SCIENZA E RICERCA

Tracce di migrazioni preistoriche nascoste nel nostro patrimonio genetico

Il patrimonio genetico dei popoli europei contemporanei è stato plasmato in larga misura dalle antichissime migrazioni che hanno attraversato il continente durante la preistoria, producendo anche mutamenti culturali. Luca Pagani, professore di antropologia molecolare dell'università di Padova, ha lavorato recentemente ad alcuni studi che hanno fornito nuove informazioni utili per ricostruire con più precisione questi eventi migratori.

Il professor Pagani è co-primo autore di uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology, che si basa sull'analisi di un antichissimo campione genetico proveniente da un reperto umano ritrovato nel sito di Riparo Tagliente, in Veneto. I risultati di questo lavoro di ricerca suggeriscono che gli eventi migratori avvenuti dopo l'era glaciale siano iniziati circa 17.000 anni fa, e perciò 3000 anni prima di quanto si pensasse.

“Le popolazioni umane che abitavano l'Europa prima dell'era glaciale non sono in continuità con le popolazioni che l'hanno abitata dopo la sua fine. Questo significa che, se analizziamo il dna delle persone che sono morte in Europa 20.000-25.000 anni fa scopriamo che esso non è imparentato con quello delle persone che vivevano in Europa 14.000 anni fa. Questo è stato scoperto nel 2016 da alcuni studiosi, che hanno dimostrato che le popolazioni umane che vivevano in Europa 14.000 anni fa sono frutto di una nuova migrazione che si presume si sia originata dalle parti del Mar Nero per poi muoversi verso ovest. Questa scoperta è associata al sito archeologico di Villabruna in provincia di Verona, in onore del quale si parla appunto di rimpiazzamento villabruniano”.

L'intervista completa al professor Pagani. Montaggio di Barbara Paknazar

“A partire da 19.000-17.000 anni fa l'era glaciale iniziò gradualmente a ritrarsi per lasciare posto a un periodo più caldo. Grazie alla ricostruzione paleoclimatica sappiamo inoltre che all'incirca 14.000 anni fa il pianeta ha attraversato un periodo particolarmente caldo. È stato ipotizzato, quindi, che dopo l'era glaciale, a partire da questo periodo più caldo, le condizioni climatiche fossero tali da permettere le migrazioni di cui parliamo.

Nel nostro studio abbiamo analizzato il dna di un reperto di 17.000 anni, che è quindi più antico di 3000 anni rispetto a questo periodo paleoclimatico. Si tratta quindi di una persona vissuta apparentemente in un'epoca in cui faceva più freddo, quando il clima non era certo glaciale ma comunque piuttosto inospitale. Perciò, non sapevamo cosa aspettarci da questo relitto: apparteneva a qualcuno che abitava in Europa prima dell'era glaciale o a un pioniere di questa nuova migrazione?

Il quesito è particolarmente interessante perché con la fine dell'era glaciale compaiono in Europa, soprattutto in quella meridionale, dei nuovi pacchetti culturali, chiamati epigravettiano. Siccome l'individuo di cui abbiamo studiato il dna era associato anche a reperti di questa cultura materiale, si è presentata l'occasione giusta per rispondere a un'altra domanda: quando incontriamo tracce di epigravettiano, queste possono essere associate anche a individui più antichi, che avevano quindi una cultura nuova ma un genoma pre-glaciale? La risposta è stata: no. Questo individuo di 17.000 anni ritrovato a Riparo Tagliente faceva già parte del rimpiazzamento di Villabruna.

La nostra analisi suggerisce quindi che non appena il Nord Italia si liberò dalla glaciazione, queste aree furono ricolonizzate da popolazioni che non erano originarie dell'Europa meridionale, bensì delle zone del Mar Nero o addirittura dell'Anatolia. Contemporaneamente al loro arrivo, comparirono anche nuovi pacchetti culturali”.

La scoperta di Pagani e coautori suggerisce perciò che il periodo caldo di 14.000 anni fa non sia stata la condizione necessaria affinché gli eventi migratori potessero iniziare, perché questi spostamenti si erano verificati anche prima.

Come spiega Pagani, “piuttosto che considerare l'origine dei successivi cacciatori e raccoglitori nel nostro continente a partire da 14.000 anni fa come un evento che si innesta su una cultura pre-esistente europea, il nostro ritrovamento, insieme ad altri risultati, ci fa pensare che dopo l'era glaciale, che probabilmente è stata una delle cause della scomparsa delle popolazioni umane in Europa, ci sia stato un completo rimpiazzo di popoli e di culture, specialmente nelle aree meridionali”.

Il professor Pagani ha lavorato recentemente anche a un altro studio, che ha come oggetto le migrazioni del passato in Italia in un periodo molto interessante della storia genetica italiana ed europea.

“Ci troviamo sempre in Veneto, ma stavolta siamo in un'altra epoca: quella dell'inizio dell'età del bronzo, circa 5000 anni fa”, racconta. “Come spesso accade, si tratta di un periodo in cui ci furono movimenti sia di persone, sia culturali. È un momento che segna l'arrivo in Italia di componenti genetiche che provengono dalle steppe russe e ucraine. Era già risaputo che ai cambiamenti culturali di questo periodo fosse associata una particolare componente genetica, che non si trovava nei campioni italiani antichi dell'epoca pre-bronzo, mentre invece era presente in campioni post-età del ferro e romani. Si era già capito, quindi, che probabilmente la componente genetica delle steppe fosse arrivata in Italia durante l'età del bronzo.

Nel nostro studio abbiamo analizzato il genoma di individui provenienti dal nord e dal centro Italia, i cui resti sono stati ritrovati in siti archeologici in Veneto, in Romagna e in Lazio. Avendo perciò a disposizione campioni genetici sia pre che post Bronzo per siti comparabili, siamo riusciti a vedere la componente delle steppe “mentre” arrivava in queste aree, ottenendo quindi un'osservazione diretta di questo grande cambiamento genetico che spiega una grossa porzione del genoma di noi italiani ed europei moderni che, come si è visto negli ultimi anni, è un millefoglie di stratificazioni di migrazioni. Come dicevamo prima, infatti, gli umani che vivevano in Europa prima dell'era glaciale non hanno lasciato praticamente nessuna discendenza in noi, mentre le popolazioni che sono arrivate a Riparo Tagliente e a Villabruna spiegano circa il 20% del nostro genoma. Successivamente, c'è stato un arrivo di componenti genetiche durante il Neolitico e, ancora dopo, quello di cui dicevamo poco fa, avvenuto durante l'età del bronzo. Tutto questo senza considerare il 2% di dna neanderthaliano che abbiamo in quanto eurasiatici. Insomma, più sono i genomi antichi che abbiamo a disposizione dall'Italia e dall'Europa, più possiamo comprendere il nostro grande puzzle genetico”.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012