CULTURA

La rivincita del best seller

Un milione di copie vendute per l'edizione originale, in Italia è in classifica tra i primi dieci: La verità sul caso Harry Quebert di Joël Dicker (ginevrino, classe 1985, al suo secondo romanzo) pare destinato a diventare un best seller.

Gli ingredienti ce li ha tutti: è un giallo (pubblicato da Bompiani nella collana “Narratori stranieri” e non in una di genere, ma ci pensa la copertina a fare chiarezza al lettore dell’autogrill), sfiora le 800 pagine (Stieg Larsson docet) e ti tiene incollato dalla prima parola all’ultima, con una sfilza di colpi di scena ben congeniati e una scrittura limpida che non distrae dalla trama e al contempo nulla toglie alla ricchezza della prosa.

Eppure augurargli un tale destino non gli rende merito: quello che Dicker ha scritto è un gran bel romanzo di formazione, che – accidentalmente – si snoda attorno ad un omicidio. Un libro affascinante e capace di colpire a fondo i suoi lettori, non semplicemente un libro perfettamente congegnato per vendere molto.

Seguiamo le vicende di un giovane scrittore di talento che, dopo il primo successo, non riesce a scrivere più neppure una riga. Con la sindrome della pagina bianca, decide quindi di cercare aiuto dal suo professore universitario di lettere, l’Harry Quebert del titolo, a sua volta consacrato all’Olimpo degli scrittori per Le origini del male, romanzo pubblicato negli anni Settanta. Tra i due intercorre un rapporto ben più profondo di quello studente-professore, essendo reciprocamente l’uno per l’altro il figlio mai avuto ed il maestro di vita e di scrittura. Il giovane si ritrova così a raggiungere il vecchio scrittore nella sua casa nel New Hampshire per inseguire l’ispirazione e intanto tirare di boxe insieme e confrontarsi sulla vita.

Nel piccolo paese Quebert è considerato un mito, per il successo raggiunto col suo romanzo migliore, insegnato persino nelle scuole, fino a quando non verrà ritrovato, sepolto nel suo giardino, il cadavere di una ragazza di 15 anni data per dispersa 33 anni prima, e, insieme, una sacca contente il manoscritto de Le origini del male. Toccherà al giovane scrittore scagionare il maestro, innamorato in quegli anni proprio della giovane, e lo farà attraverso la letteratura, scrivendo e pubblicando quel romanzo che gli riconsegnerà il successo.

Il percorso sarà però disseminato di tappe, che nella scrittura così come nel procedere degli eventi, lo porteranno a sovrapporre il passato ed il presente, la verità con la finzione, letteraria ed umana: è il duplice percorso di chi svela un mistero, conosce la vita e insieme ne costruisce una seconda sulla carta, a sfidare quella vera.

C’è ben di più che la semplice alternanza del tempo presente e del tempo passato, o dell’indagine del giovane scrittore assistito dallo scorbutico sergente (sembra la sceneggiatura perfetta per un film di Clint Eastwood, nell’America dei boschi e dei motel gestiti da femmes fatales, che richiama alla memoria l’atmosfera dei romanzi di James M. Cain) in questo libro. Dicker ha scritto un romanzo sulla verità, sul senso della realtà, sulle ingiustizie della vita, sul destino di ciascuno, sull'ambizione, sulla scrittura, intesa come ricerca individuale, come processo di mercato, e, per fortuna – e per forza –, come mezzo sociale di conoscenza.

L'autore, infatti, non teme di sviscerare neppure l'aspetto meno nobile della letteratura contemporanea, di cui sono inevitabilmente vittime i suoi protagonisti (e forse anche lui?): per essere considerati grandi scrittori, o anche solo trovare una casa editrice che ti pubblichi un romanzo, c’è bisogno che l'editore intravveda la possibilità di far soldi, vendendo migliaia di copie al pubblico di massa

Ma quale dei romanzi che costellano il suo “meta-romanzo” (c’è il capolavoro del maestro, un suo inedito scritto all’epoca dei fatti burrascosi, il romanzo-verità del giovane scrittore, e infine il libro che il lettore tiene tra le mani), ammesso che ce ne sia uno, ricalca la verità?

Quando poi, a storia conclusa, il lettore arriva ai ringraziamenti e ci trova il riferimento al bibliotecario del paese, che viene citato come aveva espressamente chiesto al protagonista di essere ringraziato nel suo romanzo, allora un brivido sale lungo la schiena: i piani si sono sovrapposti al punto da non distinguersi più. Non resta che provare a leggerlo, questo intreccio di romanzi e, se ci si riesce, a districarli. Se poi saranno in tanti a farlo, non c’è speranza: La verità sul caso Harry Quebert diventerà un best seller.

Valentina Berengo

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