SCIENZA E RICERCA

Xylella: i semi di un’epidemia devastante

Il 25 maggio scorso, alcune centinaia di cittadini hanno ritenuto di manifestare a Bari, seguendo gli appelli di chi inizialmente ha negato l’esistenza del batterio e oggi continua a parlare di “frode Xylella”.

I frequentatori di certe pagine Internet o i lettori di alcuni articoli sono stati aizzati contro le decisioni prese su Xylella ad ogni livello (Europa, Italia e Regione), da ogni forza politica (incluse quelle che hanno dichiarato recentemente di essersi “evolute” nelle loro convinzioni), seguendo le indicazioni di alcune fra le più autorevoli e titolate istituzioni (EFSA, FAO, Accademia dei Lincei), di una delle più importanti riviste scientifiche internazionali (Nature) ed infine di quasi tutti i ricercatori. A fronte delle poche centinaia di manifestanti di Bari del 25 maggio, nello stesso giorno circa 180.000 olivicoltori, rappresentati dal presidente del consorzio in cui sono associati e testimoni diretti del danno che la Xylella provoca, hanno depositato un esposto presso la Procura della Repubblica proprio avverso quegli individui che, in spregio al consenso scientifico e al buon senso, continuano a fare disinformazione e ad alimentare l’opposizione ad ogni misura di contenimento prevista dalle leggi vigenti e fondata sul consenso scientifico.

La domanda a questo punto sorge spontanea: come è possibile trovare da un lato il “popolo degli ulivi” e dall’altro gli olivicoltori?

La risposta potrebbe riassumersi così: l’epidemia di Xylella è favorita non solo dalle proprietà conferite al patogeno dai suoi geni, ma pure dalla creazione e diffusione di memi che ne hanno anticipato la colonizzazione definitiva della Puglia. Spesso i memi hanno la proprietà di creare un senso di identità forte; ed infatti i memi che hanno favorito l’avanzata della Xylella hanno instillato nei portatori la percezione di essere eroicamente sul fronte di chissà quale battaglia di democrazia – mentre ovviamente tutti gli altri sarebbero i peggiori “nemici del popolo”, inclusi gli olivicoltori che chiedono l’applicazione delle misure di legge e i ricercatori che riportino il consenso scientifico ormai raggiunto.

Per marginalizzare la comunità scientifica, in particolare, si fa ricorso a quelli che chiamerò i “memi egualitari”. Questi partono dall’idea che in democrazia per decidere si deve pariteticamente discutere di ogni possibile argomento con ogni cittadino interessato. Tra gli argomenti oggetto di discussione è incluso pure il contenuto di verità delle affermazioni scientifiche. I problemi sorgono perché, per esempio, secondo questo modo di ragionare la decisione su cosa sia scientificamente vero circa l’epidemia di Xylella dovrebbe vedere la partecipazione anche di chi non è in grado di seguire il ragionamento scientifico, esprimendo posizioni che guarda caso consistono nel negare quanto la comunità dei ricercatori ha trovato o nell’affermare qualche teoria alternativa. Si fa quindi passare l’idea che i ricercatori possano essere continuamente contestati su qualunque argomento scientifico anche quando non si sia in grado di comprenderne le risposte. Le ovvie incomprensioni che ne derivano sono infine presentate non come misura della difficoltà di comunicare la scienza a chi è privo di una formazione di base, ma come la prova che la comunità scientifica è ormai un’arrogante élite da abbattere perché impone una “propria verità unica”, funzionale ai disegni del potere economico e di quello costituito. A questo punto, su Xylella come su altri temi scientifici, chi diffonde memi egualitari costruisce una rappresentazione in cui passa da eroe, da disvelatore della macchinazione, da espositore della verità ed infine da restauratore della giustizia, reclutando consenso e seguaci utilizzabili nei modi più utili (non in ultimo nell’arena elettorale). Una volta incoronati portavoce della comunità inascoltata degli umili, si continuano a fabbricare ulteriori memi cospirazionisti per mantenere la propria funzione; nel caso di Xylella, si sono per esempio inventati olivi Ogm che dovevano sostituire gli autoctoni abbattuti e arricchire la Monsanto. Questi ed altri memi supportano i geni del batterio nel devastare gli oliveti pugliesi, realizzando una simbiosi tra elementi cognitivi e biologici che aiuta l’epidemia.

Per contrastare questo meccanismo di propagazione dei patogeni favorito dai memi, Roberto Burioni, medico che difende il diritto alla salute di noi tutti combattendo le sciocchezze che vengono propalate da chi avversa i vaccini, è giunto a dire che “la scienza non è democratica”.

Quello che io credo intendesse, come poi è risultato, è che la scienza non è egualitaria nel dar peso alle opinioni di tutti, ed in particolare a quelle di coloro che Burioni chiama i “somari”. Che la scienza, in questo particolare senso, non sia egualitaria non deve sorprendere: nemmeno la democrazia in cui viviamo lo è in senso assoluto. L’egualitarismo è infatti riservato a ben determinati settori – per esempio tutti i cittadini sono eguali di fronte alla legge – mentre invece in altri si riconoscono importanti limiti ai diritti di gruppi ampi di popolazione – per esempio il diritto di voto è negato a quei cittadini che hanno meno di 18 anni. La differenza, nell’accesso al voto come in quello alla discussione scientifica, sta nella capacità di esercitare il proprio giudizio, nel primo caso presuntivamente limitata da ragioni fisiologiche di sviluppo cognitivo, nel secondo diminuita dall’ignoranza dei fatti scientifici, del linguaggio per descriverli, della capacità di analizzarli. Come quello costituito dall’età per quel che riguarda il voto, così il limite costituito dall’ignoranza impedisce l’accesso alla discussione scientifica a chi non dimostri di raggiungere una soglia minima; per questo i seguaci di una pagina Facebook che diffonde panzane su Xylella non possono essere presi in considerazione, per quanto numerosi ed aggressivi essi siano e per quanto chi anima la pagina si trastulli con l’idea di movimenti di popolo e di masse immaginarie.

 

La velocità della luce non può stabilirsi per voto a maggioranza Piero Angela

Come ha più volte esemplificato Piero Angela, la velocità della luce non può stabilirsi per voto a maggioranza; l’unica maggioranza che conta è quella costituita dal numero di fatti fisici spiegati, dalle previsioni efficaci e dal numero di altri tasselli della conoscenza umana che possono essere coerentemente connessi. Poiché per verificare con esattezza che una teoria spieghi più e meglio di altre, come già dichiarò Galileo, è necessario usare il linguaggio preciso, ma arduo, della matematica (seguendo le leggi della fisica, della chimica e delle altre discipline), ne consegue che per trovare la verità scientifica non è possibile dar peso per semplice conta numerica a maggioranze popolari in assemblea o su Internet, come pure a giudici, avvocati o politici tecnicamente ignoranti.

Naturalmente, anche fra gli scienziati vi può essere disaccordo, perché essi pure sono affetti da pregiudizi inconsci, sono mossi da interesse personale e non sono privi di una certa vanità, oppure semplicemente perché le conoscenze in un dato settore possono essere preliminari; tuttavia le pur provvisorie verità scientifiche emergono perché fatti sperimentali, conti e teorie ben supportate hanno il particolare potere di convincere ampie maggioranze di ricercatori, portando al formarsi del cosiddetto consenso scientifico, che deve essere il più ampio possibile, così da rendere ininfluenti i vari interessi e pregiudizi dei particolari scienziati.

Su questo non vi sono ostacoli posti dalla comunità scientifica, perché essa è al riguardo profondamente egualitaria: se infatti si è in grado di formulare un’ipotesi e di sostenere una discussione secondo i canoni appropriati, sarà possibile partecipare alla discussione. Su queste premesse, stabilito che è un vantaggio per lo Stato democratico il fatto che le decisioni assunte si basino sul più ampio consenso scientifico possibile, invece che sulla parola religiosa, sull’opinione di un singolo (pure fosse un famoso scienziato) o su un sondaggio di Internet, consegue che è interesse della collettività dei cittadini sostenere il massimo numero possibile di ricercatori pubblici che possano prender parte alla formazione di tale consenso, in diretta applicazione del principio costituzionale di promozione della ricerca scientifica. Inoltre, avendo ben chiari i limiti che l’ignoranza pone alla capacità di discernimento, i nostri padri costituenti previdero che la Repubblica fornisse a tutti i cittadini i mezzi utili perché il massimo numero di essi potesse valicare il “muro dell’ignoranza” e partecipare alla discussione scientifica sensu lato. Perché cioè il popolo possa esercitare il proprio potere, secondo l’etimo della democrazia, e non esserne solo la fonte intercettabile attraverso la demagogia, bisogna che i cittadini supportino la comunità dei ricercatori e allo stesso tempo elevino se stessi e i propri figli ad un livello tale da comprendere un ragionamento scientifico (se non ad entrare in prima persona nell’affascinante avventura della ricerca).

Solo per questa via il consenso scientifico che sarà raggiunto su ogni dato problema sarà il più ampio, partecipato e apprezzato possibile, senza che la verità scientifica sia abbandonata per non dispiacere alla maggioranza aizzata dai demagoghi o dal marketing di aziende interessate. E solo così potremo difenderci da Xylella, dalle prossime epidemie di patogeni umani, o dall’aggressività e dall’invasività della finanza, oltre che dalle paure irrazionali sparse in ogni settore per guadagnare consenso.

Al tempo di Internet e dell’informazione diffusa, non giova a nessun popolo, degli olivi o di altro tipo, manifestare per strada contro quanto la ricerca ha faticosamente e magari provvisoriamente stabilito, seguendo le esortazioni di improbabili personaggi che nulla sanno di Scienza, ma molto di comunicazione e politica, e hanno inventato un’inesistente equazione tra egualitarismo e democrazia per ergersi a restauratori della giustizia. Piuttosto, ci si ricordi il primo dei tre doveri del rivoluzionario che Gramsci così riassumeva: “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza.”

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