SCIENZA E RICERCA

Quanto sono verdi le nostre città?

Andando ogni mattino al suo lavoro, Marcovaldo passava sotto il verde d’una piazza alberata, un quadrato di giardino pubblico ritagliato in mezzo a quattro vie. Alzava l’occhio tra le fronde degli ippocastani, dov’erano più folte e solo lasciavano dardeggiare gialli raggi nell’ombra trasparente di linfa, ed ascoltava il chiasso dei passeri stonati ed invisibili sui rami

Italo Calvino, Marcovaldo ovvero Le stagioni in città

Si è parlato spesso in passato, e ancora oggi si fa un gran parlare del verde urbano, della sua importanza e del ruolo che gioca nel contrastare alcuni effetti del cambiamento climatico, in particolare le isole di calore. Queste sono un’anomalia termica che si forma quando nelle aree urbane l’accumulo di calore è più alto di quello delle zone rurali limitrofe. Nelle città, infatti, dove ci sono meno superfici vegetate e più costruite, si ha una riduzione dei processi di evaporazione e di traspirazione, che solitamente convertono l’acqua in vapore sottraendo calore. La presenza di aree verdi nelle città, però, riesce a mitigare questo fenomeno perché gli alberi apportano ombreggiamento ed evapotraspirazione. Verrebbe quindi da pensare che, in un periodo storico in cui parole come cambiamento climatico, riscaldamento globale ed ecosostenibilità sono all’ordine del giorno, la cura e la promozione del verde urbano sia di fondamentale importanza e urgenza.  

Ne consegue che, a questo punto, a parlare siano i dati. Quanto verdi sono le nostre città? Quanto verde urbano ha a disposizione un cittadino italiano?

L’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) analizza i dati di verde pubblico che provengono dalla rilevazione Istat, l’unico istituto a livello nazionale che raccoglie e rende confrontabili i dati che riguardano il verde urbano nelle 109 città capoluoghi di provincia. “Per quanto riguarda il verde pubblico” spiega Anna Chiesura, ricercatrice dell’Ispra, “ci sono due indicatori importanti: la disponibilità pro capite e l’incidenza di verde pubblico sulla superficie comunale”. L’incidenza del verde pubblico sul territorio comunale, nel campione statistico considerato da Istat, ha una media di 4,22%. Si tratta di una media che, in quanto tale, risente di valori molto diversi tra loro, tra città e città. Ci sono città italiane, come per esempio quelle che si trovano nell’arco alpino, che includono nel territorio comunale dei tratti boschivi, altre, come Matera, che inglobano dei parchi archeologici nel loro territorio comunale. Ne consegue che questo valore va inteso in senso lato e non come un sinonimo di spazi effettivamente accessibili dalla popolazione.

Per quanto riguarda la disponibilità pro capite di verde urbano, la media italiana tocca 45 metri quadrati. Questa media è stata calcolata, di nuovo, sul campione Istat dei capoluoghi di provincia, quindi si dovrà tenere conto delle differenze insite nella geografia delle città e nella loro densità abitativa. I cittadini di Matera, per riprendere lo stesso esempio, hanno a disposizione ben 900 metri quadrati di verde urbano ciascuno, ma gli spazi verdi urbani accessibili, giardini, parchi, con piante e alberi, sono molto pochi. Si fa presto, infatti, a parlare di verde urbano, ma una questione ben diversa è quanti di questi spazi siano fruibili effettivamente dal cittadino.

“Come Ispra abbiamo fatto un tentativo di selezionare le tipologie più fruibili dal cittadino” spiega la Chiesura, “eliminando le aree boscate, quelle a forestazione urbana, le aree di verde incolto, più incisive nelle città del Sud, e di conseguenza il dato si dimezza, arrivando a 20-22 metri quadrati pro capite”.

Questo stimolo dovrebbe far pensare a cosa si intende quando si utilizza un termine generico come “verde urbano”, a che tipologie di spazi vi sono incluse. Le categorie di verde pubblico che Istat considera sono il verde attrezzato, vale a dire giardini e parchi dotati delle infrastrutture necessarie alla fruizione (parco giochi, aree cani), poi le aree di arredo urbano (aiuole, rotonde, alberate stradali), le aree a forestazione urbana, ovvero aree destinate alla creazione di nuovi boschi urbani. Altre tipologie: verde di pertinenza di scuole, orti botanici, orti urbani, il verde cimiteriale, aree sportive all’aperto, le aree boschive, il verde incolto. 

“E poi ci sono le aree naturali protette nel cappello delle infrastrutture verdi e blu” sottolinea la dottoressa Anna Chiesura, introducendo una terminologia più usata e corretta, perché pone l’attenzione anche sulla vegetazione legata al reticolo idrografico che, spesso, interessano anche le città del nostro Paese.

Intervista completa ad Anna Chiesura, ricercatrice Ispra - Montaggio di Elisa Speronello

La gestione delle aree verdi pubbliche urbane è in capo al Comune, a cui spetta anche l’onere di rendicontarle ogni anno e di inviare le rilevazioni all’Istat per le statistiche. L’Istat rileva anche, presso i Comuni, l’adozione di strumenti di gestione e sviluppo del verde, come i cosiddetti “piani del verde”, che sono uno strumento volontario e integrativo della pianificazione urbanistica generale, che però va a definire il profilo del verde cittadino a partire dai suoi ecosistemi naturalistici, con la previsione di interventi di sviluppo, e valorizzazione. 

Dal punto di vista normativo, in questo ambito, c’è un decreto ministeriale del 1968 che interessa gli standard urbanistici, con l’obiettivo di fissare dei limiti minimi dei servizi pubblici da applicare alle nuove urbanizzazioni. Questo decreto di 50 anni fa fissa a 9 metri quadrati il verde pubblico pro capite, intendendo però delle aree verdi pubbliche effettivamente utilizzabili, come per esempio parchi attrezzati, aree gioco, aree per lo sport all’aperto, ed escludendo dal conteggio le fasce verdi lungo le strade. C’è poi un’altra norma, in questo ambito, introdotta con la legge 10 del 2013, Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani, che di fatto obbliga i Comuni con più di 15mila abitanti a pubblicare un bilancio arboreo, che consiste nella rendicontazione a nome del sindaco di quanti alberi si trovano nel territorio all’inizio e alla fine del mandato. “Sempre più Comuni” spiega la dottoressa Chiesura “si stanno dotando dei bilanci arborei, Padova, per esempio, risulta avere un bilancio arboreo pubblicato, ma sono 50 i comuni, quasi una metà del campione analizzato, che lo hanno. Anche questo è un modo per, piano piano, rafforzare la cultura del verde in Italia”.

Nelle nostre città, oltre al verde pubblico, c’è anche il verde privato, formato dai giardini, ma anche dai campi agricoli, che se incluso nel conteggio delle infrastrutture verdi, in certi casi, potrebbe dare altri risultati. A questo riguardo c’è una recente ricerca scientifica che ha come centro il verde urbano di Padova, su cui ha prodotto una serie di dati precisi, con l’intento di mappare e classificare il verde pubblico e privato della città.

La ricerca scientifica, pubblicata nella rivista International Journal of Geo-Information, è stata messa a punto, nel Dipartimento Icea (università di Padova), dal gruppo di ricerca “Cambiamenti climatici, territori, diversità”, coordinato dal prof. Massimo De Marchi, nell’ambito della ricerca sulla sostenibilità urbana. In primo luogo, introducendo la porzione di verde privato nell’analisi, la ricerca propone una profonda riflessione su come si possa misurare il verde urbano e su come vanno intesi gli indicatori, per poi trasformarli in azione politica. 

Una volta mappato e classificato il verde pubblico e privato di Padova, attraverso l’uso di immagini ad alta risoluzione della Regione Veneto e l’uso di sistemi informativi geografici (Gis), “Siamo andati a classificare il verde in tre categorie” racconta la dottoressa Francesca Peroni, dottoranda in Geografia e tra gli autori dello studio, “la prima categoria distingue il verde più classico dai campi agricoli; la seconda categoria indaga la proprietà, suddividendo il verde in pubblico e privato; infine l’ultima categoria è andata a indagare il verde pubblico, suddividendolo in verde di proprietà del Comune di Padova e di proprietà di altri enti pubblici; stiamo parlando del verde universitario, del verde delle caserme, del verde delle scuole”. I risultati di questa mappatura hanno evidenziato in primis che il verde totale di Padova ricopre una superficie di 52 chilometri quadrati. Avendo Padova un’estensione di 93 chilometri quadrati, il dato evidenzia che circa il 55% della città è occupata dal verde (verde pubblico, privato e agricolo). Dei 52 chilometri quadrati di verde urbano, circa il 55% è agricolo, quindi si tratta di campi coltivati, mentre il 45% restante comprende i parchi pubblici e i giardini residenziali, argini, etc. Il verde agricolo è ovviamente localizzato nelle zone più esterne, nelle porzioni sub-urbane, mentre nelle aree più centrali il verde è più frammentato.

Per quanto riguarda invece la seconda categoria, la ricerca rivela che circa l’80% del verde padovano è privato; di questo 80% sul totale, il 40% è rappresentato dal verde residenziale o degli enti privati, mentre il restante 60% dai campi agricoli. Il 20% del verde urbano di Padova è quindi pubblico e corrisponde a circa 10 chilometri quadrati; di questo circa la metà è di proprietà del Comune, mentre l’altra metà è degli altri enti pubblici.

Con questi dati si possono fare una serie di considerazioni. Per capire quanto sia il verde urbano pro capite dei cittadini di Padova, dobbiamo quindi prima decidere che dato di partenza considerare. Partendo dal verde urbano totale, Padova ha circa 250 metri quadri per abitante; il dato si abbassa a 50 metri quadri per abitante considerando il verde pubblico pro capite, e si aggira attorno ai 23 metri quadri per abitante se consideriamo solo il verde comunale. 

“Questo dato sembra confortante e in effetti lo è” afferma la dottoressa Peroni che continua “tuttavia bisogna andare a vedere nel dettaglio come cambia la situazione analizzando il verde nelle diverse unità urbane di Padova.” Le unità urbane di Padova sono 40 in totale e lo studio ha calcolato il verde urbano pro capite in ognuna di esse. Nei diversi quartieri cambia la popolazione residente, cambia anche la conformazione del territorio, il grado di urbanizzazione, per questo motivo i dati sono molto disomogenei. Nell’unità urbana denominata “Piazze”, in pieno centro storico, il verde urbano pubblico pro capite è 2,3 metri quadri, e si abbassa a 1,1 metri quadri se consideriamo solo il verde comunale. Un altro esempio è l’unità urbana “Arcella” che con il suo gran numero di residenti (16.000) presenta un verde pubblico pro capite di circa 8 metri quadri, che scende a 6 se consideriamo solo la porzione comunale. Questi due esempi mostrano dei dati molto diversi rispetto alla media padovana. Ovviamente la situazione è completamente diversa se si analizzano le unità urbane più periferiche. L’unità urbana “zona industriale” ha pochi residenti (600) e di conseguenza il dato sul verde pubblico pro capite sale a 2.000 metri.

Approfondimento sulla ricerca scientifica Whose Urban Green? Mapping and Classifying Public and Private Green Spaces in Padua for Spatial Planning Policies, a cura dei professori De Marchi e Pappalardo e della dottoressa Peroni

Vista la disomogeneità dei dati a seconda della zona presa in considerazione fa emergere i limiti insiti nell’uso dell’indicatore di verde pubblico pro capite, perché non tiene conto delle specificità del territorio e la popolazione che vi risiede. Un altro limite viene dal prendere in considerazione solo la popolazione residente, mentre in una città come Padova ci sono i “city user”, gli studenti universitari, che non venendo calcolati come residenti vengono persi da questo indicatore pur avendo accesso al verde pubblico urbano. 

In quest’ottica il gruppo di ricerca intende proseguire lo studio attraverso un’indagine online, un questionario completamente anonimo rivolto a chi vive la città, non solo ai residenti, per comprendere come vengono vissuti gli spazi verdi pubblici, parchi, giardini, terreni agricoli e orti urbani. 

“Quando si parla di pianificazione urbana, e soprattutto di pianificazione urbana sostenibile” continua la dottoressa Peroni, “è importante tenere in considerazione l’importanza del verde privato, agricolo, residenziale e degli enti privati, perché anche questi danno un contributo fondamentale alla città, all’ecosistema urbano e ai cittadini che vivono la città”. Da qui lo stimolo a pensare a delle strategie integrate, cioè integrare anche gli spazi di verde urbano privati nelle politiche future di verde urbano, in modo da creare una sorta di rete per una pianificazione sistemica e inclusiva della città.

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