SOCIETÀ

Bitcoin e criptovalute: opportunità o strumento speculativo?

Blockchain, Bitcoin, criptovalute, da qualche mese a questa parte termini come questi sono diventati d’uso comune: ma cosa sono veramente da un punto di vista legale?

A questa domanda hanno tentato di rispondere professori di diritto commerciale e professionisti, durante un panel organizzato dalla prof.ssa di diritto commerciale dell’università di Padova Claudia Sandei, nell’ambito degli Innovation Talks, una serie di incontri per promuovere e diffondere la cultura dell’innovazione organizzati dall’Ateneo patavino.

Prendendo ad esempio la criptovaluta ad oggi più utilizzata, cioè il Bitcoin, si può dire che questa moneta digitale e virtuale non è altro che uno scambio irreversibile di un valore da un punto A ad un punto B. La peculiarità però, come dichiarato da Marco Speranzin, professore ordinario di Diritto Commerciale all’università di Padova, “è quella di essere virtuale, dematerializzata e con una gestione decentralizzata”. Lo scambio di Bitcoin infatti avviene senza alcuna intermediazione e non esiste la materialità stessa della moneta.

Proprio per questo, quindi, i giuristi riconoscono che la natura stessa della criptovaluta la rende più un prodotto o uno strumento finanziario che una moneta vera e propria. Da un punto di vista legale quindi la risposta non è ancora certa, da un lato infatti si riconosce questo metodo solamente come uno strumento finanziario, dall’altro, autorità federali di vigilanza sui mercati finanziari, come la FINMA svizzera, hanno riconosciuto a tutti gli effetti il Bitcoin come un “token di pagamento”, cioè come una moneta vera e propria con cui poter acquistare prodotti.

Moneta o no è comunque fondamentale capire se le criptovalute sono un’opportunità o un mero strumento speculativo. A questa domanda ha risposto con fermezza Francesco Fiore, co-fondatore di Venetex, un circuito di credito commerciale locale alternativo. “Il Bitcoin ha una sua natura speculativa – ha dichiarato durante l’evento Francesco Fiore -. Il Bitcoin infatti devo comprarlo, devo mettere degli euro sperando di poterlo poi rivendere ad un prezzo maggiore. Questo è il ragionamento che fa la gran parte delle persone, chi acquista dei beni materiali con questa criptovaluta è ancora una percentuale molto bassa”.

La questione rimane aperta. Da un lato il Bitcoin, e la sua rispettiva tecnologia blockchain, rappresentano una rivoluzione, dall’altro i pericoli di questo strumento sono innumerevoli: dai furti tramite attacchi informatici ai wallet (i portafogli digitali in cui sono stipati i Bitcoin) alla possibilità che questo strumento venga usato per il riciclaggio di denaro sporco.

“Ad oggi – ha dichiarato la prof.ssa Claudia Sandei, ideatrice e moderatrice dell’evento – l’ipotesi maggiore è che questo sia uno strumento speculativo. Al momento i dati inducono ad avere molta prudenza da parte degli operatori e degli investitori. Così stanno facendo anche le autorità europee e nazionali. È fondamentale per gli investitori avere prudenza perché questi sono prodotti non solo altamente speculativi, ma anche molto rischiosi in termini concreti quindi in termini di sicurezza per ora non possiamo parificarli agli altri prodotti finanziari. Le valutazione del Bitcoin è data dalle prospettive di utilizzo del Bitcoin, più gente crede in questo strumento più il suo valore cresce, di suo non ha alcun valore perché è semplicemente un algoritmo”.

Valore che invece non viene mutato nel Venetex. Il circuito di credito commerciale infatti funziona come un mercato alternativo un cui un Venetex è equiparato ad un euro. Facendo un esempio concreto potremmo dire che se un’azienda compra 100 bancali al costo di 3 euro ciascuno, invece di pagare con moneta fisica il venditore, se quest’ultimo è inserito nel circuito Venetex, può mettere questi 300 euro nel conto virtuale aperto presso la camera di compensazione del Circuito. Il venditore poi si ritroverebbe con questo credito nel conto da poter spendere usufruendo di beni o servizi di altri iscritti al Venetex. Il “credito” quindi non viene erogato da un’autorità centrale ma sono le stesse imprese a farlo tra di loro.

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