UNIVERSITÀ E SCUOLA

Gli atenei sceglieranno gli obiettivi e il Miur deciderà se finanziarli

Più merito, più orientamento, più relazioni internazionali, più giovani ricercatori, ma anche maggiore autonomia nel fissare gli obiettivi e nell’offerta formativa: sono le parole d’ordine del Miur per la programmazione delle università per il triennio 2016/2018, che trova sintesi nel decreto con cui il ministero ha tracciato le linee che gli atenei dovranno seguire per ottenere fondi e accreditare corsi e sedi didattiche.

Il Fondo di finanziamento ordinario prosegue nella costante riduzione delle voci non basate sui risultati e sul rispetto di parametri prefissati. Sulla quota base inciderà sempre più il criterio del “costo standard per studente in corso”, che considera le spese sostenute da ogni ateneo in proporzione all’offerta formativa e agli studenti in regola con la durata del proprio corso. Questa voce peserà sulla quota base per il 28% quest’anno, ma nel 2017 si passerà a un’incidenza del 30-35% (minimo e massimo), per arrivare al 35-40% nel 2018.

La quota premiale, che per il 2016 è fissata a un minimo del 20%, passerà al 22% nel 2017 e al 24% nel 2018. Gran parte del “premio” (almeno il 60%) sarà determinato dai risultati della ricerca (per il 2016 si attendono gli esiti della nuova tornata di valutazione), mentre un minimo del 20% sarà assegnato in base alle politiche di reclutamento. L’ultimo 20% è la grossa novità di quest’anno: saranno gli stessi atenei, infatti, a decidere su quali parametri essere giudicati per l’assegnazione di questa “fetta”, scegliendo in una rosa di criteri fissati dal ministero (la logica, ha spiegato il ministro Giannini, è di valorizzare “l’autonomia responsabile degli atenei”, puntando a una maggiore specializzazione, perché “al Paese non servono università tutte uguali”). Solo per quest’anno, in attesa che l’”autonomia responsabile” vada a regime, il relativo 20% sarà assegnato secondo criteri di transizione, indicati nel decreto che distribuirà la quota premiale 2016.

Ma quali sono i parametri tra i quali, dall’anno prossimo, le università dovranno scegliere i punti di forza su cui essere giudicate? Il decreto stabilisce tre gruppi di indicatori. Il primo si richiama alla “qualità dell’ambiente di ricerca”, ma in verità si valuta soprattutto quanto un ateneo riesca ad attrarre studiosi (professori e dottorandi) dall’esterno. Il secondo è relativo alla “qualità della didattica”: rapporto numerico studenti/docenti, laureati entro la durata standard del corso, iscritti alle lauree magistrali provenienti da un altro ateneo, iscritti in corso che acquisiscono un numero minimo di crediti. L’ultimo riguarda le “strategie di internazionalizzazione”, e valuta i crediti conseguiti all’estero dagli studenti e dai laureati, e quanti iscritti e dottorandi abbiano conseguito il proprio titolo di studio fuori dall’Italia.

Entro il prossimo 20 dicembre ogni ateneo è tenuto a selezionare e comunicare al Miur, “coerentemente con la propria programmazione strategica, specializzazione e vocazione”, un indicatore per ognuna delle due aree scelte tra le tre prefissate. Altra novità: per rispondere alle critiche venute dagli atenei del Sud, si stabilisce per la prima volta che i risultati in base ai quali verrà giudicata l’“autonomia responsabile” degli atenei (e di conseguenza erogata questa frazione della quota) verranno aumentati del 10% per le università del Centro Italia e del 20% per le università del Sud (e isole).

Altra voce triennale dell’Ffo pianificata dal decreto è la quota riservata alla programmazione: sono circa 56,5 milioni per quest’anno, ridotti a 50 per i due anni seguenti. In questo caso gli atenei hanno 90 giorni di tempo per inviare al ministero il documento di programmazione. Si possono scegliere al massimo due obiettivi sui tre individuati dal Miur: “miglioramento dei risultati” (che in realtà riguarda orientamento, tutorato, corsi internazionali); modernizzazione di strutture e metodologie didattiche; assunzione di ricercatori, mobilità e premi per i docenti. I progetti verranno esaminati da un comitato composto da rappresentanti di Miur e Anvur; l’erogazione dei fondi, anticipati in via provvisoria, potrà essere riveduta al ribasso al termine del triennio nel caso di scostamento dagli obiettivi.

Sul piano didattico, il decreto offre una maggiore libertà agli atenei nel definire la propria offerta formativa, prevedendo la possibilità di utilizzare, rispetto a quelli presenti nelle tabelle ministeriali, ulteriori settori scientifico-disciplinari negli ambiti delle attività di base o caratterizzanti. Per l’accreditamento dei corsi verrà riservato un particolare favore a quelli offerti in lingua straniera o in collaborazione con atenei esteri, oppure a quelli con specifici programmi di mobilità internazionale.

Importante, infine, l’apertura alle chiamate dirette dei vincitori di borse Erc (Consiglio europeo della ricerca). Il decreto modifica la normativa vigente, stabilendo che i vincitori dei tre programmi (Starting, Consolidator e Advanced Grant, destinati agli scienziati nelle diverse fasi della carriera), purché accreditati come “principal investigator” dei progetti premiati, possono essere destinatari di chiamata diretta per posti di ricercatore di tipo b, professore associato e ordinario: viene quindi eliminata la precedente correlazione obbligatoria tra tipo di borsa vinta e specifica posizione accademica oggetto di chiamata. Una novità molto attesa, che potrebbe attrarre in Italia parecchi giovani studiosi attivi all’estero.

Martino Periti

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