CULTURA

Le sette morti di Evelyn Hardcastle: la punizione dell'eterno ritorno

Parlando di un racconto della raccolta Tutto è fatidico, Stephen King ha dichiarato di essere stato ispirato dall'idea che l'inferno potesse essere la condanna a rivivere un evento per tutta l'eternità. L'inferno visto come ripetizione deve aver fatto scattare anche la magia della scrittura di un libro uscito ad aprile 2021, che continua comunque a furoreggiare su Instagram: Le sette morti di Evelyn Hardcastle di Stuart Turton, edito da Neri Pozza, deve in parte il suo successo social alla copertina di Giuseppe Quattrocchi (@gatby_books), ma se dopo mesi continua a essere uno dei romanzi più fotografati della casa editrice è anche perché la sua trama ti prende e non ti lascia più. Dell'intreccio, comunque, parleremo il meno possibile: il consiglio anzi sarebbe quello di affrontarlo al buio, visto che la stessa quarta di copertina è da considerarsi uno spoiler dei primi capitoli. Un'altra indicazione è quella di non trattarla come una mera lettura di evasione: i salti temporali hanno spaventato vari lettori, che lo hanno abbandonato a metà, salvo poi recuperarlo dietro consiglio di chi, più concentrato e con tanto di taccuino alla mano, era riuscito ad immergersi in una storia così intricata.

 Le sette morti di Evelyn Hardcastle è stato definito "un romanzo geniale in cui Agatha Christie incontra Black Mirror". Da fan di entrambi, faticherei a trovare una definizione più calzante: c'è una dimora inglese, Blackheath House, c'è un delitto (anzi, ci sono più delitti, come vuole la tradizione Christiana, perché appena sollevi il tappeto trovi altra polvere accumulatasi negli anni) e c'è un investigatore, che però cambia, perché è una persona che sta vivendo più volte la stessa giornata nei panni di persone diverse, procedendo a singhiozzo dall'una all'altra, senza sapere perché gli sta accadendo tutto questo. La villa, nel frattempo, diventa sempre più inquietante, e man mano che il protagonista raccoglie i pezzi del puzzle che dovrebbero portarlo alla soluzione entro l'ottavo giorno, gli altri personaggi si rivelano sempre più infidi e calcolatori, fino a uno dei colpi di scena finali, che dimostra che a volte le maschere sono meno pericolose dei volti.

Blackheath risveglia i demoni nascosti dentro di noi Stuart Turton

Il romanzo ha 526 pagine, ma le porta bene: una volta cominciato è difficile staccarsi, e lo si finisce nel giro di pochi giorni. Il suo punto di forza sta negli incastri, che vanno a costituire un ingranaggio perfetto (ci si immagina Turton che, aiutandosi con il Cluedo, prende appunti su chi è dove in quale momento della giornata), un meccanismo infallibile in cui il protagonista, insieme al lettore, ogni giorno scopre un particolare in più, in una corsa contro il tempo che potrebbe portarlo alla salvezza o alla dannazione. Le incarnazioni del protagonista hanno un loro carattere piuttosto definito, caratteristiche peculiari con cui lui deve lottare per avvicinarsi al suo obiettivo senza interferenze, e il lettore si trova nella strana condizione di potersi affezionare a tutti (beh, non proprio a tutti…) per poi lasciarli andare quando arriva il momento dell'incarnazione successiva.

Attorno al protagonista ruotano altri personaggi: due che vogliono impossessarsi della soluzione del rompicapo, per poter fuggire dalla stessa trappola dell'eterno ritorno che lo tiene prigioniero, un altro individuo misterioso che gira per Blackheath travestito da medico della peste e che non si capisce se sia un alleato o un traditore e poi, per finire, c'è la villa, con il suo immenso giardino e soprattutto con il lago dalle tinte plumbee in cui sono seppelliti fin troppi segreti. Blackheath House, complice la giornata di pioggia quasi incessante, diventa una presenza opprimente ed estremamente efficace tra le pagine del libro: ogni anfratto della villa è descritto a seconda del punto di vista delle singole incarnazioni (che notano sempre cose diverse e complementari), e il tutto contribuisce a proiettare il lettore nell'agghiacciante vortice letterario in cui si avviluppa insieme al protagonista.

Nonostante le ottime premesse, Le sette morti di Evelyn Hardcastle non è un libro perfetto perché il finale è un po' sottotono rispetto al resto: riusciamo a comprendere le reali motivazioni che hanno portato il protagonista a Blackheath, ma la presenza di uno degli antagonisti di questa storia rimane un mistero. Forse voluto, ma assolutamente fuori luogo, mentre il ritmo si inceppa nelle ultime 50 pagine. Sembra che a un certo punto l'autore abbia esaurito l'afflato creativo che lo ha guidato per il resto del racconto e che stia quasi tirando il fiato nel momento peggiore. Del resto se l'autore fosse riuscito a creare un'opera senza punti deboli forse il discorso si sarebbe fatto inquietante, più di quanto non lo sia già la ripetizione di una giornata infernale a Blackheath House…

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