, e di visioni e strategie che sfidino le logiche deumanizzanti e ci aiutino a costruire vite dense di significato” chiaramente espresso da Laura Nota, delegata del rettore in materia di disabilità.

In questo contesto si è inserito perfettamente l’approfondimento sul tema delle misure di protezione giuridica delle persone vulnerabili come strumenti di “realizzazione” con particolare riguardo ai contesti di cura, che ha visto confrontarsi studiosi, professionisti e l’Associazione Amministratore di Sostegno Onlus coinvolti nel Progetto di ateneo promosso dai dipartimenti di Scienze politiche, Giuridiche e Studi Internazionali, Medicina molecolare e Neuroscienze. Sono passati trent’anni dallo storico convegno tenutosi a Trieste nel 1986 "Un altro diritto per il malato di mente. Esperienze e soggetti della trasformazione" che portò poi all’approvazione della legge 6/2004 istitutiva dell’amministrazione di sostegno,  una vera e propria rivoluzione concettuale con la quale il legislatore riconobbe la necessità di valorizzare le capacità residue, anche se limitate, della persona e di promuovere in ogni caso le inclinazioni personali,nel rispetto delle scelte esistenziali, garantendo la tutela dei diritti fondamentali ed assicurando una misura di protezione personalizzata, adeguata alle concrete esigenze di vita. Si tratta di una misura di protezione profondamente diversa dall'interdizione e dall'inabilitazione, tuttora in vigore seppur modificate e residuali. Il nuovo strumento ha una forte valenza etico-sociale, in quanto tende a promuovere ed, al contempo, presuppone società ed istituzioni inclusive. L’amministratore di sostegno, infatti, ha una funzione di affiancamento del beneficiario, con compiti che non sono predefiniti dalla legge, ma individuati dal Giudice tutelare nel provvedimento di nomina sulla base delle specifiche esigenze; ne consegue che il beneficiario conserva la propria capacità per tutti gli altri settori.

Secondo Paolo Cendon, docente di diritto privato dell’università di Trieste, la legge 6/2004 tutela la persona vulnerabile “senza mortificarla e senza abbandonarla, ponendosi in una logica aggiuntiva a favore della realizzazione della persona rispetto a quella riduttiva dell’interdizione e dell’inabilitazione”.

La duttilità dell’istituto, che si è via via affermato in misura esponenziale, ha comportato inevitabilmente un’applicazione difforme sul territorio, anche sulla base dei diversi approcci e orientamenti interpretativi che hanno prodotto nella pratica disparità di soluzioni da parte dei giudici tutelari con conseguente disorientamento nelle persone interessate e nei loro familiari. Le stesse pratiche dei servizi socio-sanitari, che pure hanno compiti essenziali rispetto all’attivazione, alla costruzione del progetto di sostegno e all’adeguato funzionamento dell’istituto, hanno sviluppato prassi molto difformi. Nell’ambito dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità è stata promossa la redazione di linee guida, frutto di un lavoro interdisciplinare, che si tradurranno in indicazioni operative, motivate dal punto di vista giuridico, psicologico e pedagogico, con lo scopo di assicurare una maggiore uniformità applicativa salvaguardando il miglior interesse della persona nella totalità delle situazioni esistenziali, come il lavoro, la famiglia, il tempo libero, l’affettività. L’amministrazione di sostegno si traduce quindi in uno strumento creativo che non deve e non può porsi in alternativa con la funzione sociale, che deve rimanere in capo ai servizi pubblici, funzionale ai diversi casi di riduzione dell’autonomia.

È necessario continuare l’impegno corale e interdisciplinare per favorire l’inclusione della persona beneficiaria e dell’amministratore di sostegno in una rete di collaborazioni e responsabilità condivisa dai servizi che hanno in cura la persona, che privilegi l’adeguata formazione degli attori coinvolti, stimoli una forte integrazione del settore sanitario con il sociale  e condivida in modo più pregnante lo spirito sottostante la legge pienamente aderente ai principi espressi dalla normativa internazionale ed europea, intesi a valorizzare al massimo le capacità delle persone per costruire una condivisa “cultura dell’inclusione”.

Carla Tonin

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