SCIENZA E RICERCA

La scienza del clima e della biodiversità: il rapporto congiunto di IPBES e IPCC

L’IPBES e l’IPCC, i due organi intergovernativi che si occupano rispettivamente di biodiversità e di cambiamenti climatici, coronano la loro prima collaborazione attraverso la pubblicazione di un Report congiunto, presentato per la prima volta in videoconferenza il 10 giugno 2021. Il Rapporto, a cui hanno lavorato cinquanta esperti delle due organizzazioni, è il frutto di un Workshop tenutosi lo scorso dicembre, in cui IPCC e IPBES hanno, per la prima volta, unito le forze allo scopo di affrontare in modo unitario e coordinato le due grandi sfide del nostro tempo: la crisi climatica e la crisi della biodiversità.

Il documento rilasciato presenta i risultati scientifici del Workshop: al centro delle ricerche e dei dibattiti dei cinquanta ricercatori vi è l’individuazione di soluzioni e pratiche che consentano di affrontare congiuntamente le due crisi, quella climatica e quella ambientale, attraverso una puntuale disamina delle attuali possibilità d’azione, delle quali sono stati valutati pro e contra.

Gli scienziati di IPCC e IPBES sottolineano con forza l’importanza di superare l’approccio, ancora oggi largamente adottato, che tratta quella ambientale e quella climatica come emergenze separate; al contrario, i ricercatori auspicano – e indicano la via per – un approccio olistico alla questione, evidenziando come la mitigazione e l’adattamento a un clima in cambiamento, la tutela della biodiversità e il benessere umano siano obiettivi strettamente interdipendenti e inscindibili l’uno dall’altro.

Non esistono soluzioni facili a problemi complessi

All’interno delle sette sezioni nelle quali è articolato il Rapporto, viene proposta un’analisi comparata delle soluzioni oggi disponibili, valutando, per ognuna di esse, l’impatto – positivo e negativo – non solo sul settore di riferimento, ma anche sulle altre due dimensioni coinvolte. In contemporanea con i due importanti appuntamenti del 2021 per il clima e per la biodiversità (la COP15 della Convenzione sulla Diversità Biologica e la COP26 sul Cambiamento Climatico), gli scienziati offrono una valutazione complessa e dettagliata di cosa è stato fatto finora e di come, da adesso e nei prossimi, cruciali, anni sarà possibile intervenire per prevenire e per curare.

Sono diverse, ad esempio, le strategie di mitigazione per il cambiamento climatico che presentano conseguenze negative per la preservazione della biodiversità: è il caso di riforestazione e afforestazione, che, se non realizzate secondo stringenti criteri di tutela dell’ecosistema ospitante, potrebbero avere effetti deleteri sull’abbondanza e sulla diversità delle specie presenti a livello locale. Un progetto di riforestazione realizzato sotto forma di monocoltura, ad esempio, garantirebbe, sì, il sequestro delle emissioni di carbonio, ma a discapito della ricchezza biologica dell’ecosistema. Ancora, il progetto di fare largo uso di energie rinnovabili per attuare la transizione energetica implica un vertiginoso aumento della domanda di minerali rari, la cui estrazione, utilizzo e smaltimento alla fine del ciclo di utilizzo hanno costi ambientali altissimi. Affrontare queste potenziali contraddizioni è essenziale: quando si parla di mitigazione e adattamento al clima, di biodiversità e di salute e benessere umani, qualunque compromesso è inammissibile. Tali questioni non possono che essere affrontate congiuntamente: rinunciare a una implicherebbe, necessariamente, la rinuncia a tutte le altre. Nel sistema complesso della biosfera terrestre, infatti, tout se tient.

Gli ambiti in cui, secondo gli autori del Report, è necessario attuare cambiamenti rapidi ed effettivi sono numerosi: si pensi alle tecnologie di mitigazione del cambiamento climatico, di cui va considerato il possibile impatto negativo sulla biodiversità; al sistema di produzione alimentare, che, se ripensato, può divenire un contenitore di pratiche virtuose sia per il clima che per l’ambiente; al mutamento delle abitudini individuali di consumo (alimentare e non), mutamento che può rappresentare un forte stimolo alla transizione verso la sostenibilità del settore industriale; alle realtà cittadine, che da hotspot di inquinamento e omogeneizzazione biotica possono trasformarsi in poli verdi per la sostenibilità e per la conservazione della biodiversità

Le nature-based solutions

«Gli approcci multisettoriali, che enfatizzano la decarbonizzazione delle economie e dell’industria energetica nel breve termine e che, al tempo stesso, spingono verso l’implementazione di nature-based solutions dall’alta capacità di sequestrare carbonio e che offrono benefici alle comunità locali, sono quelli che hanno maggiori possibilità di successo», si legge nel Report. Le nature-based solutions, cioè le soluzioni basate sulla capacità dei sistemi naturali di essere resilienti, sono indicate come uno strumento fondamentale per raggiungere, entro i prossimi nove anni, gli obiettivi individuati dall’Accordo di Parigi.

Tali soluzioni, tuttavia, non saranno sufficienti se non verranno affiancate da un reale ed effettivo impegno per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti (in particolare, com’è noto, di anidride carbonica) soprattutto a carico del settore dei combustibili fossili. «Per sfruttare a pieno le potenzialità delle nature-based solutions – spiegano gli scienziati di IPBES e IPCC – richiederà una rapida azione mirata alla riduzione delle emissioni e alla limitazione del riscaldamento, poiché proprio il riscaldamento riduce l’efficacia delle nature-based solutions nel medio periodo».

Accanto all’attuazione di soluzioni “copiate” dalla natura, è essenziale che ci impegniamo a proteggere la natura stessa: la tutela della biodiversità e il mantenimento di ecosistemi in salute sono la migliore assicurazione contro il collasso dei sistemi socio-ecologici globali. Un ecosistema in salute garantisce i servizi ecosistemici, insostituibili per l’uomo, e costituisce anche una protezione dai repentini mutamenti causati da un clima in trasformazione. Perciò, per costruire, per le future generazioni umane, un futuro sostenibile ed equo, è necessario «un cambiamento rapido, radicale e trasformativo, che comprenda anche un nuovo modo di pensare in cui gli aspetti tecnici, politici, finanziari e sociali delle soluzioni da mettere in campo siano non più separati, ma integrati in una prospettiva olistica.

Un cambiamento trasformativo

Come definito nel Rapporto IPBES 2019 sulla biodiversità e i servizi ecosistemici, il cambiamento trasformativo è «una radicale riorganizzazione sistemica che comprende aspetti tecnologici, economici e sociali, inclusi i paradigmi, gli obiettivi e valori». Realizzare in poco tempo, e su scala globale, un simile mutamento è una sfida colossale. Ne sono consapevoli i ricercatori, che infatti dedicano l’intera settima sezione del Rapporto congiunto ad una riflessione sui problemi, le possibilità e le modalità di attuazione di questa svolta epocale.

Oltre a dover ripensare al modello di governance adatto a guidare questa transizione – saranno necessari, ad esempio, nuovi strumenti legali e nuove figure decisionali che provengano non solo dal mondo politico, ma che rappresentino anche il mondo industriale, la società civile e le tante minoranze che vogliono difendere i propri diritti – bisognerà intervenire con precisione su alcune aree cardine dell’attuale conformazione sociale. Gli autori del Report hanno individuato otto fondamentali aree d’azione:

  • riconoscere l’esistenza di visioni diverse sul raggiungimento di una buona qualità di vita per tutti;
  • ridurre il consumo e gli sprechi a livello globale;
  • attuare un mutamento di valori (dall’attuale mentalità economicistica, che si è rivelata fonte di ingiustizia sociale e ambientale, a nuovi valori che riconoscano il legame tra clima, biodiversità, giustizia);
  • ridurre le diseguaglianze;
  • praticare la giustizia e l’inclusione;
  • internalizzare le esternalità;
  • garantire tecnologie, innovazioni e investimenti responsabili;
  • promuovere l’educazione e la conoscenza.

«La creazione di un futuro sostenibile necessita di una visione da costruire congiuntamente, permettendo a più attori di progettare diversi obiettivi e traguardi flessibili. Guardare alle crisi della biodiversità e del clima come un unico problema aiuta a identificare obiettivi validi per entrambe. Tuttavia, non ci sono soluzioni uniche, e diversi problemi chiave devono ancora essere affrontati – ad esempio il fare eccessivo affidamento su misure volontarie o economicistiche, l’inadeguatezza dei finanziamenti, le difficoltà nel contestualizzare gli obiettivi quantitativi e i meccanismi di attribuzione delle responsabilità ancora insufficienti», scrivono gli autori. Tuttavia, la strada è tracciata. I numerosi accordi internazionali hanno stabilito gli obiettivi da raggiungere, gli scienziati offrono indicazioni sulla strada da seguire: è compito dei decisori politici, dei protagonisti dell’economia globale e anche della società civile assumersi la responsabilità di accogliere questa sfida, con responsabilità. Rimandare, ormai, non si può più: bisogna agire.

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