CULTURA

Marie Curie: donna, madre, scienziata

Si trovava a Bruxelles, alla conferenza di Solvay, quando ricevette la notizia di aver vinto un secondo premio Nobel, questa volta da sola per la chimica. Era il 1911. Quasi contemporaneamente un secondo telegramma la informava che alcune sue lettere private erano state sottratte dal suo appartamento e consegnate alla stampa.

A pubblicarle fu Gustave Téry su l'Œuvre, che accusava senza mezzi termini Marie Skłodowska Curie di essere una “straniera”, tanto più ebrea, che si era “dedicata con i più perfidi espedienti e con i consigli più subdoli ad allontanare Paul Langevin dalla moglie e a separarla dai figli”. Scoppiò il “grande scandalo”. Da tempo Marie, dopo un periodo di grave depressione per la morte del marito Pierre Curie nel 1906, aveva trovato nel giovane fisico prima un amico, poi un amante.

La lettera pubblicata da Téry dava in pasto al pubblico la passione della giovane scienziata. La missiva è raccolta nelle prime pagine del volumetto La vita non è facile e allora? Lettere di un genio forte e curioso a cura di Massimiliano Borelli (L’Orma editore, 2015) e, insieme ad altre, traccia il profilo di una donna, una scienziata, in anticipo sui tempi. Le rivelazioni di Téry non furono prive di conseguenze per Marie Curie.

La gente lanciava sassi alle finestre della sua casa

La gente lanciava sassi alle finestre della sua casa, al punto da costringere la giovane donna a scappare con le figlie da conoscenti; la stampa affondava il colpo facendo crollare la fama che si era guadagnata nel tempo. Alcuni docenti della Sorbona, dove insegnava fisica dal 1906 (prima donna nella storia dell’università), le chiesero di lasciare la Francia.

Svante Arrhenius, a nome di tutto il comitato per il Nobel, le consigliò di non presentarsi in Svezia per la consegna del premio, sottolineando che se l’Accademia avesse creduto all’autenticità di quelle lettere, probabilmente non le avrebbe conferito l’importante riconoscimento. Una posizione che non lasciò indifferente la scienziata, determinata invece a vedersi riconosciuti i propri meriti: “Il premio mi è stato assegnato per la scoperta del radio e del polonio e credo non vi sia alcun rapporto tra la mia opera scientifica e le vicende della mia vita privata… In linea di principio non posso ammettere che le calunnie e le maldicenze della stampa influenzino l’apprezzamento accordato al mio lavoro scientifico”.

E partecipò alla cerimonia per il Nobel sfidando le “convenienze”. Barbara Goldsmith nella biografia di Marie Curie osserva che nessuno aveva chiesto a Paul Langevin di lasciare il Paese o lo aveva condannato. “Il peccato di Marie era soprattutto quello di non essere solo un’amante ma una donna emancipata, quando donne del genere erano considerate, da entrambi i sessi, una minaccia”.

L’eco che avevano suscitato le sue vicende personali sui media era direttamente proporzionale alla fama che la giovane scienziata aveva raggiunto sul piano scientifico a livello internazionale. Figlia di Władysław Skłodowski, insegnante di scienze in un liceo, e Bronisława Boguska, una famiglia polacca dai mezzi modesti, aveva dovuto ben presto trovarsi un impiego come istitutrice per poter mantenere agli studi se stessa e la sorella Bronya che voleva diventare medico. Di giorno lavorava, di sera e la mattina di buon’ora studiava da autodidatta.

Trasferitasi a Parigi dopo la laurea della sorella, nel 1891 all’età di 24 anni si iscrisse alla Sorbona: due anni dopo si laureò in fisica e l’anno seguente in matematica. Marie iniziò a condurre le sue ricerche con il marito Pierre Curie all’École de Physique et Chimie Industrielles, in una stanza a vetri al pianterreno. I fondi a disposizione non erano molti e lo stesso Pierre Curie, scienziato di talento dal carattere schivo, era costretto a lavorare in un “bugigattolo fra il corridoio e il laboratorio degli studenti”.

La giovane donna divideva le sue giornate tra faccende domestiche, una figlia piccola (Eve, la secondogenita, sarebbe nata nel 1904) e il laboratorio. Al punto che il pesante carico di lavoro scatenò una delle numerose crisi depressive che la accompagnarono per tutta la vita.

Il peccato di Marie era soprattutto quello di non essere solo un’amante ma una donna emancipata, quando donne del genere erano considerate, da entrambi i sessi, una minaccia

Nel 1898 i coniugi annunciarono la scoperta del polonio e del radio. Marie, che dal 1900 era docente di fisica all’École normale supérieure d’enseignement secondaire des jeunes filles di Sèvres, dimostrò che molti elementi chimici erano radioattivi e che la radioattività poteva essere misurata, spalancando in questo modo le porte alla scienza atomica. Argomento, questo, della tesi di dottorato discussa nel 1903. Quello stesso anno Pierre e Marie Curie ricevettero il Nobel per la fisica per le loro ricerche sui fenomeni radioattivi. A quel punto, sottolinea Barbara Goldsmith, “era diventata una questione imbarazzante per la Francia scoprire che i suoi scienziati più famosi ricoprivano posti di scarsa importanza”.

Così a Pierre fu offerta una cattedra di scienze alla Sorbona e un laboratorio attrezzato, oltre a tre assistenti, e Marie fu nominata capo della ricerca. La fama dei Curie stava facendo il giro del mondo. Dal 1909 la giovane scienziata, che da tre anni aveva preso il posto del marito alla cattedra di fisica alla Sorbona, iniziò a lavorare alla costruzione di una struttura per lo studio degli impieghi medici del radio, per il trattamento del cancro in particolare. L’Institut du Radium, l’attuale Institut Curie, fu inaugurato nel 1914. Poi furono gli anni della guerra. Grazie al finanziamento della Croce Rossa francese Marie Curie riuscì a costruire delle unità radiologiche mobili, chiamate Les Petites Curie. “È la stessa scienziata – si legge nel libro a cura di Borelli – a occuparsi dal 1916 della formazione tecnica delle operatrici e a raggiungere le zone di battaglia (anche insieme alla figlia Irène) per prestare soccorso localizzando proiettili, schegge e fratture nei corpi dei soldati”.

E qualche anno più tardi, è il 1922, si impegnava in prima persona nella Commissione internazionale per la cooperazione intellettuale sotto l’egida della Società delle Nazioni. Intanto nonostante la fama raggiunta da Marie Curie, la situazione economica del suo istituto di ricerca, in cui lavorava anche la figlia Irène, restava precaria. I fondi rimanevano un problema e il radio costava caro. Fu una giovane giornalista americana, Marie Mattingly Meloney direttrice del Delineator, a interessarsi al caso promettendole di raccogliere i soldi necessari ad acquistare un grammo di radio. La notizia, veicolata con abilità editoriale da Meloney, ebbe un forte impatto emotivo sul pubblico e lo scopo fu raggiunto, grazie soprattutto alle donazioni delle donne americane: il presidente Warren G. Harding il 20 maggio 1921 consegnò a Marie Curie la fiala contenente il grammo di radio del valore di oltre 121.000 dollari. Il viaggio in America di Marie Curie fu un trionfo e la stampa restituì alla scienziata polacca l’immagine distrutta dieci anni prima.

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