CULTURA

"La verità su La dolce vita" a Venezia 77

La genesi, il disastro annunciato, il successo e la gloria, le conseguenze. Un racconto che, attraverso documenti inediti, svela i retroscena di uno dei film più celebri della storia del cinema. Alla 77esima Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia è stato presentato La verità su La dolce vita, film diretto da Giuseppe Pedersoli che, per raccontare il capolavoro di Federico Fellini, si concentra soprattutto sulla figura del produttore Peppino Amato (il regista è figlio di Bud Spencer e nipote di Amato) e il suo rapporto con Fellini stesso e con il produttore, imprenditore ed editore Angelo Rizzoli, che lo affiancò nell'impresa "impossibile". 

In occasione del centenario della nascita di Fellini e a sessant'anni dall'uscita de La dolce vita, definita da Pier Paolo Pasolini "troppo importante perché se ne possa parlare come si fa di solito di un film", anche il festival di Venezia sceglie di omaggiare il regista, ma spostando il punto di vista. Nell'opera di Pedersoli il vero protagonista è Giuseppe "Peppino" Amato, il produttore che scelse di credere e investire in un film rifiutato da tutti, perché considerato troppo lungo e troppo costoso, ma in cui Amato, copione alla mano, aveva visto subito qualcosa di straordinario, una luce, tanto che, per poterlo ottenere e quindi produrre, aveva deciso di attuare un vero e proprio baratto, cedendo La grande guerra al primo e ormai disinteressato produttore Dino De Laurentiis, per ottenere in cambio, appunto, i diritti de La dolce vita.

Il docufilm di Pedersoli, risultato di un lungo lavoro di ricerca e raccolta di documenti inediti, si sviluppa seguendo l'ordine degli eventi svelati dalla fitta corrispondenza originale intrattenuta tra il 1958 e il 1960 tra Amato, Rizzoli e Fellini, da immagini di repertorio, interviste d'archivio (a Federico Fellini, Marcello Mastroianni, Bernardo Bertolucci, Vittorio De Sica, Alvaro Mancori, Giuseppe Amato, Dino De Laurentiis), interviste originali (a Giovanna Ralli, Sandra Milo, Maria Amato, Valeria Ciangottini) e dalla ricostruzione dei fatti resa possibile dall'interpretazione di Luigi Petrucci, nei panni di Amato, e dal puntuale commento critico di Mario Sesti. 

Nel 1961, l'anno successivo all'uscita nelle sale, Amato depositò il soggetto La verità su La dolce vita (da cui questo docufilm prende il titolo) con l'intenzione di raccontare i dettagli e i retroscena della realizzazione del film, in qualche modo, la sua versione dei fatti: dalle incredibili difficoltà affrontate, passando per il successo internazionale, le critiche feroci, fino alla rottura dei rapporti trentennali con il suo socio storico Angelo Rizzoli.

Ora, l'opera presentata a Venezia 77, fuori concorso, riprende il discorso interrotto, eredita le intenzioni di Amato e ne tratteggia con cura il profilo e le esperienze precedenti all'avventura felliniana - Amato fu infatti produttore, tra gli altri, del capolavoro neorealista Umberto D. di Vittorio De Sica, di Francesco, giullare di Dio di Roberto Rossellini e della serie di film Don Camillo - e in generale descrive sogni, sfide, visioni di una figura centrale del cinema italiano degli anni Cinquanta e Sessanta, determinante per il successo di Roma città aperta di Rossellini, di cui non fu produttore ma per il quale scelse Anna Magnani come protagonista, per la carriera di Alida Valli, giovane attrice, diventata poi diva, e, ancora, per la prima volta di Totò in un ruolo drammatico nel film Yvonne la nuit, di cui Amato non fu solo produttore ma anche regista.

Il docufilm inizia con il viaggio di Amato fino a San Giovanni Rotondo per ricevere la benedizione da Padre Pio in persona, prima di iniziare l'avventura de La dolce vita e affrontare la sua personale via crucis fatta di visioni e "capricci" di un genio del cinema, già vincitore di due Oscar con La strada e Le notti di Cabiria, di budget sforati, scontri e continue incomprensioni. Un particolare, quello di Padre Pio, che oggi fa sorridere ripensando alla potenza rivoluzionaria del film di Fellini che, come un terremoto, si preparava a scandalizzare e scardinare i valori della società del tempo. Pedersoli ritrova, dunque, le tracce di quella che fu una vera e propria battaglia, un corpo a corpo tra Fellini e Amato (e Rizzoli), che nel tempo mise a dura prova la salute dello stesso Amato. Il risultato di quei carteggi, degli scontri, dei compromessi, delle soluzioni e infine di un incredibile successo, da sessant'anni, senza sosta, continua a far parlare di sé.

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