UNIVERSITÀ E SCUOLA

Donne e Stem: le geoscienze in Italia negli ultimi 20 anni

La parità di genere è uno degli obiettivi posti dall’Agenda 2030 dell’Onu. Tuttavia, nonostante alcuni progressi siano stati raggiunti, dato che oggi più ragazze frequentano la scuola, un numero maggiore di donne occupa posizioni di leadership e le leggi siano in fase di riforma proprio per promuovere la parità tra i sessi, molto rimane ancora da fare. Anche in ambito scientifico il divario tra uomini e donne resta evidente: stando ai dati Unesco, nel 2017 a livello mondiale nel settore della ricerca solo il 30% sono donne. Nonostante la crescente domanda di statistiche sul ruolo delle donne nella scienza, i dati nazionali e il loro impiego nei processi decisionali rimangono in molti casi limitati. Negli ultimi 20 anni la Commissione europea si è impegnata in questo senso e ha sostenuto numerose indagini per monitorare la situazione. Il report She Figures, in particolare, pubblicato con cadenza triennale a partire dal 2003, rappresenta ormai un riferimento indispensabile per esaminare le differenze di genere nel settore della ricerca e dello sviluppo nell’Unione europea.    

Volendo analizzare, nello specifico, l’ambito accademico, si rileverà una sottorappresentazione significativa delle donne soprattutto nel campo delle cosiddette scienze dure (Stem - Science, Technology, Engineering and Mathematics), specie nei ruoli di responsabilità. Un tema, questo, ormai ben noto e ampiamente dibattuto.

Uno studio pubblicato recentemente su Advances in Geosciences, coordinato dal dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova, prende in esame, per esempio, la posizione delle donne nel sistema universitario italiano nell'area delle geoscienze negli ultimi due decenni, e dimostra che la maggior parte delle posizioni permanenti sono occupate da uomini.

Guarda l'intervento di Claudia Agnini, del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova. Montaggio di Elisa Speronello

I dati ufficiali relativi ai professori ordinari e associati nei 19 anni considerati evidenziano alcuni trend positivi: si è assistito a un aumento del numero di professori ordinari donne dal 9% al 18,5% e di associati donne dal 23,6% al 28,9%. Tuttavia anche se il numero di ordinari donne è quasi raddoppiato in questo periodo, la crescita rappresenta ancora un trend eccessivamente lento. Dal 2014 al 2019 la percentuale rimane costante, circa del 20% ad eccezione del Sud Italia, che invece mostra un ritorno a valori inferiori al 15%. Tra i ricercatori (a tempo determinato di tipo B, come previsto dalla legge 240/2010), invece, la percentuale femminile è del 26%. Un dato significativo se si considera che non è stato riscontato nessun divario di genere tra studenti e studentesse durante il dottorato di ricerca.

Tra gli aspetti positivi del sistema universitario italiano va indicato lo “zero-pay gap”, cioè la parità di stipendio tra uomini e donne, a fronte di un divario salariale compreso tra il 15% e il 30% dei Paesi più ricchi dell’Italia.

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