UNIVERSITÀ E SCUOLA

Scuola 'violenta': "Rotta alleanza genitori-maestri"

La notizia è di questi giorni e si somma alle altre che nelle ultime settimane stanno facendo discutere addetti ai lavori e opinionisti. In una scuola elementare della provincia di Napoli, una maestra è stata aggredita da un genitore con una serie di schiaffi. Episodi di questo tipo non sono infrequenti e spesso i docenti, oltre che con le minacce delle famiglie, devono misurarsi anche con atteggiamenti violenti da parte degli studenti che talora arrivano all’aggressione fisica. Si tratta di una situazione che secondo alcuni sta andando fuori controllo. C’è chi vede in questo stato di cose una rottura dell’alleanza scuola-famiglia e un mancato riconoscimento sociale del ruolo dell’insegnante. Secondo altri la scuola è diventata lo specchio di una società che non mette più l’istruzione tra le sue priorità. Altri ancora parlano di “devozione” dei genitori nei confronti dei figli, a cui difficilmente rispondono con un rifiuto.

“Il rapporto tra scuola e famiglia è sempre più complesso nel tempo” osserva Alessandra Simonelli, direttrice del dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’università di Padova e docente di psicopatologia dello sviluppo, a cui Il Bo si è rivolto per una riflessione sull’argomento. Anni fa i genitori erano alleati degli insegnanti, la parola del docente non era messa in dubbio, mentre le ragioni degli alunni erano di scarso rilievo. “Dagli anni Settanta in poi – spiega – si è venuta a creare una sempre maggiore interazione tra famiglie e scuola, una maggiore apertura e partecipazione reciproca da parte di entrambe. I genitori, d’altra parte, chiedono conto agli insegnanti delle loro scelte didattiche e pedagogiche”. Una richiesta lecita, secondo la docente, quando si mantiene in reciproco rispetto dei ruoli e dei limiti.

Fin dalla primissima infanzia educatori e docenti hanno la responsabilità dello sviluppo, della crescita, dell’educazione di molti bambini per tante ore al giorno ed è giusto, dunque, che la famiglia sia a conoscenza di cosa accade a scuola. Del resto, non sono mancati episodi di maltrattamento nei confronti di bambini da parte di chi invece avrebbe dovuto educarli. “È importante in questo contesto – osserva Simonelli – non superare i confini del proprio ruolo”. Esistono dei limiti entro cui i docenti possono imporre la propria linea educativa e relazionale e dei limiti entro cui i genitori possono esprimere il proprio giudizio e avanzare le proprie richieste. “Nel momento in cui questi limiti vengono superati, possono insorgere rigidità da una parte o dall’altra che generano i conflitti”.  

I ragazzi, oggi, sono considerati preziosi e i genitori frequentemente tendono a proteggerli e a difenderli. “Molti sono i fattori che incidono su questo aspetto: l’età media del concepimento del primo figlio – osserva Simonelli – si è innalzata. Spesso si tratta di bambini unici, a volte nati dopo anni di ricerca, di cure e di interventi e, in generale, incaricati di molte aspettative e desideri da parte degli adulti di riferimento. I genitori sembrano investire molto, tutto, su quell’unica possibilità e questo fa accrescere le ansie e le aspettative”. Garantirli da tutto può venire vissuta come l’unica strada percorribile e chiunque minacci il loro figlio è considerato un nemico.

A fronte delle richieste dei genitori, la scuola però si trova affaticata dalle poche risorse, dalla conseguente scarsa progettualità, da spazi che in molti casi non sono più a misura di bambino. “Negli anni – sottolinea Simonelli – la scuola è stata depauperata di risorse, è diminuito il personale e sono diminuiti i finanziamenti per poter elaborare progetti in grado di rispondere alle richieste dei nuovi bambini e delle nuove famiglie. In molte scuole le classi sono composte per metà da ragazze e ragazzi non madrelingua, da alunni in stato di povertà o analfabetismo genitoriale e altri con disabilità. Contestualmente si è assistito a una riduzione importante delle ore degli insegnanti di sostegno. È evidente che serve un cambio di prospettiva: se il mondo è cambiato, noi dovremmo adeguarci al mondo che cambia”.

Come far fronte alla situazione? Simonelli pone l’accento sull’importanza di figure multidisciplinari all’interno del contesto scolastico che possano creare équipe di lavoro e di consulenti esterni di cui le scuole dovrebbero dotarsi. “Io stessa ho avuto esperienza di insegnanti che si sono rivolti a me per discutere di situazioni difficili e avere un parere esterno e, tuttora, all’università di Padova molti colleghi lavorano in sinergia con le scuole in questa direzione”. Secondo la docente, inoltre, è necessaria una maggiore interconnessione tra le scuole e i professionisti e i servizi territoriali per la famiglia, per l’infanzia, per l’età evolutiva, così da avere un servizio di riferimento che affianca gli insegnanti, oltre che le famiglie, e interviene quando necessario.

Simonelli conclude con un’osservazione. “Forme di conflitto e violenza sono situazioni purtroppo comuni nei contesti di vita dei bambini e degli adolescenti, come nella scuola, ma giornali e politica se ne interessano solo quando accadono fatti così gravi da risaltare in cronaca. È solo in queste occasioni che ci si ferma a riflettere, senza peraltro fare di più. Si tratta invece di situazioni che andrebbero affrontate sempre, nella loro quotidianità. Solo promuovendo una cultura dell’informazione e del pensiero possiamo auspicare che le cose cambino”.    

Monica Panetto

 

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