UNIVERSITÀ E SCUOLA

Duecento milioni e nessuna regola: gli insegnanti e il bonus “fai da te”

Duecento milioni all’anno: la grande macchina della meritocrazia nelle scuole si è messa in moto. È partita in tutti gli istituti italiani la procedura che dovrà portare, per la prima volta, ad assegnare agli insegnanti più capaci il bonus per la valorizzazione del merito, previsto dalla legge “La buona scuola” (107/2015). Presidi e docenti sono già al lavoro per rispettare le tappe fissate, ma le direttive giunte finora dal Miur lasciano molti nodi insoluti.

Al momento si conoscono pochi princìpi guida. Ciascun istituto deciderà in completa autonomia, e i protagonisti della selezione saranno due: i dirigenti scolastici, cui spetta individuare i nomi dei professori meritevoli, e il comitato per la valutazione, l’organo costituito in ogni scuola per concordare i criteri generali per premiare i docenti. Il Miur ha stabilito che l’intera procedura dovrà concludersi entro il 31 agosto, ultima scadenza per inviare al ministero le tre schede che illustreranno le scelte effettuate (composizione del comitato, definizione dei criteri, distribuzione del bonus). I documenti serviranno al Miur per il monitoraggio previsto dalla legge 107, che dovrà sfociare in linee guida nazionali per la valutazione degli insegnanti, redatte da un comitato tecnico scientifico di cui è stata annunciata l’imminente creazione.

Cosa succederà in concreto nelle scuole? Come si accennava, le disposizioni in vigore sono estremamente vaghe. Secondo “La buona scuola”, i comitati per la valutazione dovranno basarsi su tre elementi principali. Anzitutto la qualità dell’insegnamento, da misurare anche in relazione al “miglioramento dell’istituzione scolastica” e al “successo formativo e scolastico degli studenti”. E qui spunta un primo problema: se il “successo” degli allievi si sostanzierà nella percentuale di buoni voti o bocciature, ogni docente sarà incentivato a essere di manica larga. Il secondo parametro è il “potenziamento delle competenze” dei ragazzi e l’”innovazione didattica e metodologica”. Il terzo, infine, è il grado di “responsabilità assunte nel coordinamento didattico e organizzativo” e nella “formazione del personale”. Definizioni così generali lasciano mano libera ai comitati delle singole scuole. Il Miur ha tentato di offrire qualche elemento in più, pubblicando una scheda (non accompagnata da alcun testo ufficiale) che spiega come verranno ripartiti tra le scuole i milioni stanziati. Viene precisato che l’80% dei 200 milioni sarà distribuito “sulla base del personale di ruolo in servizio”, quindi verrà assegnato a ogni istituto in base a un mero conteggio, scuola per scuola, dei docenti in organico. Il restante 20% verrà invece attribuito avendo riguardo, per ogni istituto, al numero di alunni per classe, di disabili, di stranieri, e dell’eventuale localizzazione in comuni di montagna o piccole isole. Questi parametri, che riprendono, interpretandoli, i “fattori di complessità” che “La buona scuola” aveva individuato come degni di attenzione per la ripartizione del fondo, dovranno essere formalizzati in un decreto ministeriale: un provvedimento che sarebbe già stato firmato ma di cui, ad oggi, il testo non è noto. È noto invece (lo ha precisato la scheda del Miur) che l’importo medio che spetterà a ciascun istituto è di 23.507 euro, anche se le differenze di assegnazione tra scuola e scuola potranno essere molto marcate.

Sarà compito dei comitati di valutazione, si diceva, stabilire i parametri su cui giudicare i docenti. E in assenza di linee stringenti, è chiaro che assisteremo a una proliferazione di metodi sterminata, poiché ogni scuola sarà libera di approvare i propri. È la legge “la buona scuola” a determinare la composizione dei comitati: il dirigente scolastico, che li presiede, tre docenti, due rappresentanti dei genitori (alle superiori uno dei genitori e uno degli studenti), un componente esterno nominato dall’ufficio scolastico regionale. Secondo la legge il comitato “individua i criteri” e il dirigente scolastico “assegna una somma del fondo” ai docenti prescelti “sulla base di motivata valutazione”. Ma quanto vincolanti saranno per il dirigente i criteri adottati da ogni comitato di valutazione? E che margini di discrezionalità avrà nell’applicare i parametri individuati? Domande, per il momento, senza esito. Una recente circolare del Miur si è limitata a stabilire che le sedute del comitato che definirà i criteri del bonus saranno valide solo in presenza della maggioranza dei componenti già nominati, mentre le delibere verranno adottate a maggioranza assoluta dei voti validi. Quanto al processo decisionale, nella circolare il ministero non va oltre l’auspicare “un coinvolgimento della comunità scolastica nel suo complesso”, principio ecumenico ma scarsamente utile sul piano operativo (i sindacati, dal canto loro, reclamano che il bonus sia oggetto di contrattazione, in quanto retribuzione accessoria). Il ministero conclude dicendo la sua sulle modalità di distribuzione: l’utilizzo del fondo non dovrà portare a “una generica distribuzione allargata”, ma nemmeno dovrà beneficiare “un numero troppo esiguo di docenti”. Se queste sono le indicazioni più precise arrivate da Roma, è lecito attendersi che dalle scuole italiane esca un caleidoscopio infinito di criteri di valutazione, più adatto per spunti satirici che per selezionare i nostri docenti.

Martino Periti

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