SOCIETÀ

Niente carne il lunedì

Nulla ha l’aria più rassicurante di una mucca sui pascoli alpini ma questa immagine idilliaca nasconde una minaccia: gli allevamenti intensivi. Negli ultimi 50 anni il consumo di carne nel mondo è quadruplicato senza che ci chiedessimo veramente quali erano le conseguenze sui diritti degli animali, sulla salute, sull’ambiente e sui cambiamenti climatici. Basti pensare che l’allevamento rappresenta il 18% delle emissioni di gas che acuiscono l’effetto serra e quindi il riscaldamento globale.

Oggi si celebra nel mondo la “giornata senza carne”, un’iniziativa nata nel 1985 per stimolare la riflessione su questi problemi nei paesi più sviluppati, dove il problema è più acuto: gli inglesi consumano 125 chili di carne l’anno per persona, gli statunitensi 120 chili, i francesi 86 chili; la media mondiale è 42 chilogrammi l’anno. In Italia, dove fino a 50 anni fa mangiare carne era ancora considerato un lusso riservato al pranzo della domenica, il consumo di carne bovina è calato negli ultimi tre anni, probabilmente a causa della crisi economica (ora è di circa 22 chili l’anno) e anche quello di carne di maiale: malgrado la reputazione mondiale dei nostri prosciutti ne consumiamo appena 18 chili l’anno pro capite, insieme a 12 chili l’anno di carne di maiale fresca.

Se nei paesi sviluppati il consumo è relativamente stabile da una ventina d’anni, è nei paesi in via di sviluppo che la domanda è esplosa: quest’anno la FAO prevede una produzione mondiale di 300 milioni di tonnellate, una cifra che dovrebbe raggiungere i 470 milioni di tonnellate nel 2050.

Si tratta di un modello sostenibile? No. Secondo un rapporto di alcuni mesi fa dell’Union of Concerned Scientists, quasi il 60% dei terreni agricoli del mondo vengono usati per la produzione di carne bovina benché quest’ultima rappresenti meno del 2% delle calorie consumate nel mondo.  L’allevamento è un sistema irrazionale di produrre calorie: già oggi un terzo dei cereali prodotti nel mondo servono per alimentare gli animali. Una dieta vegetariana, o con un consumo di carne ridotto, è perfettamente in grado di fornire le vitamine e le proteine necessarie a una vita sana.

Localmente, ci sono iniziative per andare nella direzione giusta: dal 2009 la città di Gand, in Belgio, invita i propri cittadini ad astenersi dalla carne almeno una volta la settimana e, dal mese scorso, i 640.000 studenti delle scuole elementari di Los Angeles non trovano più carne in mensa il lunedì: quasi un’eresia nel paese delle grandi praterie, dove si consumano in media 330 grammi di carne al giorno, neonati compresi.

Per fortuna noi scimmie leggermente modificate siamo onnivori. Il che era di molto aiuto nelle foreste e nelle savane due milioni di anni fa (il giorno in cui non c’era carne da mangiare una buona raccolta di bacche aiutava a tirare avanti) e potrebbe esserlo ancora di più quando l’allevamento sarà riconosciuto come una soluzione impossibile al problema di nutrire 9 miliardi di persone, quante ne conterà il pianeta fra 35 anni. La dieta mediterranea ha un grande futuro davanti a sé.

Fabrizio Tonello

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