SCIENZA E RICERCA

Circondati dalle previsioni meteo: che ossessione

“Per domani hanno chiamato pioggia” frase che sentiamo spesso, magari detta in dialetto sempre più denso di significati per chi lo ha sentito parlare fin da bambino. Ci ricorda, a pensarci bene, i tempi in cui le avversità meteo, o il bel tempo, volevano dire buon raccolto e sopravvivenza o disgrazia, povertà e carestia. In un’Italia che fino agli anni ’60 del secolo scorso era in gran parte sui campi a faticare e spaccarsi la schiena col lavoro dell’agricoltura le “previsioni” erano basate sui segni del cielo, poco mutati dai tempi di Aristotele in fondo, sulla sequenza delle Lune, per definizione il calendario mensile dei campi, sui proverbi e ricorrenze dei santi e delle feste cattoliche, che erano anch’essi modi di scandire il tempo che passa, prima ancora che modi di onorare santi e Dio.

Forse perché c’era poco da fare nei tentativi di cambiare il tempo atmosferico o difendersene, suppliche, processioni o altro in caso di siccità, disperazione e basta nel caso di inondazioni, frequenti da sempre nel nostro bellissimo quanto fragile Paese, una certa accettazione del mutamento connesso alla meteorologia era presente fin dall’infanzia.

Oggi invece, visto che siamo capaci di vivere a 20 gradi tutto l’anno, sia d’inverno che d’estate, grazie a riscaldamento e condizionamento, sembriamo sempre più irrequieti e insoddisfatti del tempo e delle previsioni che si fanno, arrivate invece a un livello di precisione incredibile. Tanta è l’ansia del “bel tempo”, che ci deve accompagnare specie nelle ferie, che ci si appiglia a ogni tipo di previsione farlocca o catastrofica, specie sulla Rete, ben sapendo che si tratta quasi sempre di iniziative e metodi poco etici di gente che vuole solo attirare utentisul proprio sito per guadagnarci con i famosi “click”, che rendono denaro sonante.

Dai tempi d’oro delle prime previsioni meteo in una TV italiana bonaria, qualche ufficiale dell’Aeronautica che parlava spesso in modo un po’ complesso, il mitico Colonnello Bernacca che ci ha accompagnato negli anni ’70, oggi siamo bersagliati da previsioni meteo continue su tutti i media: radio, tv, rete, newsletter, sms e chi più ne ha più ne metta.  Parlandoci chiaramente i nostri bisogni di previsione sono, nella maggior parte delle volte, capire se pioverà o meno, per poter prendere l’ombrello, e per questo il barometro di casa può essere più che sufficiente. C’è un po’ di ossessione, ammettiamolo, nel modo in cui nell’ultimo decennio ci rapportiamo al meteo e al mutare degli eventi atmosferici, e faremmo bene a liberarcene un po’.

Invece di ottime previsioni meteo e clima, come società civile, abbiamo sempre più bisogno, fanno parte di un sistema tecnologico avanzato di cui non possiamo più fare a meno e che ci fa vivere in modo molto migliore e più sicuro che in passato. Meteo, Gps, telefonia mobile, satelliti di sorveglianza della Terra e delle sue risorse sono strutture che hanno cambiato il mondo negli ultimi 30 anni.

Per quello di cui stiamo parlando basta pensare alle segnalazioni di allerta meteo, fondamentali in un modo che, dal 1950, è passato da 2.5 miliardi di abitanti a quasi 8, con concentrazioni crescenti di persone in città da decine di milioni di abitanti, sempre più a rischio oltretutto.  Venti improvvisi, tornado, forti temporali sono oggi segnalati con ottima precisione in tempi molto brevi, basta pensare al meritorio lavoro dell’Emergency Alert System degli Usa, il primo comparso in ordine di tempo, nel Paese che più di tutti è funestato da tornado distruttivi.  Da noi Protezione Civile e Aeronautica Militare si preoccupano di diramare quotidianamente avvisi sui fenomeni meteo attesi, con relativo grado di allerta.

Ma il meteo è molto importante anche per i voli aerei, durante i quali è fondamentale conoscere per bene le condizioni meteo, temperatura a terra e a varie quote, presenza di nebbia, nubi, pioggia o neve, venti forti e chi più ne ha più ne metta, per avere un volo più sicuro o addirittura per sconsigliare il decollo o dirottare l’atterraggio, in casi estremi.  Oggi poi gli aerei di linea, loro stessi, entrano anche dall’altra parte, diciamo così, nel campo delle previsioni e raccolgono dati oltre che con gli strumenti a bordo anche coi rapporti dei piloti. Analogamente anche le navi e il loro traffico hanno bisogno, per la sicurezza dei viaggi, di previsioni del tempo, che riguarderanno certamente anche parametri specifici come lo stato del mare e dell’atmosfera durante la navigazione.

Per tornare all’inizio di questa chiacchierata pensiamo poi all’agricoltura, storicamente ostaggio del variare delle condizioni meteo, come abbiamo ricordato. Anche il più semplice dei problemi dei campi: quando tagliare il grano, quando effettuare la vendemmia, è influenzato da piogge e altro. L’agricoltura poi è il primo campo in cui si è celebrato il matrimonio fra previsioni meteo e assicurazioni, che hanno messo al riparo dalla piaga della grandine gli agricoltori. Le compagnie assicurative calcolano un rischio appropriato solo se hanno buone statistiche meteo del passato e proiezioni sul futuro del clima. Oggi le più grandi società assicurative impiegano anche meteorologi e il legame fra tempo, agricoltura ed economia è così forte che i contratti future  sui prodotti agricoli in borsa tengono conto pesantemente delle previsioni meteo e clima. Anche se non ci pensiamo e ci sembra tutto molto “normale”, senza ottime previsioni meteo che annunciano, per esempio, un’ondata di caldo in estate, avremmo problemi con la rete elettrica, dato che, con il caldo oramai accendiamo in massa i condizionatori. Eguale discorso d’inverso per le società del gas.

Un altro cliente importante del mercato delle previsioni è quello dei supermercati e grande distribuzione in genere, che dispone prodotti diversi in evidenza a seconda della temperatura e condizioni atmosferiche. Il caso più semplice: ondata di caldo fra 7 giorni eguale a bibite da bere fresche e acqua minerale in richiesta crescente, e nel complesso algoritmo del marketing entra oggi pure questo.

La rete di acquisizione dati per le previsioni meteo è oramai globale, copre tutto il mondo ed è uno dei primi grandi esempi di Big Data. Dalle boe oceaniche ai satelliti, dalle navi agli aerei, alle candide centraline meteo che spesso vediamo, ad esempio, negli aeroporti, tutto confluisce in pochi grandi centro, come il famoso MetOffice di Exeter, UK, che guidò con le sue previsioni la riscossa degli alleati in Europa nel ’43-45. In quel centro un computer con 450.000 unità centrali di processo, Cpu, elabora per ore con modelli matematici fra i più complessi mai sviluppati le previsioni a 24,48 e 72 ore, il massimo che oggi viene ritenuto credibile in termini di alta affidabilità. Oltre, dato che i processi atmosferici sono caotici, in senso matematico, le previsioni debbono essere interpretate come tendenze credibili, ma tendenze.

Le previsioni sono insomma merce, costosa e preziosa, e lo si vede anche dall’esplosione, certo non tutta in positivo, dei siti “privati” che comprano dai grandi centri, come quello citato, le previsioni a prezzi bassi e poi le rivendono al pubblico che le paga coi click al sito. Sembrerebbe un meccanismo innocuo, e per carità non è la fine del mondo, ma la necessità di parecchi di questi siti meteo di esasperare le notizie per sgomitare e mettersi in evidenza rispetto agli altri ha creato una cultura sbagliata e negativa, in cui ogni acquazzone è una pioggia torrenziale mai vista, ogni colpo di bora, famosa dalle nostre parti, è un quasi tornado e così via. Le “bombe d’acqua”, invenzione recente per i temporali da scirocco, sono inflazionate, spesso annunciate e poi manco arrivano mentre le perturbazioni ricevono nomi che incutono terrore, da Minotauro a Minosse. Leggendo questi bollettini sembra a volte che l’Italia passi in poche ore da territorio desertico a nazione invasa dall’alluvione. Non si vuole criticare tutti questi siti, ovvio, ma solo quelli, purtroppo tanti, che creano diseducazione e disaffezione da parte del pubblico, condizionato dal meteo-sensazionalismo.

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A proposito, in onore del ricercato russo pluriomicida che da un mese sfugge alla polizia fra Ferrara e Rovigo, stavamo aspettando per i primi giorni di maggio una “bolla polare” di freddo dal nome un po’ tetro di Igor. D’altronde: Aprile non ti scoprire.

Leopoldo Benacchio

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