SCIENZA E RICERCA

L'editoriale. Free to think: altre violazioni della libertà di ricerca

La settimana scorsa abbiamo iniziato ad analizzare l’ultimo rapporto di Scholars at Risk, la rete internazionale di atenei che si occupa di verificare gli episodi di violazione della libertà di ricerca e di studio e di espressione nel mondo. Dopo il focus sulla Turchia, questa volta scegliamo due casi.

Il primo è quello dell’Iran. In generale tra il 2018 e il 2019 in ben 56 nazioni del mondo docenti e ricercatori sono stati sottoposti a restrizioni. In Iran, in particolare, mi ha colpito quello di un gruppo di naturalisti, imprigionati perché accusati di spionaggio. Ci sono altri casi, quello di una biologa, pure lei accusata di spionaggio e incarcerata nel 2018; quello di un esperto di storia euro-asiatica condannato a 10 anni di reclusione senza prove adeguate; infine quello di un medico, accusato sempre di spionaggio e condannato a morte senza assistenza medica minimamente adeguata. 

In un contesto totalmente diverso c’è un focus molto importante sul Brasile. Con il presidente Bolsonaro sono aumentati i raid nei campus contro studenti e docenti, di repressione delle manifestazioni e altre forme di minacce all’autonomia degli atenei brasiliani. In particolare, Bolsonaro ha licenziato il direttore dell’Istituto nazionale di ricerca aerospaziale perché aveva monitorato lo stato di deforestazione in Amazzonia. 

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