UNIVERSITÀ E SCUOLA

Una rete mondiale per gli atenei: nasce la diplomazia universitaria

La prospettiva internazionale è divenuta, nel tempo, un elemento chiave nella politica universitaria italiana: oggi il numero di iscritti stranieri, l’intensità degli scambi di studenti e docenti, la cooperazione con istituzioni estere non denotano soltanto, per i nostri atenei, un prestigio che è in sé elemento di richiamo, ma influenzano direttamente i finanziamenti statali al sistema accademico. Se quindi per le nostre università è cruciale ottenere visibilità e iscrizioni fuori d’Italia, si può capire come la “politica estera” dell’alta formazione richieda una vera e propria strategia a lungo termine. Ed è proprio “strategia” il termine usato negli Stati generali per la promozione all’estero della formazione superiore italiana: un simposio che ha visto collaborare ministero degli Esteri, Miur e Crui nella stesura di un documento che prefigura l’azione congiunta con cui dicasteri e conferenza dei rettori intendono rendere l’università italiana sempre meno vincolata a contesti puramente regionali e territoriali. Un progetto che il ministro Fedeli definisce di “diplomazia informale”, perché in grado di promuovere, insieme alla nostra offerta formativa, valori e attrattive culturali e artistiche in grado di accrescere ulteriormente il richiamo verso il nostro Paese.

Il rapporto riassume le conclusioni del gruppo di lavoro istituito un anno fa per avanzare proposte di promozione del nostro sistema universitario oltre i confini nazionali. Tra le azioni suggerite, la mappatura generale degli studenti internazionali già presenti nel sistema italiano, comprendendo anche categorie normalmente non al centro dell’attenzione: ad esempio gli iscritti di cittadinanza italiana che, pur in possesso di un titolo di studio superiore estero, abbiano scelto di tornare da noi per la formazione universitaria. Obiettivo della mappatura è un’analisi dei dati che metta in luce motivazioni e obiettivi, distinguendo i periodi di mobilità breve dalla scelta di conseguire in Italia un titolo di studio. Si dovranno seguire i neolaureati stranieri anche dopo l’ottenimento del titolo: studiare scopi e percorsi degli studenti non italiani servirà a identificare le condizioni ottimali per richiamarne un numero maggiore, favorendone la permanenza nel nostro Paese.

Un capitolo fondamentale è la semplificazione dei passaggi per riconoscere i titoli esteri e garantire i visti necessari per i periodi di studio. Punto chiave, la tempestività e chiarezza nelle procedure di valutazione dei titoli stranieri, che dovranno essere completate con largo anticipo e secondo criteri trasparenti. L’obiettivo è anche permettere di richiedere per tempo, appena ottenuta l’idoneità, il visto per l’ingresso in Italia: in questo senso, il documento suggerisce di elevare la soglia di garanzia economica richiesta agli studenti stranieri (attualmente circa 450 euro al mese). Si ipotizza, infatti, che essendo molto più bassa di quella media europea (800 euro al mese), richiami nel nostro Paese un numero elevato di stranieri “attratti più dai bassi requisiti economico-finanziari che dalla qualità dell’offerta formativa”.

Nella strategia di promozione all’estero del nostro sistema accademico, un ruolo particolare verrà attribuito al portale Universitaly: da pura vetrina di divulgazione dell’offerta formativa, diverrà un portale interattivo pensato anche per gli studenti internazionali, che potranno compiere via web parte delle procedure necessarie per venire a studiare in Italia. Il Miur preparerà anche un catalogo generale in quattro lingue, in versione cartacea e digitale, dell’offerta formativa degli atenei italiani, oltre a materiale multimediale (con l’obiettivo, spiega il documento, di sottolineare le eccellenze formative del nostro Paese, anche nella prospettiva delle relazioni tra “atenei, centri di ricerca e partner industriali”).

Il progetto si sofferma, tra le priorità, sulle strutture di supporto agli studenti internazionali e gli strumenti per facilitarne l’integrazione: si raccomanda di allineare i curriculum di studi “ai parametri internazionali”, rendendo “chiari e condivisibili” per le istituzioni estere i percorsi e i risultati didattici conseguiti.

Tra i canali di promozione del sistema universitario, centrale è la valorizzazione all’estero della lingua e cultura italiana: vi sarà un accesso agevolato agli studi in Italia per gli stranieri che abbiano svolto percorsi scolastici tenuti nella nostra lingua, individuando modalità adeguate di verifica delle conoscenze acquisite; si pensa poi a una struttura ad hoc, sull’esempio del British Council britannico, per promuovere la nostra formazione superiore negli Stati esteri (potenziando il modello della preesistente associazione Uni-Italia). Si caldeggiano anche tutte le forme di collaborazione internazionale tra atenei e l’adozione di accordi bilaterali per il riconoscimento dei titoli di studio e dei periodi svolti all’estero.

La “politica estera” universitaria delineata dal documento si chiude individuando alcune aree mondiali ritenute di particolare interesse per gli atenei italiani. I Paesi strategici vengono suddivisi in tre fasce, secondo l’ordine di priorità. Nella fascia di primario interesse vi sono otto Stati: tre in America (Stati Uniti, Messico, Argentina), tre in Asia (Cina, India, Iran), uno in Africa (Etiopia) e uno mediterraneo (Israele). La seconda fascia comprende altri 25 Stati tra Europa (7), Africa (8), Asia (7) e America (3): tra i Paesi di questa fascia, l’intera Africa mediterranea, la Russia, la Turchia, il Brasile. Al gruppo dei 25 vanno infine aggiunti Ghana, Azerbaijan e Kazakhstan in quanto oggetto di progetti già in corso. Tra i criteri della scelta citati nel documento per identificare le nazioni prioritarie, le aspettative di crescita demografica, la richiesta di formazione nel nostro Paese, le potenzialità di “apporto tecnologico” al nostro sistema.

Martino Periti

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