SCIENZA E RICERCA

L'elettricità smart e il futuro delle batterie

139 paesi stanno promuovendo la transizione alle rinnovabili che dovrebbe portare alla  decarbonizzazione dell’energia entro il 2050. Per poter fruire dell’energia prodotta da fonti rinnovabili però è necessario avere a disposizione sistemi di accumulo di energia. Di queste tematiche si occupa Massimo Guarnieri, professore di elettrotecnica e di storia della tecnologia e responsabile dell’Electrochemical Energy Storage Lab del dipartimento di Ingegneria industriale (DII), che afferisce al Centro interdipartimentale Levi Cases. Con il finanziamento di un progetto strategico di ateneo, il suo team sta lavorando a una tecnologia promettente per i sistemi di accumulo stazionario: una batteria a flusso redox di scala industriale, che funziona con soluzioni elettrolitiche di vanadio.

Le reti elettriche tradizionali forniscono energia quando è richiesta dagli utenti. “La potenza prodotta dalle centrali elettriche tradizionali viene fatta variare per seguire le dinamiche previste dalla domanda: viene fatta crescere a una certa ora del giorno quando la domanda raggiungerà un picco, per poi essere ridotta quando diminuisce” spiega al Bo magazine Massimo Guarnieri. “Con le fonti rinnovabili questo non si può fare a meno di non sprecare una montagna di energia”. L'energia elettrica proveniente dalle fonti rinnovabili (eolico, fotovoltaico, ecc.) infatti non può essere programmata, ma va colta quando è disponibile, ovvero quando c’è sole o vento. Se poi la produzione dalle rinnovabili supera una certa soglia (il 20% del totale) le reti elettriche possono diventare instabili. “Per queste ed altre ragioni, le fonti rinnovabili implicano necessariamente sistemi di accumulo energetico”.

Oggi esistono varie tecnologie per far fronte a questa necessità. Alcune utilizzano le stesse batterie  agli ioni di litio che con ogni probabilità domineranno il mercato della mobilità elettrica e di cui ha parlato Stefano Passerini, professore del Karlsuhe Institute of Technology, Helmholtz Institute di Ulm, nella sua perspective lecture di lunedì 5 marzo in Aula magna del Bo. Secondo Passerini, in un mondo che punta alla mobilità sostenibile e alla riduzione dell'impiego di combustibili fossili, i veicoli elettrici, oltre a fungere da mezzi di trasporto, possono contribuire al contempo allo stoccaggio energetico. Chiaramente per raggiungere un simile obiettivo (si stimano 300 milioni di veicoli elettrici nei prossimi decenni), oltre allo sviluppo tecnologico, occorrono forti interventi infrastrutturali, come colonnine di ricarica in ogni nuovo edificio.

“Le batterie al litio hanno il vantaggio fondamentale di avere elevata densità di potenza e di energia, quindi prestazioni elevate” riporta Massimo Guarnieri. “Ma queste ed altre batterie, basate su altre chimiche, hanno dei limiti, perché i tempi di funzionamento a piena potenza sono necessariamente limitati. A piena potenza una batteria di quel tipo si scarica in circa un'ora. Un'altra limitazione sta nel numero di cicli di carica e scarica, alcune migliaia, che queste batterie riescono a fare prima di degradare”.

Secondo Massimo Guarnieri le batterie a flusso di elettrolita, in particolare quelle al vanadio, offrono grandi vantaggi rispetto a tutte le altre (come spiegato nel video e nel box di approfondimento): “Le batterie al vanadio hanno cicli di vita lunghissimi, 15-20.000 cicli, e tempi di vita a riposo lunghissimi, almeno 20 anni”. Ciò fa sì che la tecnologia al vanadio sia molto promettente per lo stoccaggio di energia elettrica nell'ambito stazionario.

 

Disporre di sistemi di accumulo nella rete elettrica permette di ripensare la modalità di fruizione dell'energia elettrica, migliorandone le prestazioni. Oggi si stanno sviluppando le cosiddette smart grid, le reti intelligenti, e si parla anche di micro grid (in Spagna e in est Europa ad esempio), ossia reti “minori” capaci di funzionare isolate completamente dalla rete nazionale, senza perdere in efficienza. “Inoltre un utente che disponga di un sistema di accumulo privato” spiega Massimo Guarnieri “potrebbe pensare: 'uso il mio sistema di accumulo per immagazzinare energia di notte comprandola dalla rete quando essa costa poco e la rivendo alla rete di giorno quando costa tanto; do così un beneficio alla rete perché l’aiuto a far fronte ai picchi di domanda’. Vi sarebbe una partecipazione economica distribuita tra i singoli utenti, in logica win-win. Questo tecnicamente si può fare, è già realtà negli Stati Uniti, sta diventando realtà in Germania e in Gran Bretagna, ma noi siamo bloccati dal fatto che la normativa impone che l’energia può essere venduta solo dai grandi operatori. Però qualcosa si sta muovendo devo dire, quindi è anche possibile che in un prossimo futuro i nostri legislatori si accorgano che il beneficio del singolo si può tradurre in un vantaggio per l'intera comunità”.

L’operatore nazionale Terna ha da qualche mese avviato cinque progetti pilota per verificare capacità e potenzialità dei sistemi di accumulo stazionario. Ma gli Stati Uniti e l'estremo oriente (Giappone, Corea e Cina) sembrano essere più avanti, poiché stanno investendo molto in questi nuovi paradigmi tecnologici; al contrario in Europa, secondo Massimo Guarnieri, manca un supporto finanziario per le ricerche sulle batterie a flusso. Nonostante Horizon 2020 preveda una riduzione del  20% nell'utilizzo di combustibili fossili, 20% di aumento dell'uso delle rinnovabili, 20% di aumento dell'efficienza, in tema di batterie la comunità europea sarebbe fortemente focalizzata solo su quelle agli ioni di litio, in vista del vastissimo impiego nell'ambito di trasporti e mobilità, un mercato che sta facendo passi da gigante verso l'elettrificazione. “Gli anni del motore a combustione interna stanno per finire”. Da ciò però deriverebbe una scarsa attenzione nei confronti dell'accumulo stazionario: “Il mio timore è che nel giro di qualche anno questo sarà un settore tecnologico in cui verremo colonizzati da prodotti americani, cinesi o coreani, non perché manchino le competenze o non ci siano le potenzialità in Europa, ma perché non si è voluto sostenerne lo sviluppo tecnologico e promuoverne l’industrializzazione. Noi abbiamo realizzato un sistema che in questo momento è unico in Italia e ha pochi equivalenti in Europa e al mondo” conclude Massimo Guarnieri. “Se ci fossero i finanziamenti e un intervento industriale deciso in questa direzione, in un anno la tecnologia potrebbe essere industrializzata anche in Italia. Noi abbiamo tutte le competenze necessarie. Abbiamo un gruppo di ragazzi molto bravi e molto motivati che sanno costruire da zero questi sistemi”.

Con ogni probabilità le batterie a flusso redox saranno una tecnologia fondamentale alla base dell'accumulo stazionario, un concetto ribadito anche da Stefano Passerini. Oltre al vanadio, oggi già commercializzato, la ricerca sta esplorando soluzioni basate su altri elementi. Ancora non si sa quale si imporrà sul mercato, la ricerca è molto attiva e la competizione accesa. È questione di trovare la chimica giusta.

Francesco Suman

Da sinistra a destra il gruppo di lavoro: Alberto Saccardo, Alessandro Giust, Andrea Trovò, Massimo Guarnieri, Piergiorgio Alotto, Sergi Porteros Villar, Giacomo Marini

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