CULTURA

Venezia1600. Dalla Serenissima Signoria all'annessione al Regno d'Italia

Se ci chiediamo quale sia stata l'epoca d'oro della Serenissima, non possiamo non pensare alla Repubblica di Venezia, e ai secoli in cui il commercio fiorente e lo sviluppo economico, artistico e culturale hanno permesso alla città di diventare una vera e propria potenza del Mediterraneo. La Repubblica di Venezia, che non era di certo una repubblica nel senso moderno del termine, aveva però una serie di debolezze strutturali, che l'avrebbero condotta a un lento declino e poi alla caduta dei suoi territori in mani straniere, almeno fino all'annessione al Regno d'Italia nel 1866. Ripercorriamo allora alcune tappe di questa storia millenaria insieme al professor Walter Panciera, docente di storia moderna e storia della Repubblica di Venezia all'università di Padova.

L'intervista completa al professor Panciera. Montaggio di Elisa Speronello

“Sulle origini di Venezia ci sono parecchie discussioni, perché la nascita del centro urbano di Venezia si confonde con il mito. La stessa stroriografia veneziana costruisce sulle sue origini una narrazione abbastanza complessa e in parte fuorviante”, premette il professor Panciera.


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“La laguna, prima di essere una città, è un agro coltivato, ed è un'area ben conosciuta anche per la navigazione endolitorale tra Ravenna e Altino. Il nucleo urbano si forma molto lentamente, a partire dal VI-VII secolo, prima verso i lidi, come Malamocco, e verso la foce del Brenta, dove sono state trovate strutture portuali di età romana, e poi verso il centro storico.

La fortuna di Venezia è quella di rimanere legata a lungo all'impero bizantino, perché dopo l'invasione longobarda, la caduta di Ravenna e la fine dell'esarcato nel 751, Venezia diventa l'unico avamposto militare bizantino nel nord dell'Italia e come tale assume un'importanza notevole. La figura del doge, infatti, è la trasformazione del magister militum bizantino, un capo militare che sovraintende all'area lagunare.

I rapporti con Bisanzio rimangono molto stretti fino al X secolo, quando ha inizio la forte ascesa mercantile di Venezia e la sua affermazione come città-stato. Anche se la sua autonomia viene formalmente riconosciuta da Carlo V solo nel 1530, dal punto di vista sostanziale, già dal XII secolo, Venezia è autonoma e, dopo la quarta crociata, nel 1204, si approprierà addirittura, per una sessantina di anni, di Costantinopoli”.

“Dal 1200 in poi, si sviluppa il primo nucleo dello stato veneziano, quello chiamato Stato da mar, formato da una serie di espansioni territoriali in Istria, Dalmazia e Peloponneso, fino alle isole di Creta e Cipro. Nel 1300-1400, questa forte espansione nell'area del Mediterraneo orientale si accompagna all'espansione in terraferma. A partire dal 1404 avviene l'acquisizione dei territori italiani contro i potentati e le signorie dell'epoca, come i Carraresi, i Visconti e Impero asburgico. Si tratta quindi di una progressiva espansione in uno stato che per i veneziani era tricefalo: c'erano lo Stato da mar, lo Stato da terra e il Dogado, ovvero l'area della laguna e della città di Venezia.

La massima espansione sul piano territoriale viene raggiunta alla fine del 1400. La guerra di Cambrai riduce (anche se non di molto) i possedimenti italiani, creando un assetto stabile che durerà fino alla fine del 1700, tranne che per alcune variazioni in seguito alle guerre contro i turchi. Venezia, nel Seicento, perde Cipro e Creta ma si espande in Dalmazia. Dopo la guerra di Morea, a fine '700, acquista territori importanti all'interno della penisola balcanica.

Dal punto di vista economico, Venezia continua nella sua vocazione manifatturiera e commerciale. Il 500 è l'età dell'oro della repubblica di Venezia. Si sposta infatti dallo sviluppo dell'agricoltura autosufficiente alla specializzazione nei processi di lavorazione del vetro e della seta, e in una serie di produzioni industriali che favoriscono l'interscambio di lana, seta e vetro con l'Oriente, in cambio di materie prime, come le spezie.

Quale modello di stato rappresenta la Repubblica di Venezia?

Venezia non è una repubblica nel senso moderno del termine, ma è piuttosto lo sviluppo di una struttura di tipo comunale che si manifesta tra il XII e il XIII secolo nella città di Venezia verso forme signorili, che non si evolve in senso dinastico, bensì nella chiusura oligarchica di un gruppo di persone che diventeranno i nobili veneziani del Maggior Consiglio.
Questo gruppo conta inizialmente circa 2000-2500 persone che si autoproclamano gruppo dirigente e aristocrazia. Non sono nobili di spada, ma mercanti. Le elezioni si svolgono solo tra i membri di questo gruppo ristretto, i quali sono gli unici che hanno il diritto e il dovere di governare e di distribuirsi le cariche.

All'interno di questa classe dirigente emergeranno alcune grandi famiglie e nel corso del '500, '600 e '700, l'unico gruppo che conta è quello della aristocrazia senatoria, ovvero coloro che riescono ad accedere ai seggi del Senato, che è l'organo legislativo vero e proprio della repubblica”.

“Sono problematici, però, i rapporti con i territori annessi, ovvero con lo Stato da mar e lo Stato da terra, che sono regolati da una concezione di tipo medievale, in cui c'è una città dominante che stipula dei patti di dedizione con gli altri territori, pur con la conservazione di prerogative di tipo legislativo e giudiziario a livello locale, con norme e tribunali riservati all'aristocrazia locale.
Si tratta di un assetto complesso e variabile, perché i patti di dedizione tra Venezia e i suoi domini sono diversi. L'unica città che veramente cade sotto il controllo ferreo di Venezia, e non conserva le proprie magistrature cittadine, è Treviso, che è la prima ad essere assorbita in orbita veneziana alla fine del '300.

Venezia, insomma, è una specie di città-stato che diventa, come dicevano i veneziani stessi, dominante. Riferendosi al loro potere, infatti, costoro non si identificano in una nazione o uno stato, ma si definiscono Serenissima signoria, un termine di ascendenza medievale che si estende ai territori sudditi. Nelle carte di stato, infatti, troviamo queste due parole molto significative: dominante, riferito a Venezia, e dominio riferito ai possedimenti”.

Quali sono allora le cause del declino della Serenissima? Quali sono le sue debolezze evidenziate poi dall'arrivo dell'armata napoleonica?

“La prima debolezza è una scarsa coesione sul piano statuario”, risponde il professor Panciera. “C'era uno scarso senso di appartenenza comune, anche perché le élite della terraferma veneta, pur essendo spesso ricchissime come quella di Venezia, non partecipano alla distribuzione delle cariche pubbliche.
Ci poi sono problemi di natura strutturale, come la situazione fiscale. L'imposizione fiscale è bassa, e la capacità di incidenza pubblica è molto labile: le imposte indirette vengono appaltate, e quelle dirette sono molto mal gestite. Dunque, la capacità di spesa è poca.
Mentre nel '500, seppur con difficoltà, Venezia indebitandosi riusciva a far fronte ai grandi impegni da punto di vista bellico, nel '700 servono molte più risorse. La città ne ha poche, e non vuole spendere per l'ammodernamento dell'esercito di terra. Per questo, quando appaiono le armate rivoluzionarie, si trova con una debolezza difensiva.

A quel punto, poi, c'è molta incertezza a livello decisionale. L'aristocrazia veneziana non è concorde riguardo all'atteggiamento da avere verso la repubblica francese. A quel tempo, Venezia ha ancora un suo ambasciatore a Parigi, sono ancora possibili rapporti diplomatici. L'aristocrazia spera di poter contrattare con Napoleone Bonaparte, che invece propone un'alleanza. Si tratta uno di quegli snodi della storia, l'età napoleonica, in cui o ci si schierava con la nuova concezione dello stato e della società sorta dalla rivoluzione, oppure con la controrivoluzione. Non c'era altra possibilità di scelta. Lì si commette l'errore di non schierarsi, quando invece era necessario farlo. Venezia si ritrova perciò in una situazione molto difficile: deve accettare il dictat napoleonico e il potere sovrano scioglie se stesso.
Anche in questo caso emerge la la mancanza di coesione nazionale, perché inizialmente vengono costituite delle municipalità provvisorie nelle varie città di terraferma, le quali però, in una riunione a Bassano del Grappa, dichiarano di non voler restare con Venezia”.

Che tipo di evoluzione subiscono allora i territori italiani della Repubblica di Venezia dopo il trattato di Campoformio e fino all'annessione all'Italia?

“Subiscono una serie di dominazioni straniere”, spiega il professor Panciera. “Dopo il 1797, Venezia è dominata dall'impero austriaco per 59 anni su 68, con la breve parentesi del Regno d'Italia napoleonico, al quale erano già stati annessi i territori ad est del Mincio, compreso un pezzo della città di Verona. È un'evoluzione drammatica e traumatica perché c'è una forte e profonda discontinuità sul piano istituzionale, giuridico e normativo. L'introduzione dei codici francesi e poi austriaci in qualche misura sconvolgono le strutture della vita civile.
Nel 1809 si apre poi una profonda crisi economica che metterà a dura prova tutto l'impianto economico della repubblica, specialmente il comparto manifatturiero, che subisce dei fortissimi contraccolpi.
C'è quindi una fortissima contrazione della base industriale, che causa una ruralizzazione del Veneto nel 1800. Il 1848 nel Veneto è, come in molte parti di Italia, una rivolta popolare contro una dominazione straniera che viene percepita profondamente ingiusta e non consona alle aspettative del popolo. Nel corso dell'età napoleonica e austriaca, le élite del Veneto elaborano un discorso di tipo nazionale. Adottano una prospettiva unitaria nazionale e italiana fin dalla fine del 1797.
Nel 1866, quando dopo la terza guerra di indipendenza vengono fatti i plebisciti per l'annessione all'Italia, la Serenissima era tramontata da tempo e l'unica scelta possibile era quella tra una dominazione straniera mal digerita e una prospettiva nazionale di ambito italiano, che viene considerata l'opzione migliore da parte di tutta l'élite veneta”.

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