SOCIETÀ

Elezioni USA: Trump e Biden al rush finale tra tensioni sociali e pandemia

Chiuse le convention le elezioni americane entrano nel vivo, mentre il presidente Donald Trump, dato in forte recupero nei sondaggi, soffia sul fuoco del conflitto sociale e razziale visitando Kenosha, divenuta uno dei punti di riferimento della protesta dopo il ferimento dell'afroamericano Jacob Blake. Una mossa a cui ha prontamente reagito Joe Biden, che a sua volta ha visitato la città del Wisconsin intrattenendosi con la famiglia di Blake.

In questi tempi di crisi economica il voto alle presidenziali di novembre rappresenta sempre più un’incognita: gli americani daranno ancora una volta fiducia al Commander in chief, oppure lo riterranno responsabile del deflagrare del coronavirus e delle tensioni sociali? “La questione della pandemia è interessante perché fin dall’inizio è stata estremamente politicizzata, cosa che non necessariamente doveva accadere – risponde Fabrizio Tonello, politologo esperto di cose americane e storico collaboratore de Il Bo Live –. Invece, un po’ per il carattere di Trump e un po’ perché comunque una gestione federale dell’epidemia non può che portare anche un’intrusione nei sacrosanti diritti degli Stati e del cittadino americano, si è creato questo movimento di opinione che rifiuta di accettare la gravità della situazione, dando adito a una serie di letture cospirative”. Trump a questo riguardo ha sempre parlato di ‘virus cinese’ e si è mostrato solo pochissime volte con la mascherina; “in realtà, se non leggo male i sondaggi, la maggior parte degli americani sono preoccupati e vorrebbero controlli più vigorosi– prosegue Tonello –, quindi è possibile che il presidente alla fine paghi un prezzo politico per la non gestione della pandemia”.

Il punto di Fabrizio Tonello; montaggio di Elisa Speronello

Come influiranno i Riots sulla campagna elettorale? “Parlerei piuttosto di proteste, il termine Riots si adatta più a situazioni come quella del 1992 a Los Angeles, quando ci furono tre giorni di rivolta con oltre 60 morti a seguito dell’assoluzione dei poliziotti che avevano brutalmente pestato Rodney King. Il movimento Black Lives Matter è molto ampio e ha radici che vanno al di là di quello che è successo quest’anno: l’impressione è che i democratici ne avrebbero fatto volentieri a meno, ma gli attivisti non aspettano certo le indicazioni di Biden. Anche perché il razzismo sistemico ha colpito tanto con amministrazioni democratiche che repubblicane, inoltre i dipartimenti polizia dipendono dai politici locali”.

Dopo decenni in cui si è detto che bisognava conquistare gli elettori centristi la politica americana si sta estremizzando? “In realtà la polarizzazione della politica e il restringimento del cosiddetto centro sono fenomeni che hanno già quarant’anni: il primo a capire che si potevano vincere le elezioni mantenendo posizioni estremistiche fu Ronald Reagan. In un sistema in cui c’è un basso tasso di partecipazione al voto gli elettori centristi, indipendenti e incerti spesso non vanno a votare: la vera questione, che influenza tutte le strategie, è portare a votare i propri simpatizzanti. Qui tutti i mezzi sono buoni, anche agitare lo spettro di una guerra civile strisciante come sta facendo Trump”.

La polarizzazione della politica è un fenomeno che ha già quarant’anni: il primo a capirlo fu Reagan

Cosa c’è da aspettarsi dalle ultime settimane di campagna elettorale? “Non credo che Biden si metterà improvvisamente a fare cinque comizi al giorno: la campagna elettorale si farà soprattutto a colpi di spot ma il vero test saranno i tre dibattiti televisivi prima del voto”. Chi è il favorito? “Abbiamo visto che Trump gli avversari timidi se li mangia vivi, di solito riesce a dare una sensazione di energia e di sicurezza anche se magari dice bugie. Biden è in politica da oltre 50 anni ma non sembra a suo agio con gli urlatori e questo potrebbe essere un elemento di vantaggio per il presidente, mentre altri fattori strutturali tendono a favorire il candidato democratico. Per essere riconfermato il presidente dovrebbe vincere in tutti gli Stati chiave in cui ha vinto quattro anni fa”. Negli ultimi anni gli elettori hanno mostrato la tendenza a riconfermare i presidenti in carica per il secondo mandato: sarà così anche stavolta? “La tendenza esiste, ma non dimentichiamo che degli ultimi sei presidenti due non sono stati rieletti. Di solito i presidenti in carica hanno un vantaggio, nel caso di Trump aumentato dalla prepotenza nell’utilizzare i privilegi della carica, ma non dimentichiamo che in molti stati chiave il candidato repubblicano è ancora indietro nei sondaggi”.

SPECIALE Elezioni Usa 2020

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