SCIENZA E RICERCA

Creative Commons compie 10 anni

Il 16 dicembre 2012 Creative Commons festeggia il suo decimo compleanno, con oltre 500 milioni di contenuti di rete pubblicati con licenza aperta CC, di cui il 10% sono articoli scientifici. Oltre 230 milioni le foto su Flickr. Un successo innegabile e dagli effetti profondi: la licenza Creative Commons, le cui chiavi sono flessibilità e condivisione, ha consentito di sfuggire al dilemma secco fra copyright e contenuto completamente aperto, innescando una vera e propria rivoluzione nelle modalità di circolazione e distribuzione dei contenuti da parte degli autori.

L’iniziativa nasce nel 2002 dall’idea del giurista ed attivista per i diritti digitali Lawrence (Larry) Lessig, docente di diritto prima a Stanford e attualmente ad Harvard, dove ha fondato e dirige lo Stanford Center for Internet and Society. In quegli anni accanto ai movimenti orientati all’Open Access promossi da bibliotecari e responsabili di archivi cartacei o digitali e ai movimenti correlati al software libero, si formarono in vari Paesi gruppi di esperti di tecnologia e di legislazione orientati ad elaborare strumenti che consentissero di superare le rigidità del copyright. Da qui ebbe origine l'organizzazione senza fini di lucro Creative Commons, con sede a San Francisco: si apriva così uno spazio legale rivolto agli autori che vogliono rendere il proprio lavoro disponibile in forma gratuita in rete. Fin dal 2004 esiste la versione italiana delle licenze CC ed è disponibile un sito italiano, Creative Commons.it, che continua a svilupparsi grazie al contributo del Centro Nexa su Internet e Società, un centro di ricerca del Dipartimento di Automatica e Informatica del Politecnico di Torino che studia Internet secondo un approccio multidisciplinare: tecnico, giuridico ed economico.

Lessig fondò Creative Commons – di cui attualmente è amministratore delegato - con lo scopo di combattere l’iper-regolamentazione nel mondo della proprietà intellettuale. Oltre ad essere stato consulente governativo nella causa contro Microsoft, il “cybergiurista” Lessig è membro del consiglio direttivo della Electronic Frontier Foundation. Realtà per nulla marginali, anzi: quando il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama lanciò il sito web governativo della Casa Bianca, incorporò fin dall’inizio la licenza Creative Commons 3.0.

L'obiettivo di Creative Commons fin dal suo sorgere era quello di accrescere il numero di contenuti digitali liberamente condivisibili e distribuibili. Fin da subito l’iniziativa apparve assai interessante anche per il mondo della ricerca e della didattica proprio perché attraverso lo strumento legale della licenza, Creative Commons permette agli autori di gestire autonomamente i diritti sulle proprie opere verso i fruitori della rete. Il mondo accademico ha abbracciato nel 2005 Science Common, e da allora l’editoria accademica ha iniziato a creare riviste Open Access munite di licenze CC. Fra le più prestigiose, esperienze quali PLoS negli Stati Uniti, BioMed Central in Gran Bretagna o Hindawi in Egitto. Le licenze Creative Commons infatti si stanno espandendo a macchia d’olio quali strumenti ormai familiari all’utente della rete: la licenza CC concede ai fruitori maggiori libertà, e laddove l’autore lo consente – dichiarandolo nella licenza – è possibile modificare l’opera originale e creare opere derivate – ad esempio, integrando una ricerca, un articolo scientifico - che contribuiscono a loro volta alla diffusione della cultura e della conoscenza, mantenendo la stessa tipologia di licenza. Secondo la definizione che Creative Commons dà del proprio funzionamento su Wukipedia,“La missione di Creative Commons è ben rappresentata dal logo dell'organizzazione (CC), che rappresenta una via di mezzo tra il rigido modello del copyright (C) (Tutti i diritti riservati, All rights reserved e quello invece di pubblico dominio (PD) (Nessun diritto riservato, No rights reserved), introducendo il nuovo concetto appunto di Alcuni diritti riservati (some rights reserved)”. Tali licenze nascono dall'esigenza di permettere la libera circolazione di materiale creativo protetto dal diritto d'autore, dal momento che sono ispirate al modello “alcuni diritti riservati”: gli stessi autori decidono cosa si può fare e cosa no sulle proprie opere. Un meccanismo molto simile alle licenze GPL/GNU che regolano la distribuzione del software libero. 

Una licenza, in generale, è uno strumento giuridico che trasmette un diritto, accompagnato da una promessa, da parte del concedente, di non citare in giudizio il beneficiario, qualora tale diritto venisse esercitato; è una sorta di autorizzazione a fare qualche cosa o a usare un bene altrimenti esclusivo. Nel contesto delle norme sui diritti di proprietà, una licenza è un permesso unilaterale di usare una proprietà di qualcun altro. Così avviene anche per i beni immateriali. 

Nella prassi, mutuando le categorie delle licenze del software, si usa distinguere tra due macro-tipologie di licenze anche in relazione alla pubblicazione e diffusione di dati ed informazioni: le licenze di tipo“closed” (chiuse) e le licenze di tipo“open” (aperte).

A differenza delle licenze di tipo “closed” le licenze “open” più che stabilire quali sono i limiti di utilizzabilità del dato, tendono a garantire una serie di diritti a chi viene a disporre delle informazioni. Nel contesto digitale, una licenza serve a descrivere le condizioni di utilizzo in base alle quali quel file può essere utilizzato. Le licenze aperte rendono evidente l’attribuzione di paternità dell’opera La libera ridistribuzione è la condizione base di ogni licenza “open”, a differenza di quanto previsto dalla legge che pone delle pesanti restrizioni al diritto di riproduzione/distribuzione.

Dal punto di vista tecnico, Creative Commons poggia su un sistema atto a rendere l’opera immediatamente riconoscibile come “risorsa open” dai motori di ricerca di rete. Questo avviene grazie a opportuni metadati tecnici per la gestione dei diritti che catturano risorse – in fase di ricerca da parte dell’utente – disponibili ad accesso gratuito e/o modificabili. 

La licenza CC si presenta con tre volti differenti: uno per l’utente comune, con simbologia chiara ed efficace, la seconda per il giurista, attraverso la presentazione di una licenza perfettamente legale e calata nella legislazione di quello specifico Paese, la terza per la macchina che funziona tramite la lettura dei metadati in formato standard da parte dei metamotori.

Una prima parte delle licenze indica quali sono le libertà che l'autore vuole concedere alla sua opera ed una seconda parte che chiarisce a quali condizioni è possibile utilizzare la stessa. In generale, si può affermare che la prima parte fa sempre riferimento alla libertà di copiare (nel senso di riprodurre e non di plagiare) e alla libertà di distribuire l'opera. Ciò si realizza attraverso l'attribuzione della libertà di «riprodurre, distribuire,comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare l'opera». Al contrario, solo alcune delle licenze consentono anche la modifica dell'opera, attribuendo esplicitamente tale diritto. 

La seconda parte delle licenze prevede l’individuazione delle condizioni per l'utilizzo dell'opera. 

È qui che se ne possono evidenziare le caratteristiche di grande semplicità e flessibilità. Infatti, il titolare dell'opera ha a disposizione quattro clausole di base che possono essere agevolmente utilizzate creando delle vere e proprie combinazioni di diritti e  ottenendo una licenza specifica capace di rispondere in maniera quanto più efficace possibile alle sue esigenze. 

In particolare, le quattro clausole individuate dalle licenze Creative Commons sono:

  • Attribuzione (BY). Questa clausola impone che si debba riconoscere la paternità dell'opera all'autore originario. Si tratta di una clausola sempre presente in tutte le tipologie di licenze CC e con la stessa viene imposto di segnalare sempre la fonte. Uno dei problemi da considerare è quellodell’attribution stacking nel caso di set di dati laddove l’utente può essere legalmente obbligato ad attribuire a tutti i collaboratori – alle volte una folla di persone – l’origine dei dati di insieme. 
  • Non uso commerciale (NC). Tale clausola impone che il riutilizzo dell'opera non sia consentito per fini commerciali. Tuttavia, occorre precisarne la portata: infatti, essa indica che se si distribuiscono copie dell'opera, non si può farlo in una maniera tale che sia prevalentemente perseguito un vantaggio commerciale o un compenso monetario. Per utilizzare in tal senso il materiale distribuito, è necessario chiedere uno specifico consenso all'autore. 
  • Non opere derivate (ND). L'applicazione di tale clausola indica l'impossibilità di trasformare, alterare o modificare l'opera. Anche in tal caso, come accade per la clausola non commerciale, qualora si volessero realizzare opere derivate sarebbe necessario ottenere uno specifico permesso da parte dell'autore originario
  • Condividi allo stesso modo (SA). E' anche conosciuta come clausola virale della licenza (tecnicamente clausola di persistenza). Infatti, se applicata stabilisce che l'alterazione, trasformazione o sviluppo dell'opera, obbliga a redistribuire l'opera risultante soltanto per mezzo di una licenza identica a quella attribuita all'opera originaria. Tale clausola garantisce che le libertà concesse dall'autore, siano attribuite anche alle opere derivate. 

Le sei licenze generate dalle quattro clausole sono le seguenti, partendo dalla più aperta alla più restrittiva:

  1. Attribuzione – Solo attribuzione CC BY
  2. Attribuzione - Condividi allo stesso modo CC BY-SA 
  3. Attribuzione - Non opere derivate CC BY-ND 
  4. Attribuzione - Non commerciale CC BY-NC 
  5. Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo CC BY-NC-SA 
  6. Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate CC BY-NC-ND 

Oltre a queste esiste anche la licenza CC0 ovvero “nessun diritto riservato”, qualora l’autore voglia rendere di pubblico dominio il proprio lavoro. In questa direzione è attivo anche il protocollo CC Plus che permette di creare accordi personalizzati in maniera semplice e immediata, indicando quali ulteriori permessi sono eventualmente associati ad un'opera licenziata sotto CC e in che modo usufruire di tali permessi. CC Plus, infatti, permette di indicare in maniera immediatamente comprensibile - sia per gli utenti umani sia per i programmi - che una data opera può essere soggetta, previo accordo, ad utilizzi non coperti dalla particolare licenza CC scelta, specificando l'entità che gestisce i diritti relativi a tali utilizzi. 

Antonella De Robbio

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