SCIENZA E RICERCA

Cerotti ecologici e imballaggi da scarti vegetali: i materiali del futuro sono già qui

Imballaggi ecologici realizzati a partire da scarti vegetali, cerotti sostenibili che possano essere riassorbiti dalla cute e siano in grado di facilitare la rigenerazione cellulare, ma anche dispositivi elettronici biodegradabili. La ricerca scientifica dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova è attivamente impegnata nello sviluppo di materiali intelligenti che permettono di ridurre l’uso della plastica e danno concretezza agli obiettivi dell’economia circolare. La sfida è adesso avere al fianco il mondo delle imprese affinché queste tecnologie possano entrare a far parte del sistema produttivo e si riesca così a limitare l’impatto sull’ambiente.

Il Festival della scienza di Genova dedica a questo tema una conferenza: si parla del cambiamento climatico, di come i cittadini e, in particolare le giovani generazioni, si approcciano ai problemi ambientali e di quali azioni vengono messe in atto per ridurre le conseguenze dell’azione antropica sul nostro pianeta. In questo contesto il mondo scientifico presenta le soluzioni più innovative sviluppate negli ultimi anni e Il Bo Live ha avuto l’occasione di ascoltare in anteprima da Giulia Suarato, ricercatrice dell’IIT di Genova, quali sono alcuni dei principali materiali che hanno le caratteristiche necessarie per essere definiti intelligenti. Il principio base è quello del riutilizzo: nel settore degli imballaggi si parte da scarti alimentari o prodotti vegentali invenduti, come arance, carciofi o pomodori, nell’ambito biomedicale si parte invece da scarti dell’industria tessile.

Giulia Suarato è rientrata in Italia nel 2016 dopo aver conseguito il dottorato in Materials Science and Engineering alla Stony Brook University di New York. “E’ stata un’esperienza molto importante perché ho avuto l’opportunità di entrare a contatto con culture di ogni parte del mondo, oltre naturalmente all’aspetto formativo dell’esperienza a livello scientifico. Sono felice di essere rientrata in Italia perché è bello riportare nel proprio Paese le conoscenze acquisite all’estero e l’Istituto italiano di tecnologia di Genova offre un ambiente internazionale di ampio respiro e si riesce a fare buona scienza”. Dopo l'esperienza maturata negli Stati Uniti, Giulia Suarato è entrata a far parte del dipartimento Smart materials dell'IIT,  gruppo di lavoro guidato da Athanassia Athanassiou e che ha l'obiettivo di sviluppare nuovi materiali a partire da polimeri naturali o biodegradabili. 

Intervista a Giulia Suarato, ricercatrice del dipartimento Smart materials dell'Istituto italiano di tecnologia di Genova. Servizio e montaggio di Barbara Paknazar

"Gli smart materials - introduce la ricercatrice Giulia Suarato - sono materiali capaci di svolgere una determinata funzione in modo intelligente e senza andare ad impattare in modo negativo sull’ambiente. E' l'ambito di cui si occupa il dipartimento in cui lavoro che ha l'obiettivo di mettere a punto materiali che siano completamente biodegradabili nell’arco di poche settimane o pochi mesi, a seconda della loro specifica applicazione. L’esempio principale riguarda gli imballaggi che, come sappiamo, oggi sono la prima fonte di inquinamento da plastica: sono materiali che normalmente hanno una breve vita perché devono solo svolgere la funzione di contenere qualcosa per un periodo limitato di tempo e poi finiscono per essere rilasciati nell’ambiente".

"Per questo motivo - prosegue la ricercatrice dell'IIT di Genova - una delle strategie chiave su cui ci siamo concentrati è ottenere degli imballaggi a partire da scarti dell’industria agroalimentare, completamente vegetali e biodegradabili. Se ci pensiamo la plastica non è nient’altro che un insieme di macromolecole e anche la frutta e la verdura che mangiamo quotidianamente sono costituite da polimeri, però di derivazione naturale. Giocando un po’ con la chimica del materiale riusciamo ad ottenere qualcosa di performante ma biodegradabile. E l’aspetto interessante è che queste strategie tecnologiche possono essere implementate a chilometro zero perché possiamo recuperare dalle aziende produttrici vicine gli scarti delle lavorazioni oppure l’invenduto che altrimenti andrebbe buttato. Per fare qualche esempio abbiamo lavorato con gli scarti del cacao, del caffè, con l’invenduto del carciofo e di altre verdure. Si possono ottenere materiali intelligenti con quasi tutti i tipi di frutta e verdura".

La plastica in futuro potrà essere eliminata anche dall'ambito biomedicale dove si punta ad ottenere garze e cerotti che possano essere riassorbiti direttamente dalla cute. E l'idea è quella di sviluppare prodotti con caratteristiche tali da facilitare addirittura la guarigione delle ferite e delle lesioni della pelle.

"C’è tantissimo scarto anche nell’ambito del biomedicale e sono anche rifiuti particolarmente difficili da smaltire. Lavorando su sistemi che sono capaci di biodegradarsi nel tempo, pensiamo per esempio a cerotti intelligenti che posti sulla cute non solo ne facilitino la guarigione ma possano essere anche completamente riassorbiti, riusciamo a diminuire lo scarto coinvolto in questo tipo di applicazioni. Per sviluppare questi materiali partiamo da scarti dell’industria tessile, rifiuti della produzione della lana e della seta, e andiamo ad estrarre i costituenti principali. In questo modo riusciamo anche a sfruttare le proprietà stesse di queste proteine di derivazione naturale per favorire processi di rigenerazione tissutale o adesione cellulare. Un’altra caratteristica fondamentale è la trasparenza perché in questo modo la ferita può essere monitorata facilmente", spiega Giulia Suarato.

Questi materiali intelligenti possono quindi trovare applicazione in vari ambiti, dal packaging all’ambito biomedicale, fino all’elettronica. "I dispositivi elettronici sono parte integrante della nostra vita quotidiana e poterli rendere più facilmente degradabili è molto importante", aggiunge la ricercatrice che sottolinea poi come il settore industriale sia ampiamente ricettivo davanti a queste nuove opportunità che arrivano dalla ricerca. "Quando presentiamo i nostri lavori il mondo dell’industria è sempre molto interessato. Abbiamo delle attività in collaborazione con alcune aziende per sviluppare degli impianti pilota volti a spostare le nostre tecnologie dal bancone del laboratorio ad un setting industriale dove ovviamente le quantità e i processi sono molto più ampi. Inoltre tutte le strategie che mettiamo a punto sono facilmente realizzabili e vengono sviluppate in modo tale da poter processare i nostri materiali attraverso le tecnologie ad oggi in uso negli impianti industriali. Non occorre quindi effettuare una riconversione degli impianti e si possono utilizzare gli stessi macchinari, parliamo ad esempio di stampaggio ad iniezione, stampaggio a 3D, estrusore. In laboratorio noi abbiamo dei piccoli macchinari semindustriali che servono a testare le nostre formulazioni, ovviamente il contatto con l’industria è fondamentale per poter far avvenire questa traslazione in modo più completo", continua Suarato.

E il Festival della Scienza è un'importante occasione di contatto tra i cittadini e il mondo della ricerca. "Sono molto contenta di partecipare - conclude Giulia Suarato -  perché presentare le nostre innovazioni tecnologiche ai cittadini è anche quasi un nostro dovere ed è importante sensibilizzare l’opinione pubblica sulle strategie tecnologiche e ingegneristiche che riusciamo a mettere a punto e che possono avere un risvolto sulla nostra vita".

 

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