SOCIETÀ

O pagavi, o eri fuori

Lavoro, lavoro lavoro, sono questi i tre comandamenti di chi, in Brianza, ha vissuto tutta la sua vita. La storia è quella di Ambrogio Mauri, imprenditore che da una piccola officina fondata da suo padre, era riuscito a creare un’azienda leader in costruzione di autobus.

La vita di Ambrogio Mauri si intreccia con una stagione che ha cambiato la storia del nostro Paese, ed è una vicenda fatta di politica, di tangenti ma anche di onestà. I problemi infatti per Ambrogio Mauri sono iniziati negli anni Settanta, quando di tangenti ancora non si sentiva parlare. L’imprenditore brianzolo però aveva avuto il sentore che la sua difficoltà nel vincere appalti pubblici non fosse dovuta alla qualità dei suoi prodotti, bensì a qualcosa di più nascosto e subdolo.

Il sistema era semplice: o accettavi e pagavi, o eri fuori. Il sistema ha retto fino a che non ha raggiunto livelli tali da far scoppiare lo scandalo Tangentopoli. Per Ambrogio quell’azione giudiziaria sarebbe dovuta essere un chiodo piantato nella roccia grazie al quale poter risalire la ripida ma fondamentale parete degli appalti pubblici. Ne era fermamente convinto, tanto da investire gran parte dei guadagni in una nuova attività produttiva, con la speranza che lo scandalo potesse finalmente far cambiare le regole. Così purtroppo non fu ed Ambrogio Mauri, all’ennesimo bando pubblico vinto ma aggiudicato ad un’altra azienda, decise di suicidarsi, lasciando una dura lettera in cui si diceva “stanco di dover combattere ogni giorno contro la malafede”.

La storia di Ambrogio Mauri ora vive nelle parole della figlia. Roberta Mauri gira l’Italia ripercorrendo le vicende accadute al padre e lo farà anche a Padova mercoledì 14 marzo 2018 alle 17.30, in occasione della settimana di eventi organizzata dall’associazione Libera al Centro culturale san Gaetano.

 

“Trovo che le cose ora siano nettamente peggiorate - ha dichiarato Roberta Mauri -. Non voglio essere qualunquista e pessimista ma semplicemente realista. Dobbiamo prendere i dati che abbiamo a disposizione e, per quanto scomodi, dobbiamo analizzarli”. E i dati ci dicono che negli ultimi due decenni il Nord Italia ha chiuso gli occhi su quelle che erano le infiltrazioni della criminalità organizzata, abbracciandola e facendola prosperare.

Come si evince dalla ricerca di Antonio Parbonetti docente di economia aziendale all’università di Padova, prendendo in esame i bilanci delle aziende riconducibili a condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso dal 2005 al 2014, al primo posto per concentrazione di imprese criminali al nord è risultata la Lombardia con 425 imprese (il 37,38% del campione esaminato), seguita dal Triveneto con 187 (16,45%) a dalla Liguria con 74 (6,51%). Queste stesse aziende hanno inoltre un fatturato medio di 13 milioni di euro, sintomo che la criminalità organizzata fa fruttare i suoi lavori, rischiando così di soffocare le realtà più piccole ed oneste.

Il monito di tenere gli occhi aperti ancora oggi su vicende simili quella accaduta ad Ambrogio Mauri arriva direttamente dalla presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi. In un’intervista ai quotidiani locali la politica ha infatti acceso l’attenzione su come la criminalità organizzata si stia inserendo sempre più nell’economia delle regioni che fanno da motore economico dell’Italia, divenendo di fatto una “grande impresa del riciclaggio del denaro sporco”.

Ma cosa può fare la società civile per contrastare il fenomeno mafioso? È la stessa Roberta Mauri a rispondere a questa domanda facendo un esempio tanto semplice quanto importante. “La persona che per coscienza propria vuole essere onesta non ce la può fare da sola. Bisogna fare rete. Lo sforzo è quello di fare un salto di qualità anche solo educativo. Il cambiamento deve partire dal basso, che non significa che le persone che ci governano non debbano dare delle direttive ma, tutti noi, a partire dai ragazzi delle scuole, dobbiamo fare qualcosa. Che cosa? Pagare il biglietto degli autobus. Questa sembra una banalità ma bisogna rendersi conto che quando si pensa di fare una goliardata, si finisce invece con il rubare, rubare allo Stato e quindi rubare a noi stessi, perché lo Stato siamo noi”.

Spesso quindi i piccoli gesti di onestà sembrano solamente delle gocce d’acqua in un periodo di siccità, ma se tutti nel loro piccolo prestassero attenzione all’insegnamento lasciato da Ambrogio Mauri forse le gocce si potrebbero trasformare in laghi ed infine in un oceano di legalità.

Antonio Massariolo

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