UNIVERSITÀ E SCUOLA

L’invasione degli ultracorpi

Chi ha studiato o insegnato all’estero si era accorto del fenomeno già da tempo, ma ora l’abitudine sta diffondendosi anche in Italia: computer, iPad e telefonini hanno fatto la loro comparsa nelle aule. Sebbene i laptop fossero apparsi sul mercato già negli anni Ottanta, è stato soltanto dal 2000 in poi che l’abbassamento dei prezzi ne ha consentito una diffusione di massa intergenerazionale. È allora che nelle aule delle università americane cominciarono a vedersi i primi studenti utilizzare il proprio computer portatile. Inizialmente sembrò soltanto un modo più moderno per prendere appunti o per registrare la lezione. E le scuole e le università abbracciarono con entusiasmo la novità, installando reti wireless gratuite e invitando i docenti a stimolare l’apprendimento attraverso ricerche online. Ci fu chi si interrogò sulla morte dell’appunto cartaceo e sulle difficoltà di creare su un foglio elettronico tutte quelle strutture grafiche di organizzazione e gerarchizzazione degli appunti che decine di generazioni hanno saputo annotare su carta. Ma tutto questo sembrò soltanto ostinazione passatista.

Negli Stati Uniti, già anni fa si aprirono discussioni sull’eventualità di mettere al bando i computer e iPad nelle aule di lezione poiché le cronache iniziarono a riportare notizie di studenti sorpresi a sfidarsi in giochi di ruolo in rete, a chattare e perfino a navigare su siti pornografici. Un problema tutt’ora particolarmente sentito, anche perché gli iPad sono diffusi anche tra gli studenti delle scuole elementari americane e sono considerati uno strumento d’apprendimento essenziale. Una ricerca del Center for Research on Learning and Teaching dell’Università del Michigan ha messo in luce che per il 75% degli studenti l’uso del laptop o iPad durante le lezioni permette di aumentare il tempo speso in attività extra-scolastiche. Inoltre il 35% degli intervistati ammette che durante le lezioni si naviga per più di dieci minuti sui social network o si mandano email. Anche a seguito di questo tipo di rilevazioni, il numero dei professori universitari che hanno proibito l’uso di strumenti elettronici durante le loro ore di lezione è aumentato. Per molti docenti, computer e iPad  sono uno strumento di distrazione e anche un’offesa alle regole della buona educazione: si tratta di un comportamento offensivo per il docente e per i compagni di corso, specie se ciò avviene durante una discussione in classe. Con la proliferazione di smartphone e iPad la miniaturizzazione degli strumenti rende gli stessi più facili da occultare. Negli Stati Uniti ogni docente ha la facoltà di imporre le proprie regole di comportamento, nella convinzione che, specie nelle università d’elite dove la retta annuale supera i 50.000 dollari, lo studente non abbia alcun interesse a distrarsi durante le ore di lezione. L’idea è poi quella che le aule universitarie siano un luogo dove il tempo rallenti e lo studente possa pensare e riflettere con calma e profondità. Un lusso che in seguito molti allievi non potranno certo permettersi.

Nelle aule universitarie italiane non si vedono ancora così tanti laptop, forse anche perché in alcune di esse gli studenti non hanno uno spazio su cui appoggiarli fisicamente. Certamente nelle borsette e nelle tasche degli studenti ci sono parecchi smartphone, che possono distrarre i meno motivati. Sono pochi, tuttavia, i professori che mettono al bando portatili e telefonini durante le loro lezioni, malgrado studiosi come il filosofo Roberto Casati insistano che la scuola dovrebbe essere uno spazio libero da quelle tecnologie invasive che già dominano il resto della nostra vita. Avere qualche ora in uno spazio dove poter capire che la lentezza e la fatica sono necessarie più delle connessioni istantanee avrebbe un valore educativo.

Marco Morini

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