SOCIETÀ

Visioni del futuro urbano: la città verde

Continuano le conversazioni intorno alle Visioni del futuro urbano, approfondimenti dedicati alla città, nati dall'incontro tra Il Bo Live e il dipartimento di Ingegneria civile edile e ambientale dell'Università di Padova. L'obiettivo è quello di offrire spunti e stimoli di riflessione ampia sul futuro delle nostre città e sul nostro futuro nelle città. Ospite del terzo episodio è Stefano Mancuso, docente all'Università di Firenze e direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale. Le sue ricerche sono state pubblicate in volumi di amplissima diffusione, tradotti in una ventina di lingue, tra cui mi piace segnalare il libro Plant revolution, vincitore nel 2018 del Premio Galileo per la diffusione scientifica.

Stefano Mancuso spesso si è occupato del rapporto tra le città e il mondo vegetale collaborando con vari architetti e urbanisti. In un capitolo del suo ultimo volume La pianta del mondo, intitolato La pianta delle città, tratteggia una situazione assai critica dello sviluppo urbano che potrebbe degenerare molto rapidamente. Come ha modo di segnalare spesso, "ciò che cambierà in maniera definitiva l'ambiente delle nostre città è il riscaldamento globale" e le stesse città sono dei minerali, incapaci ad oggi di inglobare la natura.

Per me le città dovrebbero essere coperte di piante, fuori e dentro Stefano Mancuso

Montaggio: Elisa Speronello

Quali sono gli scenari drammatici che potremmo subire se non correggessimo in fretta la rotta? Per Mancuso "Il global warming è il più significativo problema su cui dobbiamo concentrarci per offrire al più presto soluzioni responsabili. I danni del riscaldamento globale sono di natura esponenziale e noi questo andamento facciamo enorme fatica a figurarcelo: è senza dubbio il problema più grande che l'umanità abbia dovuto affrontare da sempre, ma nella sostanza non si sta facendo nulla. I vari protocolli internazionali non hanno funzionato. Abbiamo il dovere di intervenire con attività pratiche e, anche nella nostra dimensione accademica ci dobbiamo far porta voci e parte attiva di questo cambio di paradigma: un atteggiamento più responsabile rivolto alla salvaguardia dell'ambiente. Ed è un bene che anche il mondo universitario, storicamente arroccato dentro le sue mura, possa scendere in campo con progettualità concrete".

Nel 2050 il 70% della popolazione risiederà in grandi agglomerati, nel 2,7% delle terre emerse. Quali sono i rischi di questa concentrazione e quali soluzioni sono auspicabili per un futuro sostenibile per le nostre città? "La città è il bene e il male della convivenza umana: è più efficiente di qualsiasi altra organizzazione, ma risulta essere molto aggressiva rispetto all'ambiente naturale in cui si va sviluppando", spiega con dati alla mano Stefano Mancuso ."Per sostenersi richiede lo sfruttamento di molte risorse, tendenza ben rappresentata nel concetto di impronta ecologica. Di fondo continua a sussistere, nella convinzione di molti, un preconcetto che non funziona: l'idea che bisogna difendersi dalla natura tracciando un recinto, definendo un confine fisico. Dobbiamo superare questa idea che la natura debba essere tenuta distante dalla città. Dobbiamo fare uno sforzo decisivo per immaginare le città e gli edifici che la compongono, in maniera completamente diversa, coperti e invasi di piante di dentro e di fuori, senza nessuna divisione significativa tra interno ed esterno. Viste dall'alto, dal satellite, le nostre urbanizzazioni non dovrebbero distinguersi dal paesaggio circostante".


Pagine per approfondire

Plant revolution di Stefano Mancuso (Giunti)

La nazione delle piante di Stefano Mancuso (Laterza)

La pianta del mondo di Stefano Mancuso (Laterza)

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