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Airgun e trivellazioni: sono davvero a impatto zero?

L’airgun è ad oggi considerata la tecnica più efficace per lo studio delle caratteristiche geologiche del sottosuolo marino, non solo ai fini della ricerca di idrocarburi ma anche a scopi scientifici e di protezione civile e si riscontra l’assenza di una correlazione provata del tipo causa-effetto degli impatti degli airgun sui mammiferi marini”.

Queste sono le premesse ufficiali inserite nel BUIG, il bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle geo risorse rilasciato dal Ministero dello sviluppo economico, cioè il luogo in cui vengono pubblicati mensilmente i provvedimenti e le istanze concernenti l’attività dei titoli minerari. Con la pubblicazione di dicembre il Governo ha di fatto dato il via libera a nuove ricerche di petrolio nel mar Ionio. L’area interessata è quella a sud del Golfo di Taranto, e si estende per quasi 750 km quadrati, alla quale poi si aggiunge la concessione di “coltivazione” per l’area on-shore (cioè su terra) della zona di Bagnacavallo, in provincia di Ravenna.

Quello su cui ci concentreremo però è proprio la concessione rilasciata per studiare le caratteristiche geologiche del sottosuolo marino. La tecnica che in questo caso verrebbe utilizzata per “capire se e quanto petrolio c’è nel sottosuolo” si chiama airgun.

L’airgun è una tecnica utilizzata dai geofisici per l’ispezione geosismica dei fondali marini. Di fatto viene sparata dell’aria compressa in acqua, in modo tale da produrre delle onde che si propagano nel fondale, venendo poi riflesse dagli strati della crosta terreste.

In questo modo si può capire, in base alla velocità con cui queste onde attraversano il sottosuolo, la sua conformazione, riuscendo a percepire anche le possibili evoluzioni e la presenza di eventuali gas o liquidi.

Nel video che vediamo qui sopra i deputati del Movimento 5 Stelle Mirko Busto e Silvia Benedetti spiegano la tecnica dell'Airgun che ad inizio 2015 era stata inserita nel ddl ecoreati. Alla Camera però nel maggio 2015 l'airgun è stato depennato e non considerato reato ambientale.

Dal bollettino ufficiale degli idrocarburi, a pagina 26, si dice che “si riscontra l’assenza di una correlazione provata del tipo causa-effetto degli impatti degli Airgun sui mammiferi marini”. Lo studio su cui si basa quest’affermazione è il “rapporto sugli effetti per l’ecosistema marino della tecnica dell’airgun”, pubblicato nel sito internet del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Lo studio stesso però mette in luce come l’utilizzo dell’airgun non causi alterazioni sensibili agli equilibri ecosistemici marini ma alcuni effetti di questa tecnica possono minacciare gli ecosistemi stessi. “Tra questi - riporta il rapporto a pagina 26 -, in particolare:  alcuni mammiferi marini e pesci hanno evidenziato alterazioni comportamentali (risposta di allarme, cambiamento negli schemi di nuoto, disturbo della comunicazione acustica, deviazione dalle abituali rotte migratorie, ecc.).  Alcuni invertebrati, soprattutto Cefalopodi, hanno mostrato di subire danni fisiologici, in particolare a carico degli statocisti, organi di senso statico costituiti da una vescicola rivestita di cellule ciliate collegate al sistema nervoso e contenente una o più concrezioni saline organiche o inorganiche (statoliti), determinando alterazioni nel nuoto. Popolamenti planctonici hanno subito mortalità causata dall’airgun sino a una distanza di circa un chilometro dalla sorgente”.

A sostegno di queste ultime affermazioni è arrivata anche una pubblicazione del giugno 2017 su Nature ed intitolata Widely used marine seismic survey air gun operations negatively impact zooplankton. Il primo firmatario della ricerca è stato Robert D. McCauley del Centre for Marine Science and Technology, Curtin University (Australia) che ha approfondito proprio la mortalità del plancton marino a seguito di utilizzo di queste pallottole d’aria sui fondali. Gli studi, condotti a Marzo 2015, hanno riscontrato una significativa mortalità del plancton proprio a seguito di airgun.

I pesci scappano per il rumore e la zona diventa povera per i pescatori

Riassumendo quindi possiamo dire che i mammiferi sicuramente non muoiono in seguito all’esplorazione del fondale tramite questa tecnica, ma le conseguenze vanno ad intaccare comunque l’intera zona, dal plancton che muore, e quindi stiamo parlando del cibo di una parte della fauna marina, fino ai problemi derivanti dalla mancanza di pesca commerciale.

Lo stesso studio del Ministero ha riscontrato una “diminuzione dei tassi di cattura da parte della pesca commerciale per risposte comportamentali di allarme, evitamento, migrazione e perdita di equilibrio”.

Quando si parla di tecniche esplorative quindi, è necessario tarare costi e benefici, che per uno Stato non dovrebbero riguardare solamente l’interesse economico. Il governo stesso, dopo aver pubblicato il BUIG di dicembre, ha dichiarato con una nota del MISE di aver inserito un emendamento al decreto legge «Semplificazioni», che dovrebbe prevedere la sospensione per i «permessi di prospezione e di ricerca già rilasciati e per i nuovi permessi sugli idrocarburi» per un massimo di tre anni.

“Grazie a tale moratoria - conclude la nota -, sarà impedito il rilascio di circa 36 titoli attualmente pendenti compresi i tre permessi rilasciati nel mar Ionio”.

L’emendamento verrà discusso nei prossimi giorni in Commissioni riunite Affari Costituzionali e Lavori Pubblici, Comunicazioni”.

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