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Ricerca Unipd: dal pesce zebrafish le risposte alla carenza di ossigeno

Come reagisce l’organismo in caso di ipossia (carenza di ossigeno) e cosa ne innesca la risposta difensiva? L’ossigeno è un elemento fondamentale per la sopravvivenza e non sorprende quindi che si siano evoluti dei meccanismi fisiologici capaci di percepire e rispondere ai cambiamenti della tensione di ossigeno. Nelle cellule, il sensore dell’ossigeno è un fattore di trascrizione chiamato HIF (Hypoxia Inducible Factor), in grado di riprogrammare il metabolismo in risposta alla diminuzione della diponibilità di ossigeno nell'ambiente intracellulare. Fino ad ora tutti gli sforzi per trovare degli attivatori di HIF in vitro hanno permesso di individuare solo un piccolissimo numero di molecole la cui efficacia è ancora dibattuta e il cui uso è limitato all’ambito della ricerca.

Per questo motivo, il team coordinato da Andrea Vettori e Francesco Argenton, del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, ha appositamente progettato e generato degli zebrafish (Danio rerio), animali che per le loro caratteristiche (trasparenza delle larve e ridotte dimensioni) risultano essere uno strumento ideale per analizzare e studiare in vivo le attività del fattore HIF, ed effettuare screening di specifiche vie metaboliche.Utilizzando questo nuovo approccio in-vivo, il team di ricercatori di Padova, in collaborazione con F. van Eeden dell’Università di Sheffield (UK) e Jane McKeating del Target Discovery Institute di Oxford (UK), ha analizzato l’effetto di circa 2000 farmaci già presenti nel repertorio farmaceutico su larve di zebrafish ingegnerizzate.«Grazie a queste analisi e a un approccio multidisciplinare – spiega Francesco Argenton - abbiamo scoperto che diversi anti-infiammatori steroidei (come ad esempio il dexametasone, il prednisolone e il betametasone) sono in grado di aumentare in modo significativo l’attività della via di segnale di risposta all’ipossia, specialmente a livello epatico, anche nell’uomo. Questa scoperta rende quindi evidente che la via di segnale di difesa dall’ipossia non è attivata solo da basse concentrazioni di ossigeno ma anche da altri “mediatori”, tra i quali i glucocorticoidi sembrano essere i più importanti. Considerando il coinvolgimento cruciale della mancanza di ossigeno in molti processi patologici, tra cui l’ischemia, l’ictus, le lesioni del midollo spinale, l’anemia cronica, la capacità di attivare la via di risposta all’ipossia con farmaci già disponibili potrebbe essere in un prossimo futuro di grande aiuto nel trattamento di una varietà di condizioni patologiche molto diffuse nella popolazione umana».

La ricerca è stata pubblicata su Pnas.

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