SCIENZA E RICERCA

Clima, l'arida primavera australiana e i bushfire

Mattine strane, in quel di Sydney e dintorni, dal 12 novembre. Un velo di nebbia nel cielo, che ovatta la linea del sole e dell'orizzonte. Un grigio-arancio che ha poco a che fare con il solito azzurro terso. Non è nebbia, quella che sale dal terreno, dalla spiaggia. Quella non è nebbia: è fumo. Fumo che arriva da nord, dal Queensland, e da ovest, dall'entroterra del New South Wales, e circonda la Greater Sydney e le Spiagge del nord.

Spring has sprung: are you ready for bushfires?

Dal 12 novembre 2019 in Australia è iniziata l'emergenza bushfires. In gran parte della costa australiana orientale, da Brisbane a Sydney, dalle Blue mountains alla Central coast, sono divampati incendi che, finora, hanno portato alla morte di sei persone e di mille koala (che non sono a rischio estinzione, lo ricordiamo), alla distruzione di 600 abitazioni e alla perdita di 1.650.000 ettari di foreste nel solo New South Wales. I numeri però comprendono un periodo di tempo maggiore che parte da agosto 2019, come riportato dal report del Climate Council, organizzazione australiana che si occupa di divulgare autorevoli ricerche in campo climatico. Di questa associazione una delle autrici è Lesley Ann Hughes, pro-vice chancellor e professoressa di Biologia alla Macquarie University.

Ma che cos'è, nello specifico, un bushfire?

Come spiega la professoressa Hughes, "il bushfire (chiamato wildfire nell'emisfero boreale) richiede tre ingredienti per scatenarsi: una scintilla - per il 38% dei casi di origine naturale - un combustibile, ovvero terreno e vegetazione arida e le adeguate condizioni giornaliere: caldo, forte vento e bassa umidità". Tutto questo rende il bushfire tipico dell'Australia, in quanto queste condizioni sono più favorevoli in ambienti subtropicali.

I bushfires infatti sono sempre esistiti nel continente oceanico, e l'Australia è cresciuta con loro. La vegetazione si è adattata al fenomeno, facendolo diventare parte integrante dell'ecosistema: alcuni semi - definiti hard seeds - "si sono adattati, resistono e germinano solo dopo un incendio. Lo stesso eucalipto riesce a spargere i suoi semi solo dopo che le fiamme hanno aperto l'involucro in cui sono avvolti. Altre piante ricrescono e germogliano grazie al fuoco dei bushfires". "Questa vegetazione - conclude la prof. Hughes - nel corso di migliaia di anni ha imparato ad affrontare i bushfires di determinate intensità e circoscritti in precisi periodi dell'anno. Ed è qui che entra in gioco il cambiamento climatico in atto nel pianeta.

La primavera più arida di sempre. Secondo i dati del BoM - Bureau of Meteorology - il periodo da settembre a dicembre ha fatto registrare il record di siccità e la seconda primavera più calda della storia climatica australiana: +2,41°C al di sopra della media massima e +0,64°C sulla media minima.

 

Un altro dato significativo riguarda la FFDI - il Foreste Fire Danger Index - una scala di misura sviluppata negli anni Sessanta dalla guardia forestale Alan Grant McArthur, che permette di indicare lo stato di pericolosità di un incendio. La scala, normalmente, comprende i valori da 0 a 100. In quello che la storia australiana ricorda come Black Saturday (7 febbraio 2009, gli incendi del Sabato nero) il dato FFDI era di 155. Come riportato dalla professoressa Hughes nel paper If not now, when?, lo scorso 6 settembre la stazione meteo del BoM di Murrurundi Gap, nel nord del New South Wales, ha indicato il FFDI a quota 174. Questo alla fine della stagione invernale.

I bushfires non sono prevenibili. Come spiega la professoressa Hughes "si possono attuare dei meccanismi per ridurre i rischi in termini di distruzione di proprietà e perdita di vite umane, anche se le finestre temporali tra il rischio di incendio e il suo effettivo scatenamento si stanno riducendo. È possibile aumentare le risorse a favore dei firefighters e avere regole più ferree in ambito edilizio, per quanto concerne luoghi e materiali. Ma soprattutto - conclude - bisogna combattere gli effetti dei gas serra alla fonte, e l'Australia dovrebbe fare la propria parte in questa battaglia".

Dovrebbe. L'Australia federale, purtroppo, si accoda al gruppo di paesi non particolarmente interessati al tema del Climate change, come confermato dalla professoressa: "Il governo centrale non sta affrontando seriamente il problema del cambiamento climatico, d'altronde il primo ministro (Scott Morrison, ndr) continua a sostenere che l'Australia contribuisce per l'1,3% nelle emissioni di gas serra. Al tempo stesso però siamo tra i maggiori esportatori di combustibili fossili". Continua Lesley Hughes: "Ventitré ex-capi dei vigili del fuoco, uno per ogni stato o territorio australiano, si sono riuniti nel Emergency leaders for climate action, guidati da Greg Mullins, già consigliere per il Climate Council. Hanno chiesto un incontro con il primo ministro ad aprile e a settembre, per parlare del problema bushfire. Entrambe le volte, e tutt'ora, continuano ad essere ignorati".

Fortunatamente, il paese ha cognizione del problema: "Gli australiani hanno incrementato la loro consapevolezza, hanno constatato l'incremento del fenomeno bushfires causato dal climate change, e credo che questo sia un esempio - conclude Lesley Hughes - di quanto il governo federale sia scollegato dalla comunità". Allo stesso modo, la città di Sydney sta vedendo ripagati i propri sforzi nell'uso di energie rinnovabili: come confermato dalla professoressa, il governo locale sta facendo in modo che la città metropolitana, la Greater Sydney, sia attrezzata per essere alimentata al 100% da energie rinnovabili entro il 2024. A dimostrazione del fatto che volendo è possibile.

Quella che si prospetta per l'Australia è forse la peggior stagione di bushfires mai conosciuta. Il riscaldamento globale ha anticipato l'inizio dei roghi (i dati si riferiscono ad agosto 2019, come già scritto) e il periodo potrebbe protrarsi fino all'inizio dell'autunno. Non è possibile fare previsioni certe, ma i dati raccolti finora lasciano presagire il peggio. D'altronde, l'estate 2018/19, l'Angry Summer, è stata la più calda della storia australiana: +2,14°C sulla media calcolata negli anni 1961-1990. Lo stato del New South Wales, in particolare, ha raggiunto picchi di +5,86°C. I 34 mesi trascorsi da gennaio 2017 a ottobre 2019 hanno registrato il record di aridità: in 12 dei 30 distretti del suddetto stato è stato calcolato -50% di piogge. E proprio il 12 novembre, per la prima volta, l'area urbana di Sydney ha conosciuto il livello di allarme catastrophic del FFDI (oltre 100).

D'altra parte, si conoscono bene gli effetti dei bushfires, i quali non riguardano "solo" la perdita di vegetazione, infrastrutture e vite umane. "Le ondate di calore - elenca la professoressa Hughes - sono particolarmente pericolose per le persone affette da diabete e problemi cardiovascolari. Il che è ancora più aggravato dal fumo, il quale porta facilmente a difficoltà respiratorie. Inoltre è da considerarsi lo stress psicologico e finanziario delle persone che affrontano un bushfire: la perdita di case, proprietà e approvvigionamenti colpisce tanto la salute psichica del singolo individuo quanta l'economia dello stesso e della comunità. Per esempio, le sole ondate di calore hanno portato alla perdita di 8 miliardi di dollari australiani, a causa di assenteismo e calo della produttività, nell'estate 2013/2014, mentre a Canberra, nel 2003, le ceneri prodotte dagli incendi hanno contaminato le falde acquifere. Infine la fauna, e la morte degli animali che non potendo correre o volare sono condannati a soccombere". Effetti che, date le premesse, non possono che inasprirsi.

L'estate che verrà, per l'Australia, potrebbe rivelarne la dinamica lampante. Serve agire ora per riuscire ad arginare i danni che già possiamo constatare. L'alternativa, solo come dato esemplificativo, potrebbe portare le città di Sydney e Melbourne a raggiungere i 50°C di temperatura entro la fine del secolo. "Bisogna agire collettivamente - sottolinea la Lesley Hughes - per non dare una scusa agli altri paesi di non fare nulla. È un problema globale, richiede una soluzione globale, ma deve essere attuata localmente.

 

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