SCIENZA E RICERCA

Cordone ombelicale: donarlo o conservarlo?

Metti al sicuro il suo patrimonio biologico, conserva il cordone ombelicale”; “Il futuro di tuo figlio è nelle tue mani”. Sono solo alcuni degli slogan che circolano in rete o sui volantini, che invitano a prezzi più o meno modici a conservare il sangue cordonale del nascituro in una società privata all’estero, ad esempio in Germania o a San Marino. Nel nostro paese infatti la conservazione (ma non il prelievo) per uso esclusivamente personale non è possibile: il principio base scelto dal governo è quello della donazione libera e gratuita, come già accade per il sangue e gli organi, utilizzando una delle 19 banche pubbliche del territorio nazionale.

In questi istituti il sangue cordonale, stoccato nell’azoto liquido ad almeno 130 gradi sotto zero, viene messo a disposizione degli altri pazienti e della ricerca; in quelle private invece il campione è conservato per l’uso esclusivo del donatore come riserva di cellule staminali multipotenti, che un giorno potrebbero, forse, risultare utili fonti di cura. I costi si aggirano intorno ai 2.000 euro, più una quota annuale di circa 50-60 euro. Per i figli, del resto, si farebbe qualsiasi cosa. L’autotrapianto di cellulare staminali cordonali rappresenta però davvero il futuro? Oppure è meglio continuare, come si sta facendo in Italia, a investire sul principio solidaristico, magari diffondendo e facilitando la cultura della donazione? Si è parlato soprattutto di questo nel convegno tenutosi recentemente a Palazzo Bo: “Per ora la gli studi scientifici sulla cosiddetta donazione autologa di staminali cordonali sono pochi e condotti tutti su numeri molto limitati di casi – risponde Giustina de Silvestro, medico direttore del centro trasfusionale dell’Azienda ospedaliera di Padova –. Riguardano inoltre solo alcune patologie pediatriche specifiche, come il danno ipossico ischemico neonatale e il diabete di tipo 1, con risultati per altro tutt’altro che chiari”. E per il futuro? “Può essere che un domani queste cellule staminali possano rivelarsi utili per patologie il cui meccanismo è ancora sconosciuto, ma la prudenza è d’obbligo”. 

“Da un punto di vista giuridico la conservazione delle staminali cordonali per uso proprio è legittima, ma solo presso istituti esteri”, spiega Carola Pagliarin, docente di diritto amministrativo presso l’università di Padova. “La normativa in materia è incompleta e al tempo complessa e variegata, comprendendo sia fonti europee (a partire dalla direttiva 2004/23 CE) che italiane (principalmente il d. lgs. 191/2007, che ha dato attuazione alla legislazione europea, e la legge 219/2005 sulle attività trasfusionali). Le scelte fondamentali, con l’opzione per il modello pubblico e solidaristico, sono però contenute nel decreto ministeriale 18 novembre 2009, che disciplina la conservazione delle cellule staminali e prevede l’istituzione di una rete nazionale di banche pubbliche”. Una scelta che ci vede in compagnia della Francia, dove addirittura è vietato il trasferimento all’estero delle cellule cordonali, mentre altri paesi hanno preferito la liberalizzazione del settore.

“È interessante sottolineare che anche in Italia in alcuni casi è comunque consentita la conservazione per uso personale anche presso le banche pubbliche – continua Pagliarin – come quando il neonato o un consanguineo presentino una patologia al momento della raccolta, in atto o genetica, per cui risulti clinicamente fondato l’utilizzo delle staminali raccolte. In questi casi si parla di conservazione dedicata, che avviene completamente a spese del Servizio Sanitario nazionale”. Non è tutto: “Se anche il neonato è sano al momento della donazione, ma in seguito si ammala, è comunque possibile recuperare le sue staminali per un uso autologo. Se invece il sangue cordonale viene dato a una banca privata, e poi il bambino non si ammala, questo finisce sprecato, dato che gli attuali meccanismi di conservazione non consentono di andare oltre i 15-20 anni”. E per quanto riguarda la pubblicità da parte delle compagnie private che si occupano della conservazione all’estero? “Sul punto ci vorrebbe molta prudenza: l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato ha infatti chiarito con un provvedimento del 2011 che i privati sono tenuti a rappresentare realmente la situazione, senza prospettare soluzioni miracolistiche che al momento non ci sono. Altrimenti si tratta di pratica commerciale scorretta, come tale sanzionabile”.

Se le cellule staminali cordonali non sono ancora la panacea di tutti i mali, dal tumore all’infarto, oggi la loro conservazione privata ha soprattutto l’effetto di sottrarle all’unico utilizzo per cui si dimostrano pienamente efficaci, ovvero la donazione cura della leucemia infantile. “Nel sangue della placenta e del midollo ci sono effettivamente cellule staminali multipotenti, progenitrici di globuli rossi, globuli bianchi e delle piastrine”, spiega Loredana Vido, pediatra ed ex docente dell’Università di Padova, oltre che presidente della Fidapa di Padova e promotrice del convegno padovano. “Si tratta di cellule analoghe a quelle presenti nel midollo osseo, ma con meno rigetto e una maggiore capacità proliferativa nei piccoli trapiantati”. Vido parla senza mezze misure: “In assenza di controlli il bancaggio privato del sangue cordonale può nascondere una vera e propria truffa, ai livelli del ‘caso Stamina’. Sulla possibilità di autotrapiantare di staminali al momento c’è una grossa speculazione che non ha ancora nessuna base scientifica”.

Il medico sostiene con convinzione il sistema delle banche pubbliche, diretto essenzialmente alla donazione: “Una speranza per tantissimi bambini leucemici che in tutto il mondo non trovano un donatore di midollo compatibile”. L’impegno di Loredana Vido a favore della donazione del sangue cordonale nasce nel 1997, su preghiera di una mamma che aveva appena visto il suo bambino stroncato dalla leucemia. “Mi ha consegnato un foglio con le poesie che Marco (questo il suo nome, ndr) aveva scritto poco prima di morire. Una si intitolava La Gioia di vivere”. Da allora il medico prende l’impegno di fare tutto il possibile per diffondere la cultura della donazione del sangue placentare. “Non ho più rivisto questa mamma. Adesso mi piacerebbe dirle quanto è stato importante per me il suo gesto”. Un percorso non esente da difficoltà, perfino rischi: “Purtroppo intorno al bancaggio privato ci sono tanti interessi... Ma è troppo importante diffondere la cultura della donazione– racconta Vido –. Gli unici obblighi sono di rivolgersi a un centro di raccolta 2 mesi prima e 6 mesi dopo il parto, per i controlli del caso. Non costa niente, non è pericoloso e può salvare una vita: come diventare madri due volte.” 

Se è così importante la donazione, come mai oggi è ancora così rara e difficile da praticare? “C’è ancora poca informazione, oltre al problema dei costi – risponde Giustina de Silvestro –. In Veneto ci sono tre banche, a Padova, Verona e Treviso. Al momento però sono tutte chiuse nei fine settimana: stiamo lavorando all’ipotesi di estendere il servizio, ad esempio con una disponibilità a rotazione, sfruttando le reti di spedizioni e trasporti giornalieri tra gli ospedali”. “19 banche pubbliche in Italia forse sono troppe – Conferma Loredana Vido – Basterebbero i centri di raccolta: in Sicilia ad esempio il servizio funziona tutti i giorni 24 ore su 24. Tutto dipende principalmente dalla volontà politica”. 

Daniele Mont D’Arpizio

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