UNIVERSITÀ E SCUOLA

Padova, le ambizioni di un ateneo nel sistema che frena i migliori

Quali sfide si trova ad affrontare oggi un grande ateneo italiano, costretto tra vincoli di legge, ambizioni di crescita, aspirazioni a un maggiore respiro internazionale? Molte indicazioni utili possono arrivare dai periodici rapporti del Nucleo di valutazione, organo previsto per ogni università con il compito di valutarne la gestione dei fondi pubblici, la qualità di ricerca e didattica, la gestione amministrativa. Anche Padova si trova, ogni anno, a confrontarsi con l'analisi di questo collegio di esperti, tradizionalmente presieduto da un componente esterno all'ateneo (attualmente è il sociologo Alberto Martinelli, dell'Università di Milano). La recente pubblicazione del rapporto 2012-2013 è quindi l'occasione non solo per scandagliare punti di forza e aspetti critici della sede padovana, ma per trarre spunti che (con le necessarie distinzioni) possono far luce sulla situazione di altri atenei che, nel Paese, possiedono le caratteristiche di Padova: grandi dimensioni, completezza dell'offerta formativa, forte radicamento territoriale, parametri finanziari in regola, standard qualitativi di fascia alta.

Vediamo dunque una scelta di dati significativi tra quelli che permettono una comparazione con altre sedi dalle caratteristiche analoghe.

L'analisi da cui iniziare è, necessariamente, lo stato dell'Ffo, il fondo ministeriale che ha costituito la gran parte dei 333 milioni di entrate statali dell'ateneo (il totale delle entrate complessive 2012 per Padova è di circa 583 milioni e mezzo). Nel 2012 la quota Ffo assegnata a Padova è stata di 284,6 milioni: un totale che nel 2013 è calato a circa 276 milioni, con una riduzione di oltre il 3%, effetto del drastico taglio operato al fondo a livello nazionale.

Più che il dato assoluto (Padova riceve la quarta quota Ffo complessiva in Italia) ciò che conta è valutare l'incidenza della quota premiale, la parte di Ffo destinata a valorizzare gli atenei d'eccellenza. Il "premio" assegnato a Padova nel 2013 è di circa 44,5 milioni: il terzo più alto dopo Bologna e Roma La Sapienza. Eccellente è anche il dato che spiega quanto incide, per Padova, la quota premiale assegnatale rispetto all'Ffo totale che le spetta: nella graduatoria nazionale 2012 Padova era al dodicesimo posto, mentre nel 2013 raggiunge il quarto posto assoluto. Il "peso" della sua quota premiale oggi è il 16,1% dell'assegnazione complessiva. A fronte di questi dati, risulta però frustrante constatare quanto le logiche ministeriali abbiano penalizzato gli atenei con le migliori performance: i pesanti correttivi che hanno evitato alle università "non virtuose" tagli troppo pesanti, uniti alla generale riduzione dei finanziamenti, hanno fatto sì che nel 2013 ben 55 atenei su 63 abbiano ottenuto una quota complessiva di Ffo inferiore a quella dell'anno precedente. Il sistema premiale, dunque, serve a poco, se non accompagnato da un ripensamento dei criteri di assegnazione dell'Ffo: la stessa procedura di valutazione della qualità della ricerca (che ha visto Padova al primo posto) è stata vanificata dai troppi interventi perequativi e dalle poche risorse a disposizione. Una logica ancora troppo legata ai "contributi a pioggia", che tiene conto in modo molto limitato degli indicatori di gestione finanziaria (per il Bo del tutto lusinghieri nel quadro nazionale).

Nella generale crisi del numero di nuovi accessi al sistema universitario, Padova ottiene un buon risultato. Se in Italia negli ultimi cinque anni accademici gli immatricolati sono calati del 12,4%, l'ateneo padovano registra una tenuta soddisfacente: gli immatricolati 2012/2013 sono 10.297, in aumento (1,3%) rispetto all'anno precedente e sostanzialmente stabili negli ultimi cinque anni. Nella media dei grandi atenei, invece, è il tasso di abbandoni degli studenti dopo il primo anno: 14,7%.

Se l'andamento dei nuovi ingressi è buono, una sfida è sicuramente la capacità di attrarre persone da altre aree del Paese e dall'estero. Nel 2011-2012 solo il 12,7% degli immatricolati, infatti, proviene da regioni diverse dal Veneto, e solo il 3,6% è straniero: sono fronti su cui agire anche in ragione del divario esistente rispetto agli altri grandi atenei. È però vero che i dati cambiano se si considerano i livelli più alti di istruzione accademica. Nel caso delle scuole di specializzazione, gli iscritti stranieri sono il 6,1%, dato che sale a quasi il 10% per i dottorandi ed è ancora migliore per gli iscritti ai master di primo livello (è straniero l'11,9% degli iscritti). Sempre riguardo alla dimensione internazionale, Padova è in linea con gli altri grandi atenei per i flussi di studenti Erasmus in uscita (2%) e in entrata (1,2%): valori in crescita e più che buoni nel quadro nazionale, ma sicuramente migliorabili.

Tra i dati relativi al personale docente, un punto critico si rivela la presenza femminile soprattutto riguardo ai professori ordinari (le donne sono il 18%). Il 33% degli associati è donna, contro il 43% dei ricercatori (dato, quest'ultimo, un po' più vicino alla media degli altri atenei di riferimento). Ottimo, invece, il rapporto numerico tra studenti e "docenti equivalenti" (l'insieme dei docenti, considerati con "pesi" diversi a seconda della qualifica ricoperta). Padova ha 40,6 studenti a docente equivalente, mentre quasi tutti gli altri grandi atenei ne hanno un numero considerevolmente maggiore. Ugualmente positivo, in senso inverso, è l'indicatore del numero di dottorandi e assegnisti rispetto al totale dei docenti: a Padova il rapporto è di 0,69 (dottorandi/docenti) e 0,40 (assegnisti/docenti), tra i più alti in Italia.

Good Practice 2012, indagine ad ampio raggio sui servizi e l'organizzazione in 21 atenei, ha misurato il grado di soddisfazione di studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo. Per Padova i risultati sono pari o superiori alla media in metà dei settori analizzati. Da migliorare, invece, alcuni aspetti organizzativi, di programmazione e sviluppo delle professionalità. Eccellenti, infine, i dati Almalaurea 2012 sugli esiti occupazionali dei laureati magistrali a Padova, anche nel confronto con le altre grandi università. A un anno dal titolo, il 60% dei laureati lavora e il 15% prosegue gli studi o compie un tirocinio (è, in assoluto, il miglior dato sugli occupati); a tre anni dal titolo, le due percentuali passano al 74 e al 10%, mantenendo quelli di Padova tra i risultati di vertice. Le conclusioni dell'analisi del nucleo padovano tratteggiano dunque il profilo di un ateneo che appartiene al gruppo di testa, e come tale è in corsa per obiettivi sempre più impegnativi: a patto, s'intende, di poter correre in un sistema che, a oggi, è sottofinanziato e lontano dalla piena meritocrazia.

Martino Periti

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