SOCIETÀ

I colori? Più social di quanto si pensi

Il rapporto che abbiamo con il colore e l’uso che ne facciamo è molto più sociale di quanto non possiamo immaginare. Nella maggior parte dei casi, però, i significati e le potenzialità comunicative dei colori ci sono sconosciute, o meglio, a meno che non siamo del settore − grafici, designer, pittori, truccatori, stilisti o simili −, ce ne serviamo in modo quasi del tutto inconsapevole. Forse per questo, cioè per il fatto che in buona misura ne disvela i meccanismi, il recente saggio di Riccardo Falcinelli Cromorama. Come il colore ha cambiato il nostro sguardo (Einaudi Stile Libero, 2017, 480 pagine) ha avuto un successo rimarcabile sia in termini di vendite (cinque ristampe in nemmeno tre mesi) che di attenzione mediatica e da parte dei lettori.

Innanzitutto evidenzia una verità spesso dimenticata: l’uso e la disponibilità dei colori è un fatto storico. Oggi ci è dato di comprare una maglietta, lo stesso modello, in blu, in rosso, in giallo, in viola, in lilla, in celeste, in arancio, in amaranto, in pervinca, in ottanio e chi più ne ha più ne metta, mentre in passato gli oggetti potevano essere solo di alcuni colori, e le tinte venivano estratte da terre, pietre, molluschi e piante con procedimenti anche piuttosto elaborati. Il detto pecunia non olet di Vespasiano è, secondo Svetonio, la risposta dell’imperatore al rimprovero del figlio in merito alla tassa sull’urina raccolta nei vespasiani, che veniva infatti usata per la concia e la tintura. O ancora, per un uomo del Rinascimento un dipinto ricco di blu è un dipinto prezioso perché il colore veniva ricavato dal lapislazzulo, quindi l’equazione azzurro=costoso era nella mente del fruitore, all’epoca, immediata e convincente, mentre per noi l’esperienza di un quadro dipinto di blu non comunica nulla in più del suo colore (circa). Accade proprio nel Quattrocento che i committenti comincino a pretendere che la Vergine indossi un mantello blu oltremare (fino ad allora la veste ufficiale della Madonna era scura a simboleggiarne il lutto) perché spesso questi sono banchieri e mercanti che devono la loro ricchezza all’usura così, per riguadagnarsi un pezzo di Paradiso, fanno beneficienza come mecenati e pretendono che la loro generosità si noti. Lo stesso vale per il colore del cielo, che diviene normativamente color lapislazzulo quando è esperienza di tutti che il cielo è tutt’altro che blu, e anzi il suo colore è variabilissimo a seconda dell’ora del giorno, delle stagioni, del luogo, del tempo atmosferico eccetera. Lo sapeva bene Omero che non lo definisce mai così, ma stellato, grande, “come il rame” e anzi, in fatto di colori, il poeta è assai trattenuto: in tutta la sua opera – ottomila esametri − il blu non lo nomina davvero mai. Eppure, nonostante l’evidenza, ai bambini ancora insegniamo a colorare il cielo d’azzurro.

Come spiega Falcinelli, viviamo immersi in un immaginario cromatico che più si fortifica e più origina categorie archetipiche usate per giudicare ciò che ci circonda. Il colore, quindi, è anche un fatto culturale. L’autore fa l’esempio della matita, che per antonomasia è gialla, per tutti, non importa che non ne abbiamo mai usata una di quel colore. Allo stesso modo il cielo è blu. “Desiderare che i segni abbiano a che fare con la realtà è più forte di noi» scrive «ed è facile convincersi che una convenzione sia un fenomeno naturale. Quando suggeriamo ai bambini di colorare il cielo usando un pennarello blu crediamo di evocare un fatto fisico senza renderci conto che stiamo applicando una moda precisa, senza dubbio poetica, codificata tuttavia dagli eleganti usurai del Rinascimento”.

E una moda è anche quella di vestire i bambini di celeste e le bambine di rosa: per tutto l’Ottocento e oltre, era in voga infatti proprio il criterio inverso, che voleva le femmine vestite d’azzurro, come piccole Madonne, e i maschi di rosa, la versione addolcita del rosso fuoco di Marte e della guerra. Cos’ha modificato il canone? L’ingresso nel mondo del consumo, il 9 marzo 1959, della Barbie, un brand tutto rosa che ha letteralmente conquistato le bambine del globo intero. Ecco che, dopo di allora, alla domanda “qual è il tuo colore preferito?” risponderanno all’unisono e senza indugio “il rosa”. Si noti che il quesito stesso è più insidioso di quel che sembra, perché presuppone che a darvi risposta siano già dei consumatori che hanno ben assorbito una delle categorie fondanti dell’epoca contemporanea: la preminenza dell’individualità e della possibilità (e del gusto) di scegliere.

A questo proposito, analizzando il film di animazione La Bella e la Bestia prodotto dalla Walt Disney nel 1991, emerge come la lettura attraverso i colori suggerisca un ideale ben più moderno del fine che ispirò l’autrice del plot, Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, nel Settecento, ossia quello di convincere le giovani fanciulle che i matrimoni combinati per loro con “bestie”, uomini più vecchi e poco attraenti, si sarebbero potuti trasformare, con un po’ di impegno, in fiabe, se non proprio d’amore, in ogni caso a lieto fine.

Belle all’inizio del film veste di blu, che da Madame Bovary in poi, è il colore del romanticismo, ma che in questo caso rappresenta anche la fierezza di essere sé stessi (lo stesso vale per Elsa di Frozen, 22 anni dopo); quando però s’innamora, si presenta al ballo con la Bestia (opportunamente vestita con giacca blu e gilet giallo, come il giovane Werther) indossando un ricco abito giallo-razionalità. “Per Belle non si tratta solo di domare la Bestia, deve anche imparare ad arginare le pulsioni romanticheggianti che la tengono staccata dalla vita vera, […] mutare l’illusione in pragmatismo […] mitigando il blu Bovary con il giallo della concretezza» chiosa Falcinelli.

Questo e altro possono i colori, oggi più di un tempo, perché l’industria ha contribuito a rendere caleidoscopica la loro disponibilità e il loro utilizzo, permettendoci così di pensarli in astratto, slegandoli cioè dagli oggetti di cui sono attributo.

In altre parole, oggi abbiamo “stacc[ato] per sempre il blu dal mare”, e dal cielo.

Valentina Berengo

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